Pignoramento INPS sul conto corrente: i nuovi limiti della Cassazione

Limiti al pignoramento delle somme versate dall’INPS, nuova importante sentenza della Cassazione sul prelievo forzoso in conto corrente


Come noto, qualora un pensionato o altro contribuente riceva dall’INPS somme a cui non aveva diritto, l’Istituto previdenziale può recuperare la somma indebitamente versata direttamente sul conto corrente del cittadino. Ebbene, la Corte di Cassazione, sentenza 26042 del 17.10.2018 interviene proprio in merito ai limiti di pignorabilità dei crediti INPS aventi ad oggetto somme versate a titolo previdenziale.

È chiaro che le somme pignorabili sono aggredibili solo entro certi limiti, che di norma sono stabiliti in un quinto; in quanto sul conto corrente possono trovarsi anche altre somme e quindi confondersi con il patrimonio del debitore. Vediamo quindi nel dettaglio al decisione della sentenza, che riguarda un caso antecedente la riforma del 2015 in materia di pignorabilità.

Pignoramento INPS su conto corrente: il caso

Il caso riguarda un pensionato al quale sono stati accreditati indebitamente dall’INPS alcuni emolumenti pensionistici, diretti e di reversibilità, per un importo complessivo di 14.725,75 euro. La Corte d’appello di Ancona, che conferma la decisione della sentenza di primo grado, ha dato ragione all’INPS ritenendo legittimo il pignoramento eseguito sul saldo del conto corrente acceso dal debitore esecutato. L’INPS, infatti, è intervenuto solamente sulla parte eccedente l’importo impignorabile per legge, che si riferiva appunto a un rateo delle pensioni complessivamente fruite dal pensionato.

Tra l’altro, confermano i giudici di secondo grado, era stata esclusa la possibilità di confusione patrimoniale per la connotazione omogenea delle somme accreditate. Inoltre, gli ermellini ritenevano permanere sul denaro accreditato, lo stesso vincolo giuridico della parziale impignorabilità. Ciò in ragione, non solo, della provenienza delle somme accreditate da trattamenti pensionistici, ma anche della funzione assistenziale nella quota intangibile del rateo mensile.

La sentenza di secondo grado conferma, dunque, la legittimità del pignoramento sul saldo attivo del conto corrente; il limite vale per la sola parte eccedente un rateo mensile delle due pensioni, di importo minimo, fruite dal debitore esecutato.

Da qui nasce il ricorso dell’INPS. Secondo l’Istituto previdenziale le limitazioni al pignoramento non possono essere fatte valere in taluni casi; ossia presso l’istituto bancario o altro ente con il quale il debitore intrattiene un rapporto di conto corrente. Infatti, le limitazioni al pignoramento valgono esclusivamente se eseguito presso l’ente erogatore del trattamento pensionistico.

Limiti al pignoramento delle somme versate dall’INPS: la riforma 2015

Sul punto, si ricorda che la riforma del 2015 in materia di pignorabilità (D.L. n. 83/2015) ha stabilito che possono essere pignorate le somme dovute a titolo di pensione per un importo eccedente il triplo dell’assegno sociale. Ciò si realizza esclusivamente se l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento. In caso contrario, ossia quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma dell’art. 545 c.p.c..

Grazie alla riforma, quindi, l’accredito delle somme sul conto corrente fa conservare comunque la funzione connessa al titolo previdenziale per il quale il denaro è stato percepito. Ciò si realizza allorquando le somme siano accreditate direttamente dall’ente previdenziale e risulti chiaramente intelligibile la causale del versamento.

Limiti al pignoramento delle somme versate dall’INPS: la sentenza

Innanzitutto, la Corte di Cassazione precisa che la vicenda riguarda un caso antecedente la riforma del 2015 in materia di pignorabilità. Detto ciò, i giudici cassazionisti richiamano la recente giurisprudenza (Corte costituzionale, sentenza 15 maggio 2015, n. 85) per ribadire che:

le somme dovute dal contribuente, a qualsiasi titolo, una volta transitate su un conto corrente postale o bancario, si confondono giuridicamente con quest’ultimo.

Dunque, una volta acquisite dal titolare ed entrate a far parte del suo patrimonio, non sono applicabili le limitazioni alla pignorabilità previste dall’art. 545 cod. proc. civ. e da altre leggi speciali.

Nello specifico, una volta che l’ente previdenziale ha adempiuto alla sua obbligazione, le somme versate al pensionato sul suo conto corrente perdono la loro identità di crediti pensionistici e, conseguentemente, la protezione del minimo vitale.

Pertanto, con il versamento sul conto corrente delle somme dovute a titolo pensionistico si è verificata l’estinzione, pro rata, del rapporto obbligatorio corrente tra il pensionato ed il terzo debitore del trattamento economico. Il denaro versato in conto, dunque, è divenuto di proprietà dell’istituto di credito, con contestuale nascita di un diverso rapporto obbligatorio tra l’istituto di credito e il depositario o correntista. In definitiva, si realizza la pignorabilità indistinta delle somme giacenti sul conto corrente, secondo il principio generale sancito dall’art. 2740 del codice civile.

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