Il Reddito di Libertà è un aiuto economico predisposto per le donne vittime di violenza. Si tratta di un nuovo contributo economico a favore di particolari categorie della popolazione, ma non stiamo ovviamente parlando di reddito di cittadinanza o reddito di emergenza, misure già ben note e varate diverso tempo fa, di cui peraltro ci siamo più volte occupati; ma di un contributo cumulabile con RdC, che al contempo è bonus, ma anche sussidio. Lo versa l’Inps ai destinatari con assegno mensile, ma per un massimo di 12 mesi.
Il sussidio di libertà consiste insomma in una speciale misura di sostegno economico, che è stata varata l’anno scorso durante il Governo Conte bis, ma soltanto ultimamente è entrata definitivamente in vigore. Infatti – già prevista nel decreto legge Rilancio – detto contributo ha trovato concretizzazione soltanto sette mesi dopo, con la pubblicazione del decreto attuativo del Presidente del Consiglio dei ministri, il quale stabilisce chi sono i beneficiari e le condizioni di applicazione del reddito di libertà.
Aggiornamento: l’INPS, con il messaggio 13 settembre 2022, n. 3363, interviene nuovamente sulla misura del Reddito di Libertà relativamente allo stanziamento di nuove risorse, pari a 9 milioni di euro, destinate a promuovere, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza e in condizione di povertà. La disponibilità delle nuove risorse consentirà, quindi, all’Istituto di liquidare secondo l’ordine cronologico di presentazione, le domande non accolte per insufficienza di budget e di accogliere le nuove domande.
Vediamo allora un po’ più da vicino il Reddito di libertà donne vittime di violenza: che cos’è e come funziona questa misura di sostegno.
Reddito di libertà: che cos’è e chi può fare richiesta
Il reddito di libertà consiste di fatto in un contributo economico, mirato esplicitamente alle donne vittime di violenza e che si trovano in condizioni di povertà. Lo scopo chiaro di questo sussidio è dunque rappresentato – così come delineato dalle norme in materia – dal “favorire, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà“.
La misura consiste pertanto in un contributo economico, nella misura massima di 400 euro mensili pro capite, concesso in un’unica soluzione per massimo 12 mesi, finalizzato a sostenere prioritariamente:
- le spese per assicurare l’autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale,
- nonché il percorso scolastico e formativo dei figli o delle figlie minori.
La misura, inoltre, è compatibile, come detto in premessa, con altri strumenti di sostegno al reddito.
In buona sostanza, per domandare e conseguire l’assegnazione del RdL sono necessari i quattro seguenti requisiti:
- essere una donna che vive da sola o con prole in minore età;
- aver patito azioni lesive ed aver cioè subito violenza da parte di qualcuno;
- essere in stato di povertà o particolare vulnerabilità;
- essere seguiti da “centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, al fine di contribuire a sostenerne l’autonomia” (cosi recita la norma in proposito).
Per quanto riguarda la violenza patita dalla richiedente, le regole di legge che istituiscono il reddito di libertà non precisano di quale violenza si tratti. Pertanto, detto requisito è da interpretarsi in senso ampio, includendo sia le violenze fisiche, sia le violenze psicologiche. Tipico esempio è rappresentato dall’illecito penale dei maltrattamenti in famiglia.
Quanto spetta a ciascuna beneficiaria
Ovviamente per garantire il conferimento delle somme costituenti RdL ai soggetti aventi diritto, il Governo ha varato un Fondo ad hoc proprio per questa misura di sostegno.
Parliamo di circa 3 milioni di euro, suddivisi poi tra le Regioni e le Province autonome sulla scorta delle fasce di popolazione femminile residente e di età tra un minimo di 18 e un massimo di 67 anni. Attenzione però: ciascuna Regione può scegliere di innalzare la dotazione del citato Fondo con ulteriori stanziamenti a livello locale.
Vi sono alcuni limiti da considerare, per meglio delineare le caratteristiche del reddito di libertà. Ebbene, l’ammontare massimo del contributo corrisponde a 400 euro al mese per persona, per un totale di 12 mensilità. In buona sostanza, l’assegno arriva per ciascun mese fino al dodicesimo, dopo un anno si perde di fatto il diritto.
Come fare domanda
Come già accade per tante altre prestazioni, per domandare e conseguire il RdL, l’interessata avente i requisiti richiesti, deve fare domanda all’Inps, compilando un modulo ad hoc per il tramite degli operatori comunali addetti ai servizi sociali. In esso sono da includersi:
- la dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale del centro antiviolenza, che attesti l’adesione ad un percorso di emancipazione ed autonomia;
- la dichiarazione dei servizi sociali, la quale chiarisce lo stato di bisogno legato alla situazione straordinaria o urgente della donna vittima di violenze fisiche o psicologiche.
La domanda può essere fatta pervenire all’Inps personalmente o attraverso un intermediario autorizzato, come ad es. un patronato. Il modulo in questione altro non è che un’autocertificazione recante i propri dati.
Schema di Domanda di Reddito di Libertà
Di seguito lo Schema di Domanda di Reddito di Libertà rilasciato dall’INPS.
Schema di Domanda di Reddito di Libertà (240,9 KiB, 243 hits)
Quali spese è possibile compiere con il reddito di libertà?
In verità non vi sono specifici vincoli o regole da seguire, per spendere i soldi del reddito di libertà. Infatti nelle norme in materia si trova scritto genericamente che detta misura è mirata “a sostenere prioritariamente le spese per assicurare l‘autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale nonché il percorso scolastico e formativo dei figli minori”. In buona sostanza, la donna beneficiaria potrà usare questo contributo, ad esempio, per pagare l’affitto della propria abitazione; oppure le spese dei libri scolastici dei figli. Sarà dunque la destinataria a scegliere come suddividere le spese che il reddito consente, in base alle proprie necessità e a quelle della (eventuale) prole.
Lo abbiamo accennato all’inizio, ma giova ribadire che il RdL non è contributo incompatibile con altri strumenti di aiuto economico. In particolare, questo reddito e il reddito di cittadinanza sono pienamente cumulabili. D’altronde, la finalità è sempre la stessa: garantire un apporto economico in situazione di disagio sociale e indigenza.
Concludendo, per l’avvio definitivo della misura, restiamo in attesa delle istruzioni INPS di dettaglio, circa la trasmissione delle domande e le modalità di pagamento. Queste ultime dovrebbero arrivare in tempi brevi.
Circolare INPS numero 166 del 08-11-2021
Di seguito il testo della circolare INPS illustrativa del Reddito di Libertà.
Circolare INPS n° 166 del 08-11-2021 (3,4 MiB, 195 hits)