Nel lavoro domestico ogni cambiamento contrattuale pesa più che altrove. Non si parla solo di numeri o tabelle retributive, ma di equilibri delicati che coinvolgono famiglie, persone non autosufficienti e lavoratrici spesso invisibili. Il rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro domestico, valido dal 1° novembre 2025 al 31 ottobre 2028, segna un passaggio importante: introduce aumenti economici, riconosce di più la professionalità e amplia alcuni diritti. Ma allo stesso tempo conferma una distanza evidente rispetto alle tutele garantite agli altri lavoratori dipendenti.
Capire cosa cambia davvero è essenziale, perché le regole del contratto collettivo non sono facoltative: devono essere rispettate nei contratti individuali e applicate nella pratica quotidiana.
Il contratto collettivo: perché conta anche nel lavoro domestico
Anche colf, badanti e babysitter lavorano sulla base di un contratto collettivo nazionale. Questo contratto stabilisce i minimi di legge: stipendio, orario, ferie, permessi, malattia, livelli di inquadramento. Il contratto individuale firmato tra datore di lavoro e lavoratore deve rispettare queste regole e non può prevedere condizioni peggiorative.
In altre parole: non è possibile pagare meno del minimo, ridurre le ferie o ignorare i diritti previsti dal contratto collettivo, nemmeno con il consenso del lavoratore.
Gli aumenti economici: come arrivano e quanto valgono
Il nuovo contratto prevede un aumento complessivo di 100 euro mensili, distribuito nel tempo:
- gennaio 2026: +40 euro
- gennaio 2027: +30 euro
- gennaio 2028: +15 euro
- settembre 2028: ulteriori +15 euro
È un aumento graduale, che non compensa pienamente l’aumento del costo della vita degli ultimi anni, ma che garantisce almeno un adeguamento strutturale delle retribuzioni.
Più salario per chi si forma: la certificazione delle badanti
Una delle novità più significative riguarda il riconoscimento della professionalità. Le badanti in possesso della certificazione UNI 11766:2019 avranno diritto, da gennaio 2026, a un aumento mensile di 30 euro.
Si tratta di un salto rilevante rispetto al passato e di un segnale importante: investire nella formazione viene finalmente valorizzato.
Attenzione però alla procedura:
l’aumento non scatta automaticamente. La lavoratrice deve:
- comunicare per iscritto al datore di lavoro il conseguimento della certificazione;
- consegnarne una copia.
Senza questa comunicazione formale, il diritto economico rischia di non essere applicato.
Vitto e alloggio: quanto valgono davvero
Per le badanti conviventi, il contratto chiarisce il valore dell’indennità di vitto e alloggio. Il calcolo è semplice: l’importo giornaliero va moltiplicato per 30 giorni.
Con un’indennità giornaliera di 6,60 euro, il valore mensile è pari a 198 euro, che si aggiungono allo stipendio base. Un aspetto spesso sottovalutato, ma centrale nei rapporti di lavoro in convivenza.
Permessi per assistere un familiare con disabilità: una novità storica
Per la prima volta il contratto riconosce alle lavoratrici domestiche il diritto di assentarsi dal lavoro per assistere un familiare con grave disabilità (legge 104).
La badante può chiedere fino a tre giorni al mese per assistere:
- il coniuge o il convivente (anche di fatto),
- un parente o affine entro il secondo grado,
- o entro il terzo grado in assenza di familiari più prossimi.
I permessi retribuiti, però, restano limitati:
- 16 ore annue per i lavoratori conviventi,
- 12 ore annue per i non conviventi con almeno 30 ore settimanali.
Esaurite queste ore, l’assenza è possibile ma non pagata.
È una conquista parziale, ma va ricordato che prima del rinnovo questo diritto non esisteva affatto. L’unica alternativa era chiedere un’aspettativa non retribuita, che il datore di lavoro poteva anche negare.
Maternità e genitorialità: più tempo, ma spesso senza stipendio
Il contratto conferma la maternità obbligatoria di cinque mesi, durante i quali la lavoratrice non può essere impiegata e riceve un’indennità pari all’80% della retribuzione.
La novità è l’introduzione di quattro mesi aggiuntivi di congedo facoltativo, utilizzabili subito dopo la maternità obbligatoria. Questo periodo:
- non è retribuito,
- non fa maturare ferie.
La stessa possibilità è riconosciuta anche al padre lavoratore domestico in situazioni particolari (morte o grave infermità della madre), oltre al congedo di paternità obbligatorio di 10 giorni, che resta retribuito.
Ancora una volta emerge una differenza netta rispetto agli altri lavoratori dipendenti, per i quali i congedi parentali sono coperti economicamente.
Licenziamenti, dimissioni e un rischio da non sottovalutare
Durante la maternità obbligatoria e il congedo di paternità vige il divieto di licenziamento, salvo il caso di giusta causa. Ma attenzione: l’assenza ingiustificata per cinque giorni può costituire giusta causa.
Per questo, se al termine del congedo la lavoratrice non può rientrare subito, è fondamentale giustificare l’assenza tempestivamente.
Le dimissioni, se presentate durante questi periodi protetti, devono essere:
- scritte,
- convalidate in sede protetta (Ispettorato del lavoro).
A differenza degli altri lavoratori dipendenti, però, il lavoratore domestico resta tenuto al preavviso.
Orari più chiari nel contratto individuale
Un’ultima novità riguarda il contenuto del contratto di lavoro. Non basta più indicare il numero di ore settimanali: devono essere specificati anche i giorni di lavoro e le fasce orarie.
È una tutela concreta contro richieste indefinite e disponibilità “a chiamata”, e permette alla lavoratrice di organizzare il proprio tempo di riposo e la propria vita privata.
Un contratto che migliora, ma non colma il divario
Il rinnovo del contratto del lavoro domestico porta miglioramenti reali, soprattutto sul piano dei diritti. Ma conferma anche una verità scomoda: i lavoratori domestici continuano ad avere meno tutele rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti.
Conoscere queste regole è fondamentale, perché solo un contratto applicato correttamente può trasformare i diritti scritti in diritti effettivi. E nel lavoro domestico, più che altrove, l’informazione resta la prima forma di tutela.
