Dopo l’estate rovente del 2024, l’Italia si ritrova di nuovo alle prese con temperature record. E, come già avvenuto lo scorso anno, alcune regioni italiane si muovono in anticipo per tutelare la salute dei lavoratori esposti al caldo estremo. La Regione Lazio prima e la Regione Calabria poi, hanno emesso nuove ordinanze che vietano il lavoro all’aperto nelle ore più calde della giornata, provvedimenti che ricalcano le misure già adottate nel 2024 e che ora si estendono ufficialmente all’estate 2025.
Calabria, stop al lavoro dalle 12:30 alle 16:00, fino al 31 agosto
Firmata il 10 giugno 2025 dal presidente della Regione Calabria, l’ordinanza prevede il divieto di svolgere attività lavorative in condizioni di esposizione prolungata al sole, dalle ore 12:30 alle 16:00, sull’intero territorio regionale. Il provvedimento riguarda in particolare i settori agricolo, florovivaistico e dei cantieri edili e affini.
Il divieto resterà in vigore fino al 31 agosto 2025, ma sarà attivo soltanto nei giorni in cui le mappe del portale Worklimate — sviluppate da INAIL e CNR — segnaleranno un livello di rischio “ALTO” per i lavoratori esposti al sole con attività fisica intensa.
Anche il Lazio anticipa le misure contro il caldo estremo
Lo stesso provvedimento è stato adottato pochi giorni fa anche dalla Regione Lazio, che ha imposto analoghe limitazioni al lavoro nelle ore più calde, sempre dalle 12:30 alle 16:00, nei giorni identificati come a rischio “ALTO” dalle mappe climatiche di INAIL e CNR.
L’ordinanza, tuttavia, non si applica alle pubbliche amministrazioni, ai concessionari di pubblici servizi e ai loro appaltatori quando eseguano interventi di pubblica utilità, di protezione civile o di salvaguardia della pubblica incolumità, ferma restando l’adozione di idonee misure organizzative per ridurre, a un livello accettabile, il rischio di esposizione alle alte temperature dei lavoratori.
Lazio e Calabria diventano così precursori di una politica regionale che potrebbe presto estendersi ad altre parti del Paese, rispondendo così in modo coordinato alle emergenze derivanti dalle sempre più frequenti ondate di calore.
Una misura necessaria e giuridicamente fondata
Le ordinanze regionali si fondano su disposizioni nazionali in materia di igiene e sanità pubblica, come l’articolo 32 della Costituzione e il decreto legislativo 81/2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. L’obiettivo è prevenire lo stress termico, i colpi di calore e i danni alla salute, che colpiscono soprattutto i soggetti più deboli e i lavoratori impegnati all’aperto senza adeguate protezioni.
Sono esclusi dal divieto solo gli interventi improrogabili legati al ripristino di servizi essenziali, mentre la mancata osservanza delle disposizioni potrà comportare sanzioni ai sensi dell’articolo 650 del Codice Penale.
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Microclima e rischio calore: cosa prevede la legge
Secondo l’articolo 2087 del codice civile, il datore di lavoro è tenuto a garantire la tutela della salute e della sicurezza dei propri lavoratori. In particolare, è necessario considerare attentamente il microclima presente nei luoghi di lavoro, inserendo questo fattore nella redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR). Questo obbligo riguarda sia ambienti troppo freddi che troppo caldi.
In riferimento al rischio calore, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato la Nota 5056 del 13 luglio 2023, fornendo chiare indicazioni operative per proteggere la salute dei lavoratori. Questa nota riassume le precedenti disposizioni prot. INL n. 4639 del 02/07/2021 e n. 3783 del 22/06/2022, oltre alle indicazioni specifiche della nota prot. INL 4753 del 26/07/2022.
Divieto di lavoro all’aperto nelle ore calde: verso un’estensione nazionale?
Il caso calabrese segue quanto già avviato dalla Regione Lazio e da numerose regioni nel corso del 2024 e rappresenta un segnale chiaro: il clima sta cambiando e la normativa sul lavoro deve evolversi di conseguenza.
Queste ordinanze si inseriscono in un vuoto normativo che, pur prevedendo obblighi generali per i datori di lavoro in materia di sicurezza, non impone ancora limiti vincolanti specifici per temperature estreme.
Ci si aspetta ora che altre regioni seguano l’esempio, mentre cresce la richiesta da parte dei sindacati e delle associazioni di categoria di una regolamentazione nazionale univoca e strutturale.
Conclusioni
Il caldo estremo non è più un’eccezione, ma una realtà sempre più frequente. Le ordinanze regionali, come quella emanata in Calabria, rappresentano una risposta concreta e tempestiva a una minaccia ambientale che ha impatti diretti sulla salute e la sicurezza dei lavoratori. Una misura necessaria in attesa di una risposta più ampia e organica da parte del legislatore nazionale.