I giudici della Corte di Cassazione si sono espressi sull’obbligo o meno dell’INPS di corrispondere gli assegni familiari (ANF) ai lavoratori somministrati. Per gli Ermellini la domanda volta ad ottenere la prestazione sociale deve trovare accoglimento, anche per i periodi in cui il lavoratore stesso rimane a disposizione dell’agenzia di somministrazione.
Quindi, anche per il lasso di tempo nel quale il lavoratore somministrato rimane a casa ha comunque diritto a percepire gli ANF. Ciò in relazione al fatto che il lavoratore somministrato in situazione di disponibilità deve essere parificato ai “lavoratori che prestano lavoro retribuito alle dipendenze di altri”.
Assegni familiari (ANF) per lavoratori somministrati: il caso
La questione trae origine da un lavoratore, inquadrato con contratto di somministrazione, che aveva fatto domanda di assegni per il nucleo familiare. L’istanza era volta all’ottenimento della prestazione sociale per tutta l’effettiva durata del rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell’agenzia di somministrazione di lavoro.
L’INPS ritiene di non dover corrispondere la prestazione, specie per il periodo in cui il lavoratore non eseguiva la prestazione, percependo esclusivamente l’indennità di disponibilità. Tuttavia, sia in primo che secondo grado di giudizio, l’INPS vede soccombere le proprie ragioni sotto le pronunce dei giudici.
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In particolare, secondo la Corte d’Appello di Brescia il lavoratore assunto a tempo indeterminato dalle agenzie di somministrazione di lavoro aveva diritto agli ANF anche durante i periodi nei quali rimaneva in attesa di assegnazione percependo l’indennità di disponibilità.
A nulla rilevava la circostanza sollevata dall’INPS, secondo cui gli ANF devono essere negati quando la prestazione lavorativa manchi; in conseguenza della insussistenza del sinallagma funzionale e del diritto alla retribuzione per difetto della corrispettività.
Infatti, nel caso di specie, il sinallagma funzionale del rapporto di lavoro era in essere tra lavoratore e datore di lavoro. Da un lato, il lavoratore si obbligava a rimanere a disposizione della agenzia pronto per essere inviato a prestare la propria attività lavorativa presso l’impresa somministrata; e dall’altro, a fronte di tale obbligazione, l’agenzia si obbligava a corrispondere l’indennità di disponibilità.
Alla luce di ciò, sussistevano i presupposti per l’erogazione degli assegni per il nucleo familiare.
L’INPS impugnava nuovamente la sentenza e ricorreva in Cassazione.
Assegni familiari: la sentenza
La Suprema Corte rigetta il ricorso dell’INPS e stabilisce l’obbligo di corrispondere gli ANF anche ai lavoratori somministrati, con indennità di disponibilità. Secondo gli Ermellini, i rapporti di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro sono soggetti alla disciplina generale dei rapporti di lavoro. Infatti, il rapporto di lavoro resta in vita anche quando il lavoratore non è inviato in missione ma rimane in attesa di assegnazione. La messa a disposizione di energie lavorative, obbligazione che contrassegna il lavorare alle dipendenze altrui, è presente anche nel periodo di attesa e si colloca nella fase preparatoria dell’adempimento.
Rimane altresì la continuità giuridica, caratteristica della subordinazione, pur a fronte della discontinuità della prestazione. Ne deriva che negli intervalli di non lavoro, fra una missione e l’altra, si configura un obbligo a carico del datore. Gli effetti si traducono nel pagamento di un’indennità di disponibilità che ha natura retributiva e di corrispettivo dell’obbligazione della messa a disposizione del lavoratore.
In definitiva, il riconoscimento degli ANF ai lavoratori somministrati anche nella fase di disponibilità risponde alle caratteristiche peculiari del lavoro somministrato a tempo indeterminato ed alla ratio dell’istituto degli ANF.
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