Il recente Decreto Sostegni proroga al 30 giugno 2021 il divieto a tutte le imprese di procedere a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (GMO) sia individuali che collettivi. In precedenza la Legge di Bilancio 2021 aveva creato un ponte rispetto al Decreto “Ristori” (D.l. numero 137 del 28 ottobre 2020), prorogando la precedente scadenza del 31 gennaio del blocco ai licenziamenti al 31 marzo.
Stante lo stop generalizzato ai recessi per GMO esistono una serie di deroghe previste dal legislatore. Analizziamo nel dettaglio quali, dopo aver approfondito i paletti alle imprese attualmente vigenti sino al 30 giugno 2021.
Divieto licenziamenti 2021: fino a quando?
Come anticipato, la Manovra 2021 (in vigore dal 1º gennaio scorso) aveva prorogato sino al 31 marzo prossimo il blocco ai licenziamenti in scadenza il 31 gennaio 2021. Il testo (articolo 1 commi dal 309 al 311) estende lo stop lasciando inalterato l’ambito di applicazione e le deroghe, rispetto a quanto disposto dal D.l. “Ristori”.
Ora il Decreto Ristori fa slittare questa scadenza al 30 giugno 2021.
Pertanto, sino a tale data è precluso alle aziende di:
- avviare procedure di licenziamento collettivo (articoli 4, 5 e 24 di cui alla Legge n. 223/1991);
- concludere procedure di licenziamento collettivo avviate dopo il 23 febbraio 2020;
- ricorrere a licenziamenti individuali (o plurimi) per giustificato motivo oggettivo;
- intraprendere procedure di conciliazione obbligatoria di cui all’articolo 7 della Legge numero 604/1966.
Licenziamento per Giustificato motivo oggettivo
I licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (GMO) sono quelli giustificati da ragioni inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il regolare funzionamento di essa.
Ne consegue che i recessi per GMO si differenziano da quelli per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, riguardanti caratteristiche o condotte del singolo lavoratore.
Le ipotesi per antonomasia di licenziamento per motivi oggettivi riguardano:
- Soppressione del posto o del reparto in cui è impiegato il lavoratore;
- Cessazione dell’attività produttiva;
- Affidamento all’esterno delle mansioni attribuite al lavoratore (cosiddetta “esternalizzazione”);
- Sopravvenuta infermità del dipendente, per ragioni indipendenti dal lavoro svolto, se ciò comporta l’inidoneità (anche parziale) a svolgere le mansioni assegnategli (licenziamento per impossibilità sopravvenuta della prestazione);
- Provvedimenti amministrativi che hanno un impatto sul rapporto di lavoro, ad esempio ritiro del porto d’armi per una guardia giurata ovvero della patente di guida ad un autista.
Leggi anche: Differenza fra licenziamento per giusta causa e giustificato motivo
Licenziamenti individuali e procedure collettive
I licenziamenti per GMO colpiti dallo stop sino al 30 giugno 2021 sono quelli:
- individuali o plurimi;
- collettivi.
In particolare, con la seconda casistica si intendono i licenziamenti intimati da aziende “grandi” intendendosi per tali quelle che occupano:
- più di 15 dipendenti (ridotti a 5 per gli imprenditori agricoli);
- in alternativa, datori che nell’ambito dello stesso comune occupano più di 15 dipendenti (5 nel caso degli imprenditori agricoli).
La procedura di licenziamento collettivo scatta quando una azienda “grande” (come sopra definita) ricorre, nell’arco di 120 giorni, ad almeno 5 licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nella stessa unità produttiva o in più unità produttive collocate nella stessa provincia.
Deroghe al blocco dei licenziamenti
Il divieto prorogato dal Decreto Ristori al 30 giugno 2021 non opera con riferimento ad una serie di licenziamenti motivati da ragioni produttive:
- licenziamenti in cui il personale interessato, già impiegato nell’appalto, venga riassunto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore in forza di una previsione di legge, contratto collettivo nazionale ovvero clausola del contratto di appalto;
- licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’impresa, a seguito della messa in liquidazione della stessa senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività, che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile;
- lavoratori che aderiscono ad un accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro (i soggetti interessati possono chiedere e ottenere l’indennità di disoccupazione NASPI in presenza degli altri requisiti di legge);
- licenziamenti intimati a fronte del fallimento, nei casi in cui non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa ovvero ne sia disposta la cessazione (se l’esercizio provvisorio riguarda un determinato ramo d’azienda sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso).
Altre tipologie di licenziamenti esclusi dal blocco
Lo stop ai licenziamenti, essendo limitato a quelli per giustificato motivo oggettivo, non si estende ad una serie di recessi soggettivi; ovvero licenziamenti motivati da caratteristiche soggettive del dipendente o sue condotte disciplinarmente rilevanti.
Si parla in particolare di:
- licenziamenti per motivi disciplinari;
- ” per superamento del periodo di comporto;
- ” intimati nel corso del periodo di prova o al termine dello stesso;
- licenziamento del lavoratore domestico o del dirigente;
- interruzione del rapporto di apprendistato al termine del periodo formativo;
- licenziamento motivato dal raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia;
- licenziamento del socio di una cooperativa di produzione e lavoro, se preceduto dalla risoluzione dal rapporto associativo.
Violazione del divieto: cosa succede?
Per le aziende che, in violazione dei limiti imposti dalla Legge di bilancio, procedono comunque a licenziamenti per GMO, la conseguenza è quella della nullità del recesso stesso con conseguente reintegra dell’interessato sul posto di lavoro.
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