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Riforma processo del lavoro 2023: dalla negoziazione assistita alla domanda di reintegrazione. I punti chiave

La riforma del processo del lavoro è una tappa importante per una serie di elementi. Sintesi dei principali aspetti da ricordare.


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di - 13 Febbraio 2023

L’AGI – Avvocati Giuslavoristi Italiani – ha reso noto, con il suo portale online, un testo nel quale è analizzata la riforma del processo civile per gli aspetti inerenti il rito del lavoro, con all’orizzonte l’entrata in vigore delle nuove norme della riforma Cartabia. Si tratta di un utile contributo, grazie al quale sono ripercorse le principali modifiche apportate dal legislatore al rito del lavoro, nella prospettiva della messa in pratica delle finalità di cui alla relativa legge delega.

Vediamo allora in sintesi che cosa indica questo vademecum sulle ultime novità in fatto di controversie in tribunale e relativi procedimenti, con un occhio di riguardo alle cause di lavoro. Ecco alcuni aspetti importanti da considerare.

Riforma del processo civile e del rito del lavoro: 3 punti chiave

Ebbene nel citato vademecum dell’AGI è offerta una panoramica sulla riforma del processo civile e del rito del lavoro. In particolare si ricorda che in attuazione della l. n. 206/2021, avente il titolo: “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie in materia di esecuzione forzata”, è stato pubblicato in GU un decreto legislativo ad hoc, il n. 149/2022.

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Detto provvedimento attuativo mira a realizzare una pluralità di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile, e ciò nel pieno rispetto della garanzia del contraddittorio. AGI dunque ricorda che, al fine di perseguire questi obiettivi, il legislatore ha inteso strutturare la riforma del processo attorno a 3 pilastri di riferimento:

Riforma processo del lavoro 2023

Non soltanto. Proprio sulla scorta degli obiettivi citati, la riforma dei procedimenti in tribunale attiene anche alla disciplina delle regole sulle controversie di lavoro. In particolare, il legislatore è intervenuto, in modo diretto, sulla disciplina speciale soltanto con un limitato numero di disposizioni (art. 3, c. 30-32, d.lgs. 149/2022) affidando, per il resto, il raggiungimento degli obiettivi di semplificazione, velocità e razionalizzazione alle modifiche legate al rito ordinario di cognizione, la cui applicazione al processo del lavoro è rimessa al limite della compatibilità.

Controversie individuali di lavoro e negoziazione assistita

Nel quadro della revisione del rapporto tra la giurisdizione ordinaria e la giustizia alternativa, e nella finalità di diminuire il numero di cause pendenti in tribunale, le novità normative di cui al d. lgs. citato introducono la possibilità di trovare una soluzione alla lite grazie al ricorso alla negoziazione assistita. Il contesto di riferimento è quello di cui all’art. 409 c.p.c., in tema di controversie individuali di lavoro.

In buona sostanza, si tratta del via libera all’utilizzo degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie in materia di diritto del lavoro:

Inoltre l’intervento riformatore consente oggi all’avvocato di gestire tutto il procedimento stragiudiziale, il quale non costituisce in ogni caso condizione di procedibilità dell’eventuale domanda giudiziale. Peraltro all’accordo raggiunto in detta sede di negoziazione assistita si applica l’art. 2113, c. 4 c.c. relativo alle rinunzie e transazioni, ed in particolare il suo comma 4.

Poco sopra abbiamo parlato delle sedi protette, ma che cosa sono esattamente? Ebbene esse altro non sono che quei luoghi che garantiscono presuntivamente la genuinità e spontaneità del consenso del lavoratore. Ci riferiamo alla sede giudiziale (laddove sia intrapresa una causa), alla sede sindacale, alla Commissione di Conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro e al Collegio di Conciliazione e Arbitrato.

La trattazione prioritaria della controversia relativa al reintegro del lavoratore licenziato: il superamento del rito Fornero

Fulcro delle novità in tema di processo del lavoro è l’art. 3, comma 32, d.lgs. 149/2022, che prevede, all’interno del Libro II, Titolo IV, Codice di Procedura Civile, il Capo I-bis, avente il titolo: “Delle controversie in materia di licenziamenti”, il quale è formato dagli artt. 441-bis, 441-ter e 441-quater.

Ebbene, l’art. 441-bis c.p.c., avente il titolo “Controversie in materia di licenziamento”, regola la trattazione delle cause di licenziamento nelle quali sia effettuata domanda di reintegrazione del lavoratore nel luogo di lavoro. In particolare i commi 1 e 2 indicano il principio generale per il quale “La trattazione e la decisione delle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei licenziamenti nelle quali è proposta la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro hanno carattere prioritario rispetto alle altre pendenti sul ruolo del giudice anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto”. Con l’ulteriore dettaglio per il quale tutte le controversie in tema di licenziamento sono disciplinate dalle regole di cui all’art. 409 e seguenti del Codice di Procedura civile.

Possiamo dunque affermare che, nella finalità di semplificare la disciplina del processo del lavoro, il legislatore ha scelto di ricondurre le controversie in materia di licenziamento alla disciplina generale delle controversie in materia di lavoro, ultimando il superamento definitivo del cd. rito Fornero, cominciato già con la riforma del 2015. Inoltre, lo snellimento dei tempi del procedimento è collegato non alla specialità del rito in sé, quanto piuttosto alla misura organizzativa, rivolta espressamente agli uffici giudiziari, della trattazione con precedenza delle controversie in tema di reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro.

Domanda di nullità del licenziamento discriminatorio: alcuni chiarimenti

Il legislatore si è mostrato altresì attento al cd. licenziamento discriminatorio, ovvero quel recesso unilaterale del datore che è legato alla valutazione delle condizioni particolari e personali del lavoratore, come la religione professata, l’età, la razza, il sesso o la lingua.

Ebbene oggi la legge in materia (l’art. 441-quater c.p.c.) prevede che il lavoratore possa introdurre la domanda di nullità del recesso con i riti speciali di cui all’art. 38 d.lgs. n. 198/2006 ed ex art. 28 d.lgs. n. 150/2011, laddove questi decida, per le circostanze del caso, di non preferire le garanzie del giudizio a cognizione piena di cui all’art. 409 ss. c.p.c.. Ma allo scopo di impedire la duplicazione dei giudizi, il legislatore ha disposto altresì che l’introduzione della domanda correlata alla nullità del licenziamento e alle sue conseguenze, nell’una o nell’altra forma, impedisca di agire in un momento successivo in giudizio con rito differente per quella stessa domanda.

Leggi anche: licenziamento discriminatorio: cos’è e come difendersi

Inoltre, quanto già considerato in precedenza, circa la globale valutazione di efficienza del processo del lavoro, effettuata dal legislatore della riforma, vale anche con riferimento al secondo grado di giudizio. Il legislatore opera infatti, in via diretta, sulla disciplina processuale dell’appello in campo di controversie di lavoro esclusivamente con qualche disposizione ad hoc, rinviando, ove compatibile, l’applicazione delle modifiche al processo civile ordinario di cognizione d’appello.

Ulteriori precisazioni finali

Infine in riferimento alle regole della riforma che attengono all’implementazione degli strumenti, anche informatici, per l’organizzazione e lo svolgimento del processo civile, a favorire la maggior velocità dello stesso, non bisogna dimenticare, con riferimento al rito del lavoro, le novità di cui all’art. 3, comma 10 del citato d.lgs. n. 149/2022. La legge aggiornata prevede espressamente l’udienza mediante collegamenti audiovisivi e il deposito di note scritte in sostituzione dell’udienza.

Per questa via la novità legislativa ha di fatto reso strutturali le scelte previste dal legislatore nell’ambito dell’emergenza pandemica, consentendo al giudice di poter ordinare che l’udienza si svolga con collegamenti audiovisivi a distanza oppure sia sostituita dal deposito di note scritte.

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Tags: Riforma del Lavoro