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di Paolo Ballanti - 5 Luglio 2019
Cosa rischiano i beneficiari del Reddito di cittadinanza che vengono sorpresi a lavorare in nero? Durante la fase di approvazione del sussidio si è dato grande risalto a questo aspetto, in quanto i detrattori sostenevano che con il Rdc sarebbero aumentati i casi di lavoro nero. Ecco perchè la legge (Dl 4/2019 convertito in L. 26/2019) prevede, come deterrente, sanzioni molto dure per chi viene trovato a lavorare senza assunzione mentre percepisce l’indennità: dalle ipotesi di reato alla semplice decadenza, sono molte le sanzioni che possono colpire i “furbetti” del sussidio statale, previste dal decreto istitutivo del Reddito.
Non solo, impiegare lavoratori in nero espone a pesanti sanzioni amministrative anche l’azienda fino ad arrivare, nei casi più gravi, alla sospensione dell’attività.
Analizziamo la questione nel dettaglio.
La prima importante conseguenza per coloro che lavorano in nero è il rischio di incorrere in sanzioni penali. E’ prevista la reclusione da 2 a 6 anni nei confronti dei soggetti che rendono dichiarazioni ovvero producono documenti falsi o attestanti informazioni non vere, omettono informazioni dovute al solo fine di ottenere il sussidio statale.
Rischia il carcere da 1 a 3 anni chi non comunica variazioni di reddito (anche quelle derivanti da attività di lavoro sommerso) o altre informazioni che determinano la perdita o la riduzione del Reddito di cittadinanza, entro:
I soggetti che vengono condannati per uno dei due reati citati incorrono anche nella fattispecie della truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all’articolo 640 bis del Codice penale. Prevista anche la restituzione di quanto indebitamente percepito e la revoca del Reddito.
Ai soggetti sanzionati è altresì inibita la possibilità di chiedere il beneficio prima che siano trascorsi dieci anni dalla condanna.
Inserita in sede di conversione in legge la sanzione della decadenza dal Reddito di cittadinanza: se il beneficiario viene sorpreso a svolgere attività di lavoro dipendente, di collaborazione coordinata e continuativa, di lavoro autonomo o di impresa, senza assunzione.
Ricordiamo che in caso di attivazione di un rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa l’azienda / committente è tenuta a comunicare l’evento al Centro per l’impiego territorialmente competente in base al luogo di lavoro, a mezzo invio telematico del modello Unilav. La trasmissione deve avvenire entro le ore 24 del giorno precedente quello di instaurazione del rapporto.
Incorrono invece nella decadenza con restituzione della parte di Reddito indebitamente percepita, coloro che vengono sorpresi a lavorare in nero e, grazie a dichiarazioni false sulla propria situazione patrimoniale, abbiano ottenuto un sussidio superiore a quello effettivamente spettante.
I percettori del Reddito di cittadinanza sorpresi a lavorare in nero rischiano la revoca del beneficio e la restituzione di quanto percepito. Questo se hanno reso dichiarazioni false o fornito informazioni essenziali per la domanda di sussidio non corrispondenti al vero.
Incorrono nelle conseguenze citate anche coloro che non comunicano variazioni patrimoniali, di reddito o composizione del nucleo familiare.
Nel suo documento di programmazione dell’attività di vigilanza per l’anno 2019 l’Ispettorato del lavoro ha voluto porre l’attenzione sui controlli volti a verificare l’effettivo diritto al Reddito di cittadinanza, in particolar modo concentrandosi sui fenomeni di lavoro in nero da parte di persone che contemporaneamente percepiscono il sussidio.
Nel caso del datore di lavoro che occupi lavoratori in nero percettori del reddito di cittadinanza le sanzioni non cambiano. Pertanto ll datore che occupa dipendenti “in nero”, quindi senza comunicazione obbligatoria di assunzione, incorre nella cosiddetta “maxisanzione”. Questa consiste in una sanzione amministrativa variabile in base ai periodi di effettivo impiego irregolare:
Se risultano coinvolti minori in età non lavorativa o stranieri le sanzioni sono aumentate del 20%. La sanzione inoltre aumenta nel caso di recidiva.
La maxisanzione esclude le altre sanzioni amministrative in caso di mancate comunicazioni obbligatorie o omessa registrazione dei dipendenti sul Libro unico del lavoro.
Leggi anche: Lavoro nero: significato, normativa e sanzioni aggiornate al 2019
Eccezion fatta per i casi in cui si occupano minori o stranieri, è prevista la diffida che consiste nel regolarizzare i lavoratori in nero mediante:
I lavoratori regolarizzati devono essere mantenuti in forza per almeno 3 mesi (esclusi dal conteggio i periodi lavoratori in nero).
L’azienda che dimostri, prima della redazione del verbale, di aver regolarizzato il periodo di lavoro in nero, stipulato il contratto di lavoro secondo le condizioni richieste dalla legge e mantenuto il dipendente in forza per almeno 3 mesi, è ammessa al pagamento della sanzione minima, che dovrà avvenire entro 120 giorni dalla notifica del verbale.
Se il numero di lavoratori irregolari è superiore al 20% di quelli presenti sul luogo di lavoro l’azienda rischia di incorrere nella sospensione dell’attività produttiva. Provvedimento che può trovare applicazione anche in caso di gravi e reiterate violazioni della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.
La percentuale dev’essere calcolata considerando nel totale sia i dipendenti regolari che quelli in nero.
La sospensione può essere revocato da parte del personale ispettivo se risulta: