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di Andrea Amantea - 27 Gennaio 2021
Il regime forfettario 2021 non è stato oggetto di modifiche con l’ultima Legge di bilancio, di conseguenza anche per l’anno in corso valgono i requisiti e le cause di esclusione del 2020. Il regime fiscale forfetario è considerato il regime fiscale naturale per le partite iva. Si affianca al regime ordinario e a quello semplificato. Il passaggio dal semplificato all’ordinario o viceversa è sempre ammesso. Anche senza rispettare il vincolo triennale di permanenza.
Questo perchè anche il semplificato è considerato quale regime naturale. Per operare in regime forfettario è necessario avere una soglia ricavi compensi non superiore a 65.000 euro. E’ inoltre necessario non aver sostenuto spese per lavoro di terzi non superiore a 20.000 euro. Requisiti che devono essere verificati nell’anno precedente a quello di accesso al regime di favore.
Per chi apre la partita iva direttamente in regime a forfait, i requisiti devono essere verificati sulla base di una valutazione prospettica. Se il contribuente ritiene di non superare le soglie citate può operare a nel forfettario. Ad ogni modo, se nel corso d’anno vengono meno i requisiti di accesso, l’uscita dal regime avverrà con effetto dall’anno successivo.
La Legge di bilancio 2021 non ha modificato i requisiti e le cause di esclusione del regime forfettario. Difatti, anche per il 2021 sono operative le regole valevoli per il 2020. Regole che da ultimo sono state modificate dalla Legge n°160/2019, Legge di bilancio 2020, che ha ripristinato il limite relativo ai compensi pagati al personale o a terzi anche per lavoro accessorio.
Ad oggi, possono accedere al regime forfettario, i contribuenti che:
Si considerano anche i compensi erogati a soggetti assunti per l’esecuzione di specifici progetti. Comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati e le spese per prestazioni di lavoro prestato dall’imprenditore o dai suoi familiari.
Oltre ai requisiti di accesso il legislatore ha fissato anche delle cause esclusione. Il riferimento è a quelle condizioni oggettive o soggettive che sono incompatibili con il regime forfettario.
Infatti, non possono accedere al regime forfettario (Fonte portale Agenzia delle entrate), comma 57 della Legge 190/2014:
Sono altresì esclusi dal regime a forfait:
Sul punto 7, non rileva la causa di esclusione laddove il rapporti di lavoro sia cessato nell’anno precedente a quello di accesso al regime.
Il reddito di chi opera nel regime forfettario è determinato applicando al monte ricavi/compensi conseguito nel corso dell’anno un’imposta sostitutiva del 5% (per le nuove attività economiche) o del 15%.
In realtà, l’imposta sostituiva si applica al monte/ricavi compensi:
I forfettari non sono soggetti agli Indici di affidabilità fiscale (ISA).
Ad esempio, ipotizziamo che un avvocato in regime forfetario, nel 2020, ha conseguito compensi pari a 45.000 euro e pagato contributi previdenziali per € 7.000. Il reddito da tassare sarà pari a: 45.000*78%(indice di redditività)= 35.100- 7.000 (contributi previdenziali)= € 28.100.
Attenzione: sui compensi percepiti, il forfettario non subisce alcuna ritenuta d’acconto. Nè la applica alle fatture pagate a terzi. Tuttavia, il forfettario è sostituto d’imposta per i redditi di lavoro dipendente e sui redditi ad essi assimilati. Per tali redditi applica la ritenuta Irpef e la versa allo Stato.
Può accadere che i contributi previdenziali eccedano il reddito forfettario. In tali casi, la parte in eccesso può essere utilizzata a scomputo del reddito complessivo. Per intenderci, riprendendo l’esempio precedente, se l’avvocato ha anche altri redditi, magari da locazione, se non ha optato per la cedolare secca, potrà scompare dal reddito di locazione i contributi previdenziali in eccesso.
Inoltre,
l’eventuale eccedenza dei contributi previdenziali e assistenziali versati da un contribuente che applica il regime forfetario e che sia fiscalmente a carico può essere dedotta, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, del TUIR, dai familiari indicati nell’articolo 433 del codice civile (Circolare 10/E 2016).
Ad ogni modo, le tasse sono pagate alle stesse scadenze previste per l’irpef ossia saldo e 1° acconto entro il 30 giugno e 2° acconto entro il 30 novembre. A dire il vero, ogni anno il MEF interviene con proroghe delle scadenze di versamento. Alcune delle quali adottate proprio all’ultimo minuto.
Operare in regime forfettario significa non avere alcun adempimento in materia di Iva. Almeno per quanto riguarda le operazioni poste in essere tra soggetti residenti in Italia. Infatti chi opera nel regime forfettario:
I contributi forfettari devono rispettare gli obblighi di memorizzazione giornaliera e trasmissione telematica dei corrispettivi. Per le operazioni soggette ad obbligo di certificazione fiscale, DPR 696/1996. Tuttavia, emettendo fattura cartacea (elettronica se si vuole) per tutte le operazioni effettuate (sempre quelle per le quali vi è obbligo di certificazione) il forfettario può anche non dotarsi di registratore telematico.
Tuttavia tutto dipende dalla mole delle operazioni al dettaglio (ex art.22 del DPR 663/1972) che sono concluse durante l’anno. Ad ogni modo, se sono poche si può sempre ricorrere alla procedura “documento commerciale on line”.
I forfettari sono però tenuti a:
Si pensi all’avvocato in regime a forfait che fattura una prestazione rientrante nel c.d “gratuito patrocinio”.
Sulla base della ricostruzione fatta finora, non ci sono novità sui requisiti di accesso e sulle cause di esclusione dal regime forfettario 2021.