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Divieto busta paga in contanti, restano esclusi i rimborsi spese

Il divieto di pagamento della busta paga in contanti riguarda esclusivamente gli elementi della retribuzione. Rimangono esclusi quindi i riborsi spese.


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di - 25 Luglio 2018

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha rilasciato la nota numero 6201 del 16 luglio con la quale torna sul tema della divieto di pagamento delle retribuzioni in contanti. L’INL, rispondendo ad un quesito posto da Confindustria, chiarisce ancora una volta il concetto secondo cui la tracciabilità della busta paga riguarda esclusivamente gli elementi della retribuzione.

Per questa ragione non è obbligatorio il pagamento degli stipendi con mezzi tracciati relativamente alla corresponsione di somme erogate a diverso titolo; il riferimento è agli anticipi di cassa effettuati per le spese che i lavoratori sostengono per interesse dell’azienda e per l’esecuzione della prestazione di lavoro. Ad esempio le somme erogate quali rimborso spese viaggio, vitto, alloggio ecc.

Cogliamo lo spunto del rilascio di questo nuovo documento di prassi per ribadire i punti chiave della normativa sul divieto di pagamento della busta paga in contanti dal 1° luglio 2018, così come stabilito dall’ultima Legge di Bilancio.

Dal 1° luglio pagamento retribuzioni solo con modalità tracciabili

Dal 1° luglio 2018 è scattato l’obbligo di pagamento delle retribuzioni attraverso le modalità espressamente previste dal Legislatore con l’art. 1, c. 910-915 legge 27 dicembre 2017 n. 205 – Legge di Bilancio 2018, ossia con modalità puramente tracciabili.

La ratio della norma è quella di contrastare il pagamento di una retribuzione inferiore rispetto a quella effettivamente dovuta; prassi che prevedeva l’obbligo del lavoratore di dichiarare di aver percepito l’effettiva somma risultante dalla busta paga.

La firma della busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione

La Legge ha anche chiarito, una volta per tutte, che la firma della busta paga apposta dal lavoratore non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. L’unico modo per attestare effettivamente l’avvenuto pagamento rimane quindi copia del bonifico, fotocopia dell’assegno o l’attestazione del metodo tracciabile prescelto.

Questo controllo si inserisce in un’ottica di contrastare sempre di più il potenziale potere “incontrollato” del datore di lavoro nei confronti del lavoratore.

Questa norma si riferisce alla totalità dei rapporti di lavoro instaurati, siano essi a tempo indeterminato, determinato o part time, sia i compensi dei collaboratori. Risultano invece esclusi i rapporti di lavoro domestico e quelli con la pubblica amministrazione.

Mezzi di pagamento tracciabili

I mezzi tracciabili che dallo scorso 1^ luglio il datore di lavoro può utilizzare sono:

In linea generale verrà concordato tra datore di lavoro e lavoratore il metodo di pagamento più congeniale.

Rimanevano dubbi sulla tracciabilità degli anticipi di cassa per spese; tuttavia con la Nota 16 luglio 2018, n.6201  ad oggetto l’INL ha chiarito ancora una volta che i mezzi di pagamento riguardano esclusivamente gli elementi della retribuzione.

Per questa ragione non devono essere tracciati i pagamenti in busta paga delle somme erogate a diverso titolo; quali anticipi di cassa effettuati per spese che i lavoratori devono sostenere nel’’interesse dell’azienda e nell’esecuzione della prestazione. Parliamo ad esempio dei rimborsi delle spese di viaggio, di vitto e alloggio ecc.

Non rimangono invece dubbi sugli acconti di stipendio: anche questi importi devono necessariamente essere erogati con modalità tracciabili.

Busta paga in contanti, sanzioni

Ma cosa succede se un datore di lavoro non si adegua alla norma e continua a pagare i propri dipendenti con contanti? Sull’aspetto sanzionatorio è intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota n. 4538 del 22 maggio 2018, nella quale ha chiarito che la sanzione si applica anche nel caso in cui il datore di lavoro o committente abbia effettuato il pagamento con le modalità previste, ma abbia successivamente revocato, ad esempio, il bonifico, ovvero l’assegno bancario eventualmente emesso sia stato annullato prima dell’incasso.

Leggi anche: INL – Nota 22 maggio 2018, n. 4538

In ogni caso le sanzioni per chi viola il divieto, anche per gli acconti di stipendio, vanno da 1.000 a 5.000 euro, con possibilità di riduzione a 1.667 euro.

Entro 30 giorni sarà possibile presentare ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro avverso verbale di contestazione e notificazione dell’illecito degli organi di vigilanza, ovvero presentare scritti difensivi.

Normativa antiriciclaggio

Negli anni scorsi si era già parlato di stop al pagamento della busta paga in contanti attraverso la normativa antiriciclaggio dove all’art. 49 del D. Lgs n. 231/2007, da ultimo modificato dal D. Lgs n. 90/2017, si dispone il divieto al trasferimento di denaro contante, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, siano essi persone fisiche o giuridiche, quando il valore oggetto di trasferimento sia complessivamente pari o superiore a 3.000,00 €.

Il trasferimento superiore al predetto limite è ovviamente vietato anche quando viene effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati. La sanzione amministrativa prevista parte da un minimo di 3.000,00 ad un massimo di 50.000,00 €.

INL nota numero 6201 del 16 luglio

Rilasciamo infine la nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro numero 6201 del 16 luglio con ulteriori chiarimenti sul divieto di pagamento della busta paga in contanti. (fonte documento di prassi: ilSole24Ore – QuotidianodelLavoro)

  Nota INL n. 6201/2018 (88,0 KiB, 906 hits)

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Tags: Busta PagaIspettorato del Lavoro