Dal varo dell’ultima manovra, le modifiche alla portata applicativa del meccanismo di pensionamento denominato ‘Opzione donna‘ hanno fatto discutere ed hanno lasciato spazio a non poche proposte e richieste di correzione. Ecco perché con l’imminenza dell’approvazione del decreto Lavoro, tra le possibili novità in vista emerge anche quella di un ampliamento del regime di pensione anticipata, di cui alla citata Opzione prevista per le lavoratrici. Il Governo sembrava intenzionato ad apporre degli aggiustamenti alle regole sul meccanismo. Tuttavia c’è stato uno stop alle modifiche in materia.
Aggiornamento: no al ripristino di “Opzione donna” come era fino al 2022. La Camera ha infatti bocciato le mozioni dell’opposizione che volevano un ritorno al “vecchio meccanismo” modificato dall’ultima legge di Bilancio. Pertanto al momento rimangono attivi i nuovi requisiti previsti dalla Manovra 2023, così come recepiti e illustrati dall’INPS con la circolare 25/2023.
Quali novità avremmo potuto avere con un voto favorevole della mozione della minoranza per Opzione donna? Proviamo a fare chiarezza nel corso di questo articolo.
Opzione donna 2023: le modifiche di cui alla manovra e l’assetto precedente
Da quasi 20 anni il meccanismo agevolato di pensionamento denominato ‘Opzione donna’ è operativo in Italia. In passato il sistema permette l’uscita dal mondo del lavoro e il pensionamento:
- a 58 anni di età per le dipendenti e a 59 per le lavoratrici autonome (requisito anagrafico);
- raggiungendo il requisito di 35 anni di contributi regolarmente versati.
A controbilanciare l’agevolazione in oggetto il fatto che l’assegno pensionistico è quantificato con un sistema del tutto contributivo e, dunque, meno conveniente per la lavoratrice rispetto al retributivo.
Le ultime novità giunte con la legge di Bilancio 2023 hanno di fatto ristretto notevolmente il bacino delle potenziali beneficiarie di Opzione donna, in quanto queste debbono alla data della domanda:
- essere state licenziate o essere dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero;
- avere una disabilità acclarata e certificata uguale o maggiore del 74% (invalidità civile);
- assistere, da almeno 6 mesi, persone disabili conviventi, con handicap acclarato in stato di gravità ex legge 104.
Non solo. L’attuale maggior rigidità del meccanismo di pensionamento agevolato “Opzione Donna” è data anche dall’aggiornamento dei requisiti di età e di contributi raggiunti entro il 31 dicembre dello scorso anno. Questo il quadro:
- età minima pari a 60 anni sia per le lavoratrici subordinate che per le autonome;
- anticipo di un anno per ciascun figlio, entro un massimo di due con di conseguenza 58 anni per chi ha avuto due figli (come pure per le disoccupate).
In ragione di questi requisiti, non sono mancate le critiche dei sindacati, che infatti hanno sottolineato come il nuovo meccanismo restringa ad un numero assai esiguo le beneficiarie dell’anticipo pensionistico. Sarebbero infatti soltanto alcune migliaia le donne agevolate da questa ‘scorciatoia’ pensionistica.
Opzione donna riveduta e corretta? Le possibili novità in arrivo
Vero è che il Ministero del Lavoro ha più volte annunciato modifiche ad Opzione donna, dopo che la legge di Bilancio n. 197 del 2022 ne ha ristretto pesantemente i requisiti di accesso. Anzi già lo scorso gennaio si è aperto un tavolo di confronto con le associazioni rappresentative delle lavoratici per varare dei correttivi meno penalizzanti.
Ebbene, proprio nei giorni scorsi è circolata la bozza del citato testo del decreto Lavoro e, se è vero che nel documento non si parla dettagliatamente di pensioni, tuttavia le ultime novità ed indiscrezioni sui lavori di ultimazione del testo indicano che il Ministero del Lavoro pare intenzionato ad inserire in extremis alcune sostanziali modifiche per Opzione donna. Ricordiamo peraltro che la tabella di marcia indica nel primo maggio il giorno di approvazione della bozza, in sede di CdM.
Che cosa potrebbe cambiare nel meccanismo citato? Oltre a quanto già indicato dal Ministero, secondo cui sarebbe preferibile pareggiare l’età di uscita delle dipendenti e delle autonome, le ipotesi circolate finora sono sostanzialmente le seguenti:
- un prolungamento della facoltà di uscita anticipata ad aprile o a luglio di quest’anno, ma con i requisiti della precedente versione di Opzione donna (uscite con 35 anni di versamenti contributivi e 58 anni d’età per le lavoratrici subordinate e 59 per le autonome);
- anticipazione del pensionamento a 59 anni per tutte le lavoratrici e a 58 anni per le categorie svantaggiate di cui alla manovra (ci riferiamo alle suddette licenziate o lavoratrici di aziende in crisi, caregiver e invalidi civili);
- cancellazione del requisito del numero di figli per l’abbassamento dell’età e l’uscita agevolata.
La questione risorse disponibili
In conclusione, restiamo in attesa del testo del decreto Lavoro in cui, con la sua approvazione in CdM, troveremo con tutta probabilità anche novità sul discusso tema di Opzione donna. Il nodo non è soltanto politico, ma è anche e soprattutto economico: ci riferiamo ovviamente alle effettive risorse disponibili al fine di allargare il meccanismo.
E a contribuire a fare chiarezza sulla ‘capacità’ economica dello Stato di garantire i correttivi ed altri interventi, non potrà che essere il Def – ovvero il Documento di economia e finanze redatto dal Governo con cadenza annuale a costituire il maggiore strumento di programmazione economico-finanziaria italiana pubblica nel medio termine.
Leggi anche: codice fiscale per stranieri, guida multilingua aggiornata dell’Agenzia delle Entrate
Argomenti
⭐️ Segui Lavoro e Diritti su Google News, YouTube, Facebook o via email