Uno dei temi più dibattuti negli ultimi mesi, dopo la diffusione del Coronavirus, è lo svolgimento del lavoro a distanza, ossia il lavoro agile (o smart working nella sua versione inglese). Sul punto, il Governo è intervenuto più volte per favorire l’utilizzo di tale modalità di svolgimento del lavoro, in quanto precedentemente era legato a un farraginoso processo di utilizzo. Infatti, prima della pandemia, era necessario effettuare una specifica comunicazione su Cliclavoro e l’accordo del lavoratore.
Ora, il datore di lavoro può utilizzare tale modalità di lavoro anche con atto unilaterale e senza essere vincolato a specifiche comunicazioni. È chiaro, dunque, che lo smart working, specie nelle Pubbliche Amministrazione, gioca un ruolo fondamentale alla lotta al Covid-19.
Per questo motivo, l’ultimo Dpcm firmato dal presidente del Consiglio (Dpcm 18 ottobre 2020), prevede diverse misure per contenere il contagio da Covid-19. Arriveranno, quindi, regole ancora più specifiche sul tale aspetto.
Ma vediamo nel dettaglio come il lavoro a distanza dopo il Dpcm 18 ottobre 2020 e quali sono le intenzioni governative.
Smart working nelle P.A. preferite le riunioni a distanza
Si precisa, sin da ora, che il Dpcm illustrato dal premier non contiene regole molto specifiche sul tema del lavoro a distanza. Tant’è vero che l’organizzazione del lavoro agile viene rimandata a un decreto del ministro della Pubblica Amministrazione.
L’intenzione, in ogni caso, è quella di aumentare la quota consigliata dal Comitato tecnico scientifico, che è del 70% ma si è discusso sull’alzare asticella ad un possibile 75%.
Inoltre, sempre nel testo del Dpcm si legge che nell’ambito delle P.A. le riunioni si svolgono in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni; anche le riunioni private sono fortemente raccomandate in modalità a distanza.
Smart working per dipendenti privati e professionisti
Nell’ambito del settore privato, il Governo ha annunciato delle “raccomandazioni” a limitare gli spostamenti per finalità lavorative e incrementare la quota di smart working.
In altre parole, laddove lo smart working può essere utilizzato, non c’è alcun bisogno che i dipendenti si rechino sul posto di lavoro, rischiando inutilmente di essere contagiati. Pertanto, l’appello del Governo – in questo senso – è di favorire sempre il lavoro a distanza.
Smart working: fino a quando
Si specifica, sul punto, che la recente proroga dello stato di emergenza, fino al 31 gennaio 2021, interviene indirettamente anche sullo smart workinh. Infatti, fino alla predetta data, i datori di lavoro – sia privati che pubblici – possono utilizzare il lavoro a distanza in maniera “semplificata”.
Cosa vuol dire? Ebbene, il differimento del termine dello stato di emergenza permette alle aziende di collocare i lavoratori in smart working in modo unilaterale e senza gli accordi individuali previsti dalla L. n. 81/2017.
Su questo aspetto, la P.A. ha fatto un importante passo in avanti, prorogando fino al prossimo 31 dicembre il lavoro agile per il 50% dei dipendenti con mansioni che possono essere svolte da casa.
Smart working per caregivers, lavoratori disabili e figli disabili
Regole ad hoc sono previste, invece, per i lavoratori disabili. Sul punto, i datori di lavoro – dopo il 15 ottobre 2020 – possono stipulare degli accordi aziendali con le rappresentanze sindacali aziendali (RSA/RSU) o territoriali che regolamentino il ricorso allo smart working.
Nello specifico, possono prevedere, ad esempio, priorità di accesso ai lavoratori con handicap o che assistano familiari in tali condizioni.
Diversamente, i genitori con figli disabili under 14, messi in quarantena dall’Asl dopo un contagio, avvenuto a scuola, con una persona positiva al Covid-19, possono ricorrere:
- allo smart working;
- a un congedo indennizzato (al 50% delle retribuzioni).
Si ricorda, infine, che possono fruire del congedo unicamente chi ha uno solo dei genitori conviventi con il figlio, oppure entrambi, ma alternativamente.
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