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di Paolo Ballanti - 31 Ottobre 2018
In ogni azienda il lavoratore è tenuto a rispettare una serie di regole necessarie per garantire uno svolgimento corretto e ordinato dell’attività lavorativa, normalmente racchiuso nel cosiddetto codice disciplinare aziendale. E’ l’azienda, nell’ambito del suo potere direttivo, ad impartire queste disposizioni e, sempre la stessa, può sanzionare i dipendenti che non le rispettino (cosiddetto potere disciplinare).
A stabilire i comportamenti vietati sono i singoli contratti collettivi, ma anche la contrattazione di secondo livello e quella individuale. Ad ogni infrazione corrisponde una sanzione, graduata a seconda della gravità della condotta. Esistono le sanzioni conservative quali:
Per le condotte di maggior gravità sono previste invece misure non conservative, come il licenziamento disciplinare.
L’adozione dei provvedimenti deve rispettare una precisa scaletta fissata nello Statuto dei Lavoratori, Legge n. 300/70, detto anche procedimento disciplinare e così riassumibile:
Con riguardo al primo punto, l’insieme delle condotte vietate e delle relative sanzioni è contenuto nel regolamento disciplinare, documento che dev’essere portato a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Ad eccezione di pochi casi residuali, il datore non può irrogare sanzioni ai dipendenti senza che il codice sia affisso. Vediamo nel dettaglio contenuto e modalità di affissione del codice disciplinare.
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Il contenuto dell’ordinamento disciplinare aziendale si può sintetizzare in:
Il compito di stabilire quali siano i comportamenti vietati e le relative sanzioni spetta ai singoli contratti collettivi (è fatta salva la possibilità per l’azienda di prevedere ulteriori condotte punibili rispetto a quelle del CCNL o stabilire condizioni di miglior favore). Mentre per le procedure di contestazione e adozione dei provvedimenti (come ad esempio i cinque giorni concessi al dipendente per difendersi) si fa generalmente riferimento allo Statuto dei Lavoratori.
Il regolamento dev’essere quanto più possibile chiaro. La giurisprudenza (sentenza della Cassazione n. 10201/2004) ha affermato che se il codice è generico o non indica chiaramente infrazioni e sanzioni correlate, gli eventuali provvedimenti disciplinari sono nulli.
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La legge (art. 7 comma 1 Legge n. 300/70) sancisce che il codice disciplinare dev’essere portato a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. La Cassazione con numerose sentenze ha escluso che la trasmissione del codice possa avvenire con:
Sempre la Cassazione ha chiarito che:
L’onere della prova circa la corretta affissione del codice ricade sul datore di lavoro.
In mancanza di affissione (o di affissione non corretta), il datore non può sanzionare i dipendenti e l’eventuale provvedimento adottato è nullo, dal momento che il responsabile non può conoscere in altro modo quali siano i comportamenti punibili e quali no.
Tuttavia, secondo la Cassazione (sentenze n. 54/2017, 18462/2014 e 1926/2011), anche senza affissione dell’ordinamento disciplinare, sono comunque validi tutti quei provvedimenti adottati in conseguenza di una violazione facilmente percepibile dal dipendente come illecita perché contraria all’etica, a norme penali o ai generici obblighi del lavoratore (diligenza, fedeltà ed obbedienza) come, ad esempio, la sospensione della retribuzione a fronte di un’assenza ingiustificata del dipendente.