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Ripetizione del periodo di prova con stesse mansioni: sì della Cassazione

E' legittimo ripetere il patto di prova in un nuovo contratto con lo stesso lavoratore anche per le stesse mansioni, per valutare altri aspetti del soggetto


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di - 26 Novembre 2018

È legittima la ripetizione del periodo di prova con lo stesso lavoratore precedentemente assunto con contratto a tempo determinato anche con le stesse mansioni. Il datore di lavoro, infatti, può pacificamente decidere di inserire nel nuovo contratto la suddetta clausola purché i dati oggettivi del rapporto di lavoro siano differenti rispetto alle precedenti assunzioni. Non rileva in questa fattispecie il fatto che il lavoratore è impiegato con gli stessi compiti.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione in una recente ordinanza n. 28252/2018. La giurisprudenza di legittimità, dunque, ribadisce un concetto ormai consolidato: è possibile tra le stesse parti ripetere il patto di prova in successivi contratti di lavoro. L’importante, in tali casi, è che il periodo di prova sia funzionale all’imprenditore per verificare il comportamento del lavoratore in relazione a elementi nuovi nel rapporto di lavoro.

Ripetizione del periodo di prova con stesse mansioni: la vicenda

Nel caso di specie una lavoratrice era stata assunta come portalettere con contratto a tempo indeterminato a distanza di circa un anno e mezzo da precedenti contratti a termine. Tali contratti a tempo determinato, di durata breve (il primo nel 2003 è durata 3 mesi, il successivo dal’1.2.2008 al 31.3.2008 ed il terzo dall’1.7.2008 al 13.9.2008), erano stati stipulati sempre per la stessa mansione di portalettere.

La lavoratrice, durante il periodo di prova del contratto a tempo indeterminato, veniva licenziata per superamento del limite massimo di malattia consentito dal Ccnl. La dipendente si è opposta e ha agito per vie legali dichiarando l’illegittimità del licenziamento a causa della nullità del patto di prova.

La Corte Territoriale ha dato ragione alla lavoratrice, ma nel successivo grado di giudizio la Corte d’Appello ha totalmente ribaltato le carte in tavola. Secondo i giudici il patto di prova era legittimamente ripetibili. Perché? Le motivazioni sono molto semplici:

Il nuovo contesto lavorativo, infatti, era divenuto talmente pesante per la lavoratrice da determinare addirittura, dopo soli tre giorni, una sindrome ansioso-depressiva nella lavoratrice. Tali ragioni, a detta dei giudici, rendevano palese la legittimità del periodo di prova.

La lavoratrice non si arrende, impugna la sentenza e ricorre in Cassazione per tre motivi.

Cos’è il patto di prova?

Il patto di prova è un periodo stabilito dal contratto collettivo nazionale del lavoro in relazione al livello di inquadramento del lavoratore assunto con contratto a tempo indeterminato o a termine. Esso serve per valutare la reciproca convenienza del rapporto di lavoro ed eventualmente stabilizzare successivamente il lavoratore stesso. È bene ricordare che la clausola del periodi di prova non è obbligatoria per legge, ma trattasi di una possibilità offerta dalla contrattazione per tutelare sia il datore di lavoro che il lavoratore.

Il periodo di prova può essere inserito per qualsiasi tipo di contratto di lavoro: ovviamente è necessario che sia messo per iscritto nel contratto, pena la nullità della stessa.

Leggi anche: Patto di prova: cos’è e come funziona

Legittimo ripetere il patto di prova: la sentenza

Gli ermellini hanno respinto l’ulteriore ricorso della lavoratrice. Secondo questi ultimi “è legittima l’apposizione del patto di prova anche in caso di reiterazione di più contratti aventi ad oggetto le medesime mansioni”. Ciò al fine di valutare la reciproca convenienza del contratto, accertando:

Inoltre, richiamando la giurisprudenza di merito (Cass. sentenza n. 10440/2012, sentenza n. 25368 del 12 dicembre 2016) la ripetizione del patto di prova in due successivi contratti di lavoro tra le stesse parti è ammissibile solo se:

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Tags: Cassazionepatto di provaperiodo di prova