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Legittimo il licenziamento per chi attacca le ferie alla malattia in autonomia

Può ritenersi legittimo il licenziamento di chi si mette in ferie senza motivo e autonomamente, dopo aver terminato il periodo di malattia.


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di - 6 Aprile 2020

Sulla base di quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 7566 del 27 marzo 2020, deve ritenersi legittimo il licenziamento del lavoratore che, dopo essersi assentato per una lunga malattia, si è messo in ferie senza alcun giustificato motivo e in totale autonomia.

I Giudici Supremi respingono il ricorso presentato dal lavoratore e ritengono valida la lettera di licenziamento inoltrata dal datore di lavoro. Il prestatore di lavoro è obbligato a presentarsi nuovamente sul posto di lavoro una volta terminato il periodo di malattia, affinché il datore di lavoro sia messo in condizioni di svolgere la visita medica di controllo e valutare una diversa collocazione del lavoratore nonché l’attribuzione di diverse mansioni, considerata l’assenza prolungata dal luogo di lavoro. Inoltre il lavoratore non può attaccare le ferie alla malattia autonomamente, al solo fine di interrompere il decorso della malattia.

Vediamo cosa dice la sentenza.

Legittimo il licenziamento per chi attacca le ferie alla malattia: il caso

A seguito lettera di licenziamento ricevuta per ingiustificata assenza dal lavoro per più giorni consecutivi, il lavoratore presentava ricorso davanti al Tribunale. La lavoratrice in via autonoma si era posta in ferie alla scadenza del periodo di comporto, senza richiedere autorizzazione alcuna al datore di lavoro. Il giudice di primo grado tuttavia respingeva la domanda di annullamento del licenziamento per giusta causa intimato dal datore di lavoro.

Con sentenza della Corte d’Appello si confermava la decisione del Tribunale e la vicenda giungeva dinnanzi alla Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione rigettava il ricorso per i motivi che di seguito esponiamo.

La decisione della Corte di Cassazione

La Cassazione, con sentenza n. 7566/2020 rigettava il ricorso presentato dalla lavoratrice per le ragioni che si vanno a esporre.

La Corte, in primo luogo, non ritiene accertato il Vizio di ultrapetizione ritenuto invece sussistere dalla parte ricorrente.

Ricordiamo che il vizio di ultrapetizione sussiste quando il giudice di merito interferisce con il potere dispositivo delle parti e alteri gli elementi dell’azione. In questi casi la conseguenza è l’emissione di un provvedimento diverso da quello richiesto in quanto il giudice si pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni.

Anche le altre affermazioni esposte nel ricorso sono state ritenute infondate.

Visita medica che preceda il momento della ripresa del lavoro

L’articolo 41 del d.lgs. 81/08 (T.U. salute e sicurezza lavoro) prevede, nell’ambito degli strumenti di sorveglianza sanitaria, lo svolgimento di una visita medica che preceda il momento della ripresa del lavoro.

Questo in caso di assenza, per ragioni di salute, che sia di durata superiore ai 60 giorni consecutivi. Tale visita deve essere effettuata per constatare l’idoneità del soggetto alle mansioni in precedenza svolte.

Con la visita il datore di lavoro deve attestare se il lavoratore è in condizione di poter essere assegnato alle stesse mansioni di prima una volta avvenuto il ritorno in azienda. Solo in riferimento a queste mansioni è necessario verificare l’idoneità, il che vuol dire che, solo in caso di idoneità, egli potrà nuovamente svolgerle senza rischiare alcun pregiudizio o lesione alla sua integrità psico fisica.

Obbligo del lavoratore di rientrare a lavoro dopo la malattia

Una volta avvenuto il ripristino del suo stato di salute, il lavoratore è tenuto a ripresentarsi sul posto di lavoro.

Qualora sia destinato alle stesse mansioni assegnategli prima del periodo di malattia, in assenza di visita per idoneità, potrà ex articolo 1460 codice civile e sospendere la prestazione lavorativa. La visita medica è posta a tutela del lavoratore e rientra nell’obbligo in capo all’imprenditore di predisporre le misure necessarie a tutelare l’incolumità e la salute del lavoratore (ai sensi dell’articolo 2087 cc). La mancata effettuazione della stessa costituisce omissione per il datore di lavoro di rilevante gravità che comporta l’interruzione dell’equilibrio sinallagmatico e giustifica l’eccezione del lavoratore.

Il prestatore di lavoro non è giustificato all’astensione dal posto di lavoro una volta terminato il periodo di malattia. Egli deve rientrare per dare la possibilità al datore di disporre, anche in via provvisoria e in attesa dell’espletamento della visita medica, una diversa collocazione del dipendente nell’ambito dell’organizzazione aziendale.

Vietate le ferie per interrompere il decorso del periodo di malattia

Il lavoratore assente a causa della malattia non può in autonomia sostituire alla malattia la fruizione delle ferie maturate e non godute; soprattutto se il fine è quello di interrompere il decorso del periodo di malattia.

In Conclusione, la Corte di Cassazione nell’enunciare tali principi conferma l’evoluzione della giurisprudenza in questo ambito. Ha dato ragione ai giudici di merito perchè questi avevano ritenuto il comportamento del datore di lavoro corretto! Sulla base del fatto che il lavoratore, nonostante gli avvisi ricevuti, non aveva provveduto a fare la richiesta di conversione della malattia in ferie.

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Tags: Cassazionemalattia