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Malattia e tempo libero: un connubio non sempre facile

Malattia e tempo libero: un connubio non sempre facile. Quando la malattia non è compatibile con altre attività, ludiche o ricreative, che il lavoratore svolge nel proprio tempo libero (commento a sentenza corte di cassazione 13.03.2018, n. 6047)


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di - 13 Aprile 2018

Il diritto al riposo dal lavoro durante il periodo di malattia, è un diritto costituzionale,  tuttavia malattia e tempo libero non sono sempre facili da coniugare. Durante la malattia, il lavoratore ha diritto ad astenersi dalla prestazione lavorativa pur continuando a percepire il compenso. Durante l’assenza, il lavoratore non deve soltanto rispettare le fasce orarie di reperibilità. Egli ha altresì l’obbligo di evitare di svolgere altre attività, anche se ludiche o di intrattenimento, che siano incompatibili con lo stato di malattia o che ritardino il recupero dell’idoneità al lavoro.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 6047 del 13.03.2018, ha recentemente chiarito i problemi connessi alla compatibilità tra la malattia del lavoratore ed il diritto di svolgere attività di svago nel tempo libero.

Malattia e tempo libero, il caso concreto valutato dalla Corte di Cassazione.

Un lavoratore subordinato di una grande impresa si assentava da lavoro per quattro giorni a causa di una fastidiosa lombosciatalgia. La stessa è stata diagnosticata e certificata dal proprio medico curante e comunicata tempestivamente all’azienda. In costanza di malattia, durante le ore serali, al di fuori delle fasce orarie di reperibilità, il lavoratore si esibiva in pubblico, suonando la fisarmonica, nell’ambito di una serata organizzata per la festa patronale di una località distante circa 45 km dalla propria residenza.

La società datoriale, avendo appreso che durante il periodo di malattia il proprio dipendente si era esibito in pubblico svolgendo, per l’appunto, attività di concertista (attività, peraltro, pubblicizzata sulla stampa locale e di settore e riferita dallo stesso dipendente nel proprio profilo Facebook), ne disponeva il licenziamento in tronco per giusta causa.

A fondamento del licenziamento, la società poneva il comportamento del dipendente ritenuto contrario ai doveri di correttezza e buona fede. Questo per avere lo stesso rischiato di compromettere e/o aggravare e/o ritardare la guarigione dalla malattia.

L’iter processuale

Il lavoratore impugnava il licenziamento e, dopo aver perso in primo grado, trionfava in Corte d’Appello. Dal giudice di merito otteneva l’annullamento del licenziamento, la reintegra nel posto di lavoro ed il pagamento di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dall’ultima retribuzione globale di fatto. Otteneva inoltre il diritto ai contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento a quello della effettiva reintegrazione ed interessi.

La società ricorreva in Cassazione.

La Suprema Corte, con sentenza n. 6047 del 13.03.2018, ha ritenuto erronea la sentenza della Corte d’Appello per non avere questa correttamente applicato i principi regolatori della materia e segnatamente per non avere accertato, nel caso specifico, se l’attività musicale svolta dal dipendente in orario notturno fosse stata o meno compatibile con la malattia.

I principi espressi dalla Corte di Cassazione

Al lavoratore assente per malattia – sostiene la Corte di Cassazione – non si può richiedere, durante il suo periodo di assenza dal lavoro, di astenersi da ogni attività, quale in ipotesi un’attività ludica o di intrattenimento, ma la stessa non solo deve essere compatibile con lo stato di malattia, ma deve essere altresì conforme all’obbligo di correttezza e buona fede, gravante sul lavoratore, di adottare ogni cautela idonea perchè cessi lo stato di malattia, con conseguente recupero dell’idoneità al lavoro.

In particolare, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza, lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia è idoneo a giustificarne il licenziamento quando, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore (Cass. n. 17625 del 2014, Cass., n. 24812 del 2016, Cass., n. 21667 del 2017).

Inoltre “l’espletamento di attività extralavorativa durante il periodo di assenza per malattia costituisce illecito disciplinare non solo se da tale comportamento deriva un’effettiva impossibilità temporanea della ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa è solo messa in pericolo dalla condotta imprudente (v. Cass., n. 16465 del 2015), con una valutazione di idoneità che deve essere svolta necessariamente ex ante, rapportata al momento in cui il comportamento viene realizzato”. (citata Cass., n. 21667 del 2017, n. 10416 del 2017, n. 24812 del 2016, n. 17625 del 2014).

In conclusione, è bene ricordarsi che durante il periodo di malattia, non bisogna solo rispettare le fasce orarie di reperibilità ma è anche necessario evitare lo svolgimento di attività che possano compromettere o ritardare la propria guarigione.

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Tags: Cassazionemalattia