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Regime forfettario 2019: regole, pro e contro del regime fiscale agevolato

La legge di bilancio ha ampliato i requisiti di accesso al regime forfettario 2019, vediamo come funziona e i pro e i contro del regime fiscale agevolato.


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di - 16 Gennaio 2019

Introdotto in origine dalla Legge 190/2014, la Manovra 2019 apporta alcune significative modifiche al regime forfettario 2019 semplificando notevolmente i requisiti di accesso, lasciando come unico vincolo il limite di ricavi e innalzando la soglia a 65 mila euro.

I commi da 9 a 11 della Legge di Bilancio per il 2019, Legge 145/2018, pertanto modifica alcuni parametri legati all’accesso al regime fiscale agevolato forfettario.

Regime forfettario 2019: requisiti

Il funzionamento rimane sostanzialmente inalterato rispetto alla previsione previgente, ciò che viene profondamente modificato è il limite di ricavo per accedere al regime stesso.

Precedentemente, fino cioè al 2018, per accedere era necessario soddisfare i seguenti requisiti:

La Legge di Bilancio snellisce invece ad un unico requisito portando il nuovo limite di fatturato pari a 65.000 Euro indipendentemente dall’attività svolta, riscrivendo quindi il nuovo comma 54 della L. 190/2014 nel modo seguente:

“i contribuenti persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni applicano il regime forfettario di cui al presente comma e ai commi da 55 a 89 del presente articolo, se nell’anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 Euro”.

Viene, quindi, innalzato il suddetto reddito ma rimangono costanti dalla versione precedente i coefficienti di redditività.

Coefficiente di redditività forfettario 2019

Se prima in relazione all’attività svolta ed al codice Ateco 2007 di appartenenza era legato oltre al coefficiente di redditività anche il relativo ricavo/compenso, ora la tabella viene così modificata:

Gruppo di settore Codici attività ATECO Coefficiente di Redditività
Industrie alimentari e delle bevande (10 – 11) 40%
Commercio all’ingrosso e al dettaglio 45 – (da 46.2 a 46.9) –
(da 47.1 a 47.7) – 47.9
40%
Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande 47.81 40%
Commercio ambulante di altri prodotti 47.82 – 47.89 54%
Costruzioni e attività immobiliari (41 – 42 – 43) – (68) 86%
Intermediari del commercio 46.1 62%
Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (55 – 56) 40%
Attività Professionali, Scientifiche, Tecniche, Sanitarie, di Istruzione, Servizi Finanziari ed Assicurativi (64 – 65 – 66) – (69 – 70 -71 – 72 – 73 – 74 – 75)
(85) – (86 – 87 – 88)
78%
Altre attività economiche (01 -02 – 03) – (05-06-07-08- 09) –  (12 – 13 – 14- 15 – 16 – 17 – 18 -19 – 20- 21 – 22 – 23 – 24- 25 – 26- 27 – 28 – 29 – 30- 31 – 32 – 33) – (35) – (36 – 37 – 38 – 39) – (49 – 50 – 51 – 52 – 53) – (58 – 59- 60-61 -62 – 63) – (77 – 78 – 79 – 80- 81 – 82) – (84) – (90 -91 -92 – 93) – (94 – 95- 96) – (97 – 98) – (99)  67%

Il reddito determinato con i coefficienti di redditività non partecipa al reddito complessivo, dal quale si devono sottrarre i contributi previdenziali versati e su questa differenza si applica l’imposta sostitutiva del 15%, anche se in alcuni casi l’aliquota può scendere al 5%.

Imposta sostitutiva al 15% o al 5%, le differenze

Se in linea generale l’aliquota applicata è del 15%, ai sensi del comma 6 L. 190/2014, per il periodo d’imposta legato all’inizio della nuova attività e per i successivi 4 è possibile applicare l’imposta ridotta pari al 5%, purché vi sia il rispetto di alcune condizioni:

Pro e contro del regime forfettario

L’applicazione dell’imposta sostitutiva può essere considerata vantaggiosa in quanto in linea generale consente di quantificare in modo più agile gli esborsi legati all’imposta stessa, ma contestualmente vi sono anche alcuni aspetti negativi.

Il primo è legato al fatto che con l’applicazione di un’imposta sostitutiva non possono essere portati né in deduzione né in detrazione gli oneri sostenuti dal contribuente. Pertanto, a parte i contributi previdenziali che vengono dedotti dal reddito, diminuendo quindi anche la base a cui si applica l’imposta, tutte le altre spese sostenute, quali ad esempio interessi passivi sul mutuo, spese sanitarie, importi destinati alla previdenza complementare, non possono essere considerate né come deduzione né come detrazione.

In linea generale, quindi, chi sostiene parecchi costi ha maggior interesse a rimanere nel regime ordinario anziché cambiare per il forfettario.

Questa è sicuramente un aspetto da considerare nella valutazione di accesso o meno a questo regime.

Due sono gli ulteriori aspetti da considerare nella scelta: il primo è legato al fatto che il regime forfettario è esonerato dall’obbligo di emissione della fattura elettronica. Il secondo, invece, ha a che fare con l’applicazione dell’IVA.

Il regime forfettario esegue infatti operazioni fuori dal campo IVA, ciò significa che da un lato all’interno delle sue fatture non esporrà l’IVA e quindi al tempo stesso non ha diritto a detrarre l’importo legato alle spese sostenute, trasformandosi quindi in un puro costo.

Se fino ad ora abbiamo effettuato una valutazione di massima circa la convenienza, bisogna fare attenzione ai casi in cui assolutamente non si può accedere al regime.

Casi di esclusione dal forfettario

I casi di esclusione per cui non si può usufruire del regime sono:

L’ultimo punto corretto nella Legge di Bilancio prevede che non tutte le partecipazioni sono ostative, ma quelle strettamente connesse all’attività del socio.

Di conseguenza se la partecipazione riguarda una società che svolge attività differente rispetto a quella del socio non vi è incompatibilità ed allo stesso modo qualora l’attività sia connessa ma la partecipazione è minoritaria.

Soprattutto in riferimento all’ultimo punto saranno necessari chiarimenti tempestivi dell’Agenzia delle Entrate.

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Tags: ABC FiscoLegge di Bilancio 2024Regime Forfettario