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di Daniele Bonaddio - 31 Maggio 2018
L’assegno alimentare, corrisposto ai dipendenti sospesi in via cautelare dal servizio e per i quali pende giudizio innanzi all’autorità giudiziaria, costituisce reddito di lavoro dipendente. Come tale quindi, è assoggettato alla relativa tassazione. Tale assegno, pertanto, erogato nel caso di sospensione cautelare per procedimento giudiziario in corso, è imponibile ai fini pensionistici.
A chiarirlo è l’INPS con il Messaggio n. 2161/2018, stabilendo che l’assegno alimentare in argomento è imponibile anche ai fini della gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e dell’assicurazione sociale vita (ex ENPDEP). Non rientrano nell’imponibilità ai fini previdenziali, invece, i dipendenti civili iscritti alle gestioni ex INADEL ed ex ENPAS.
Quando un dipendente viene sospeso cautelativamente dal servizio, viene privato dello stipendio. Durante il periodo di sospensione è prevista la corresponsione di un “assegno alimentare”, la cui misura è stabilita da disposizioni legislative ovvero dai CCNL. In linea generale tale assegno non è superiore alla metà dello stipendio stesso, oltre gli assegni per carichi di famiglia, fatte salve specifiche indicazioni.
Ma l’assegno alimentare rientra tra gli emolumenti imponibili ai fini previdenziali? La risposta è positiva per il Ministero dell’economia e delle Finanze, il quale con Circolare. 326/E del 23 dicembre 1997, al punto 1.5, ha ritenuto che tali redditi rientrano costituiscono redditi di lavoro dipendente e, come tale, sono assoggettati alla relativa tassazione.
Ma cosa succede qualora il datore di lavoro pubblico adotti un provvedimento disciplinare di licenziamento o di destituzione durante i periodi di sospensione cautelare? In tali casi, si potrà richiedere la restituzione dei contributi pagati durante il periodo di sospensione.
Eventuali periodi di servizio resi dal dipendente a seguito della riammissione in servizio, per revoca del provvedimento di sospensione cautelare, sono utili ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza; anche se, per effetto della retroattività del licenziamento o destituzione, si collocano dopo la data di cessazione del rapporto di lavoro. Ciò in quanto si tratta di servizi effettivamente resi dal dipendente.
Ai fini operativi, in presenza di un provvedimento di sospensione cautelare discrezionale, il datore di lavoro dovrà valorizzare le denunce contributive utilizzando, esclusivamente, il Tipo Servizio 83 “Sospensione cautelare dal servizio per procedimento giudiziario in corso”; dovrà quindi indicare negli elementi delle gestioni di riferimento del dipendente il valore corrispondente all’assegno alimentare erogato.
Per i periodi di sospensione cautelare, che si collocano nei periodi retributivi dal mese di febbraio 2014 al periodo retributivo del mese di maggio 2018, per i quali non sia stata inviata alcuna denuncia, il datore di lavoro dovrà procedere alla relativa regolarizzazione entro la fine di agosto 2018.
Ad ogni modo, esistono dei cosi nei quali il datore di lavoro non deve inviare le denunce contributive né effettuare versamenti contributivi per le altre ipotesi di sospensione, ossia:
Alleghiamo il testo del messaggio INPS in oggetto.