Rispetto anche solo a dieci anni fa il mondo del lavoro è cambiato notevolmente. Insieme a nuove professioni legate alla tecnologia, al web e agli sviluppi degli studi sull’intelligenza artificiale, oggi lo smart working è assai più diffuso che nel recente passato, e su quest’ultimo tema sono di certo ben informati i cosiddetti nomadi digitali, ovvero i giovani e i meno giovani che – avendo una opportuna preparazione di teoria e le adeguate competenze pratiche – sono in grado di lavorare e viaggiare contemporaneamente.
Di seguito daremo qualche informazione a riguardo, ma soprattutto porremo attenzione sugli aggiornamenti normativi per chi lavora a distanza e con strumenti digitali: come funziona oggi l’ingresso e il soggiorno dei lavoratori stranieri cd. nomadi digitali e lavoratori subordinati da remoto? Quali regole si applicano per il lavoro altamente qualificato a distanza? Ecco cosa sapere, a seguito della pubblicazione di un importante decreto interministeriale in materia.
Permesso di soggiorno per lavoratori da remoto e nomadi digitali
Lo scorso 4 aprile è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un decreto del Ministero dell’Interno, di concerto con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero del Turismo e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, avente il compito di disciplinare l’ingresso e soggiorno dei citati nomadi digitali e dei lavoratori da remoto stranieri. Il provvedimento si applica dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
Il decreto interministeriale dettaglia infatti modalità e requisiti per l’ingresso ed il rilascio del permesso di soggiorno ai cittadini di Stati non appartenenti all’UE, che esercitano un’attività lavorativa altamente qualificata, tramite l’utilizzo di strumenti tecnologici che permettono di lavorare da remoto o a distanza.
Il testo perciò si applica ai citati lavoratori altamente qualificati, che possono avvalersi del relativo permesso di soggiorno, ma chi sono esattamente? Ebbene, il decreto fa riferimento ai:
cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea, di seguito indicati come stranieri, che svolgono un’attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto, in via autonoma ovvero per un’impresa anche non residente nel territorio nazionale.
Definizione di nomade digitale lavoratore da remoto, straniero, altamente qualificato
Chi è il nomade digitale? E chi sono i lavoratori stranieri da remoto altamente qualificati? Nel decreto interministeriale appena pubblicato troviamo alcune utili definizioni, come quella relativa alle categorie di lavoratori stranieri altamente qualificati, che possono beneficiare delle norme di cui al provvedimento stesso.
Infatti all’art. 2 si trova scritto che:
- il nomade digitale è lo straniero che svolge attività di lavoro autonomo attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto;
- il lavoratore da remoto è, lo straniero che, attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto, esegue attività di lavoro subordinato o di collaborazione secondo le modalità di cui all’art. 2, comma 1, del d. lgs. n. 81 del 2015, attuativo del Jobs Act.
Datore di lavoro straniero organizzato per produrre o scambiare beni e servizi in Italia
Inoltre, nel testo del decreto interministeriale del 29 febbraio scorso c’è la definizione di impresa anche non residente nel territorio dello Stato, da intendersi infatti come:
il datore di lavoro o il committente che esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi avente sede legale anche al di fuori del territorio dello Stato italiano.
Deroga alle quote del Testo unico sull’immigrazione
Fatta salva l’ipotesi di ingresso riferita ai lavoratori altamente qualificati di cui agli artt. 27-quater e 27-quinquies del d. lgs. 1998, n. 286 – il cd “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” – nell’ipotesi nella quale i summenzionati lavoratori subordinati e nomadi digitali vogliano svolgere l’attività nel nostro paese, l’ingresso e il soggiorno, per periodi superiori a 90 giorni, sono e saranno permessi al di fuori delle quote massime di stranieri da ammettere in Italia, annualmente definite, e di cui all’art. 3, comma 4, dell’appena menzionato testo unico.
Il riferimento va alle quote del cd. decreto flussi, ma notiamo in verità che il d. lgs. del 1998 pone già al di fuori dei flussi i nomadi digitali e lavoratori da remoto, non appartenenti all’Unione europea. Lo fa all’art. 27 comma 1 lettera q) bis.
Non dimentichiamo infatti che esistono norme sulle quote massime degli stranieri, ossia cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea, che arrivano in Italia per svolgere lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, oppure per svolgere lavoro autonomo (considerati i ricongiungimenti familiari e le misure di protezione temporanea eventualmente disposte).
Quella di cui al decreto interministeriale del 29 febbraio scorso, è dunque un’interessante agevolazione per quei lavoratori che, grazie alla tecnologia, possono lavorare a distanza sia come dipendenti che come autonomi.
Tuttavia per questi ultimi ai fini dell’ingresso e del soggiorno per periodi inferiori a 90 giorni è comunque obbligatorio il rilascio del visto di ingresso e del permesso di soggiorno secondo le condizioni e le modalità di cui al decreto interministeriale in oggetto.
Requisiti e modalità di rilascio del visto di ingresso e del permesso di soggiorno
Agli artt. 3 e 4 del decreto recentemente pubblicato, troviamo la dettagliata indicazione dei requisiti e delle modalità per il rilascio di alcuni importanti documenti per i nomadi digitali e dei lavoratori da remoto non appartenenti all’UE, ai loro familiari.
Il decreto infatti dettaglia le condizioni per l’emissione del visto e del permesso di soggiorno, correlati a fattori chiave come il reddito, la disponibilità di un luogo dove dormire, l’assicurazione sanitaria e la previa esperienza. Mentre per la categoria dei lavoratori da remoto, il testo indica altresì il requisito della presenza di un contratto o di un’offerta vincolante.
Giunti nel nostro paese, i lavoratori in oggetto avranno un permesso di soggiorno con la dicitura “nomade digitale – lavoratore da remoto”, della durata massima di un anno, ma rinnovabile, e potranno anche domandare – ed ottenere – il cd. ricongiungimento familiare, ossia quell’agevolazione che consente ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale di conseguire l’ingresso – e la conseguente autorizzazione al soggiorno – di uno o più familiari, che si trovano nel paese di origine.
All’art. 3 comma 2 e 3 del decreto interministeriale si precisa altresì che in ipotesi di ingresso di nomade digitale, non è previsto il nulla osta provvisorio ai sensi dell’art. 40, comma 5, del DPR n. 394 del 1998. Al contempo, in ipotesi di ingresso di lavoratore da remoto, non è previsto il nulla osta al lavoro di cui all’art. 31 dello stesso DPR.
Conclusioni
Concludendo, ricordiamo che il decreto interministeriale dello scorso 29 febbraio dispone altresì le modalità per la verifica del rispetto delle regole contributive e fiscali.
All’art. 5 infatti si prevede che, se non ci sono accordi bilaterali di sicurezza sociale con il paese di origine, sarà valevole la disciplina previdenziale e assicurativa del nostro paese. Ai nomadi digitali e ai lavoratori da remoto sarà consegnato il codice fiscale con il permesso di soggiorno.
Inoltre, i nomadi digitali saranno tenuti ad aprire anche la partita Iva, in quanto esercitanti un’attività autonoma e sottoposti alla relativa disciplina fiscale.
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