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Home»Pensioni Oggi»Riscatto degli anni di laurea per la pensione, no alla neutralizzazione

Riscatto degli anni di laurea per la pensione, no alla neutralizzazione

Claudio Garau2 Luglio 20244 Mins Read
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Con una sentenza depositata il 27 giugno scorso, la Consulta offre alcuni interessanti chiarimenti in tema di riscatto anni di laurea.

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Riscatto della Laurea

In materia di pensioni le norme non sono sempre di facile interpretazione e comprensione. Tuttavia in supporto del cittadino vi è una copiosa giurisprudenza che aiuta ad orientarsi in una vera e propria ‘giungla’ di regole e istruzioni. Recentemente la Consulta ha preso parola con una sentenza che merita di essere conosciuta perché affronta il delicato tema dei trattamenti previdenziali, ricordando che il cd. riscatto non è neutralizzabile, e questo anche se ha portato ad un abbattimento di quanto spettante.

Considerata rilevanza di questi temi, di seguito ne parleremo e vedremo insieme i punti chiave della sentenza n. 112 del 21 maggio scorso, ma depositata pochi giorni fa. I dettagli.

Leggi anche: permessi legge 104, la Cassazione fa luce su un caso molto comune di abuso

Pensioni, no alla neutralizzazione del riscatto degli anni di laurea

Premettiamo che il riscatto permette al lavoratore e alla lavoratrice di coprire, a proprie spese, alcuni periodi espressamente previsti dalla legge, scoperti da contribuzione. Tali contributi da riscatto hanno la stessa efficacia e validità dei contributi obbligatori.

Ebbene, come indicato nel comunicato dell’Ufficio Stampa della Corte, il riscatto degli anni di laurea non può essere fatto oggetto di neutralizzazione, per passare nel computo della pensione dal sistema retributivo a quello misto. Questo è quanto in sostanza emerge in sostanza dal testo della sentenza n. 112 depositata il 27 giugno 2024.

In essa in particolare è stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni:

  • art.1, comma 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (c.d. Riforma Dini del sistema pensionistico);
  • art. 1, comma 707, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015).

La questione era stata sollevata su impulso del Tribunale di Roma, nelle vesti di giudice del lavoro.

Il caso concreto

La vicenda è interessante in quanto precisa i limiti del principio di neutralizzazione, già peraltro riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale. L’appena citata questione aveva ad oggetto un asserito contrasto dei summenzionati articoli, con quanto dettato dagli artt. 3 (principio di uguaglianza) e 38 della Costituzione italiana.

In particolare – si legge nel comunicato – il Tribunale della Capitale considerava incostituzionali dette disposizioni:

nella parte in cui non è previsto il diritto alla neutralizzazione dei contributi versati in seguito al riscatto volontario degli anni di laurea, quando ciò sia necessario per uscire dal sistema retributivo di computo della pensione, applicabile all’interessato proprio in virtù del riscatto, e accedere al sistema misto, rivelatosi più conveniente al momento del pensionamento.

In base a quanto indicato nel testo della sentenza n. 112, al fine di attivare il principio di neutralizzazione non è sufficiente che questi contributi – tipicamente versati all’inizio dell’attività lavorativa – siano irrilevanti rispetto alla maturazione del diritto alla pensione. Tale principio può agire, spiega la Corte, meramente all’interno del sistema retributivo onde escludere dalla base pensionabile i contributi che siano:

  • non solo aggiuntivi rispetto al perfezionamento del requisito minimo contributivo,
  • ma altresì legati all’ultima porzione della carriera professionale e corrispondenti a retribuzioni che, in quanto inferiori a quelle percepite anteriormente, possano incidere in senso riduttivo sulla pensione virtualmente già conseguita.

Invece, nel caso affrontato dalla Corte, la neutralizzazione non è stata considerata per annullare gli effetti nocivi che la contribuzione da riscatto ha prodotto nel quadro del sistema retributivo, ma – si legge nel testo della sentenza n. 112 – per:

fuoriuscire da quel sistema, rivelatosi (contrariamente alle aspettative) meno conveniente e al quale aveva avuto accesso esercitando, liberamente, la facoltà di riscattare un periodo non coperto da contribuzione obbligatoria.

Il rilievo del principio di certezza del diritto in materia di pensioni

Nel Comunicato dell’Ufficio Stampa della Consulta, si precisa che secondo l’orientamento della Corte, in sostanza, non è possibile ‘scegliere’ il sistema di computo del trattamento pensionistico in riferimento a una valutazione compiuta soltanto nel momento del pensionamento, perché altrimenti questo andrebbe contro con il principio di certezza del diritto, vale a dire uno dei capisaldi dell’intero sistema previdenziale, come già affermato dalla stessa Corte nella sentenza n. 82 del 2017:

In quest’ultima decisione, del resto, si è aggiunto (riprendendo spunti già rinvenibili nella sentenza n. 388 del 1995) che il principio di neutralizzazione serve a evitare la compromissione della misura della prestazione potenzialmente maturata, «soprattutto quando sia più esigua per fattori indipendenti dalle scelte del lavoratore».

Questo è quanto ulteriormente precisa la sentenza n. 112 depositata qualche giorno fa, rimarcando che la funzione del riscatto degli anni di laurea si esaurisce nell’incremento dell’anzianità contributiva. In ragione di ciò, nel provvedimento in oggetto la Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale poste alla sua attenzione.

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