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Trasparenza nei contratti di lavoro: come cambia con il decreto lavoro 2023

Il Decreto Lavoro semplifica la cd. trasparenza nei contratti di lavoro ovvero le informazioni sulle condizioni del rapporto di lavoro.


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di - 22 Maggio 2023

Il Decreto Lavoro 2023 modifica, fra le altre cose, la normativa in materia di trasparenza nei contratti di lavoro. Come noto dal 13 agosto 2022 sono in vigore i nuovi obblighi di comunicazione che i datori di lavoro devono fornire ai lavoratori sulle condizioni di lavoro nel momento in cui vengono assunti già nella lettera di assunzione. Più nel dettaglio, si tratta di nuovi adempimenti e doveri che ricadono sui datori di lavoro, per il recepimento da parte dell’Italia della direttiva europea Trasparenza (n. 1152/2019).

Il decreto trasparenza nei rapporti di lavoro di fatto estende l’elenco delle informazioni da rendere note al lavoratore alla data dell’instaurazione del rapporto di lavoro. E ciò in una prospettiva di maggior tutela e trasparenza di chi viene assunto. La comunicazione dovrà essere effettuata in forma scritta, chiara e consultabile in ogni momento da parte dell’interessato.

Ora il decreto Calderone modifica e semplifica la suddetta norma: infatti alcune informazioni non dovranno essere più indicate nella lettera di assunzione e l’obbligo si intenderà assolto anche mediante il riferimento normativo e/o della contrattazione collettiva.

Trasparenza nei contratti di lavoro, quali novità dal Decreto Lavoro 2023

Come detto in premessa il D.L. n. 48/2023 in vigore il 5 maggio 2023, modifica le diposizioni introdotte lo scorso 13 agosto 2022 dal decreto Trasparenza contratti di lavoro (D. Lgs. n. 104/2022) in tema di obblighi di informazione in merito al rapporto di lavoro a cui è tenuto il datore di lavoro nei confronti del lavoratore all’atto dell’assunzione.

Il Decreto Calderone semplifica in particola le modalità con cui fornire alcune informazioni in merito alle condizioni applicabili al rapporto di lavoro. Per alcune di queste informazioni decade l’obbligo di indicarle nella lettera di assunzione, infatti l’obbligo si intenderà assolto anche solo mediante il riferimento normativo e/o della contrattazione collettiva.

Di seguito l’elenco delle informazioni che potranno essere non indicate direttamente nella lettera di assunzioni ma per le quali basterà il solo rimando alla CCNL (o contrattazione di secondo livello) di riferimento:

  1. la durata del periodo di prova;
  2. il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro;
  3. la durata del congedo per ferie nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore;
  4. la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
  5. l’importo iniziale della retribuzione;
  6. la programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno,
  7. le informazioni, qualora il rapporto di lavoro non preveda un orario normale di lavoro programmato, riguardanti la variabilità della programmazione del lavoro;
  8. gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali ed assicurativi dovuti dal datore di lavoro;

Contratto di lavoro decreto trasparenza (D.Lgs. n. 104/2022): campo di applicazione della norma

L’approvazione del decreto trasparenza contratti di lavoro implica – come accennato – una serie di obblighi di comunicazione. Le nuove regole devono essere applicate a partire dal 13 agosto 2022 ad una ampia varietà di contratti di lavoro e, in particolare, a:

Tuttavia, secondo quanto emerge dal testo su cui c’è stato l’ok dell’Esecutivo, non a tutti i contratti e rapporti di lavoro si applicano i nuovi obblighi di comunicazione, in caso di assunzione. Sono infatti esclusi:

Area “Norme e contratti collettivi – Archivio CNEL”

Dal 30 settembre 2022 è stata pubblicata nel sito del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali la nuova area “Norme e contratti collettivi – Archivio CNEL”. Qui è possibile trovare

Quali sono i nuovi obblighi di comunicazione del datore di lavoro previsti dal D.Lgs. n. 104/2022

Da alcuni anni, ovvero dal 30 luglio 2019, Bruxelles chiede al nostro paese di adeguare agli standard comunitari la disciplina interna sugli obblighi informativi, in merito alle condizioni di lavoro. Ciò evidentemente a favore e nel rispetto dei diritti dei dipendenti.

In particolare, la direttiva europea include misure che intendono garantire a tutti i lavoratori sul territorio UE la opportuna e piena conoscenza:

I datori di lavoro e le aziende saranno quindi tenuti a dare, insieme al contratto di lavoro, le informazioni ad esso collegate – senza limitarsi a rimandare ai contratti collettivi. 

Tra gli elementi che l’azienda sarà tenuta a comunicare al dipendente in sede di assunzione e dunque nell’informativa obbligatoria (obblighi di comunicazione), abbiamo i seguenti:

Insomma, è del tutto evidente che i nuovi obblighi di comunicazione in caso di assunzione sono piuttosto numerosi, a conferma della necessità di garantire tutela ai lavoratori e piena conoscenza dei loro diritti.

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Quali sono le sanzioni per chi non rispetta gli obblighi di comunicazione di cui al Decreto Trasparenza

Essendo in gioco obblighi ben definiti e che hanno come il datore di lavoro come soggetto di riferimento, va da sé che il mancato rispetto di uno o più di essi, condurrà a sanzioni ad hoc. Esse potranno essere emesse dall’Ispettorato del Lavoro competente a livello territoriale.

In particolare, i provvedimenti sanzionatori potranno essere consequenziali:

Sul piano dell’entità della sanzione, essa oscillerà tra un minimo di 250 ad un massimo di 1.500 euro in base alla gravità dell’infrazione e per ogni lavoratore interessato.

Decreto Trasparenza contratti (D.Lgs. n. 104/2022): prescrizioni minime sulle condizioni di lavoro

Ecco in sintesi cosa il Decreto Trasparenza introduce in materia di prescrizioni minime sulle condizioni di lavoro dal 13 agosto 2022.

Periodo di prova

All’articolo 7, comma 1, del D.lgs. numero 104 si dispone che nei casi in cui “è previsto il periodo di prova, questo non può essere superiore a sei mesi, salva la durata inferiore prevista dalle disposizioni dei contratti collettivi”.

Nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura “proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego” (articolo 7, comma 2).

Da ultimo si prevede che a fronte di eventi quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza.

Cumulo di impieghi

L’articolo 8 del Decreto “Trasparenza” dispone che, fatto salvo quanto previsto dal Codice civile in materia di obbligo di fedeltà (articolo 2105), il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa “in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata, né per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole”.

Fanno eccezione le ipotesi:

Prevedibilità minima del lavoro

Nel caso in cui la tipologia del rapporto di lavoro o l’organizzazione dell’attività sia interamente o in gran parte imprevedibile, il datore di lavoro non può imporre al dipendente di rendere la prestazione. Così l’articolo 9 del Decreto “Trasparenza”.

La deroga a quanto appena esposto è ammessa alle seguenti condizioni:

In mancanza di una o entrambe le condizioni citate, l’interessato ha il diritto di rifiutare di assumere un incarico di lavoro o di rendere la prestazione, senza subire alcun pregiudizio anche di natura disciplinare.

Diritto di precedenza

L’articolo 10 del Decreto “Trasparenza” dal titolo “Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili” dispone che, ferme restando le previsioni più favorevoli di cui alla legislazione vigente, il lavoratore che “abbia maturato un’anzianità di lavoro di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente” oltre ad aver completato il periodo di prova, può chiedere (in forma scritta) che gli venga riconosciuta una “forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile”.

A seguito della risposta negativa, l’interessato può inoltrare una nuova richiesta dopo che siano trascorsi almeno sei mesi dalla precedente.

Entro un mese dall’istanza del lavoratore, il datore / committente fornisce una risposta scritta motivata.

In caso di “richiesta reiterata da parte del lavoratore di analogo contenuto, le persone fisiche in qualità di datori di lavoro o le imprese che occupano fino a cinquanta dipendenti possono rispondere in forma orale qualora la motivazione della risposta rimanga invariata rispetto alla precedente” (articolo 10 comma 4).

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Tags: decreto lavoroMinistero del lavoro