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Il dipendente può criticare l’azienda su Facebook? Cosa dice la Cassazione

È legittimo criticare l'azienda su Facebook? Si può essere licenziati per questo? A quali conseguenze va incontro il dipendente che muove pesanti offese al datore di lavoro postandole pubblicamente?


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di - 4 Maggio 2018

A quanti di noi viene voglia almeno una volta di criticare l’azienda su Facebook? Ma si può criticare il proprio datore di lavoro con altre persone o addirittura denigrarlo pubblicamente sui social? Sicuramente ti sarai chiesto a quali provvedimenti andrai incontro per un simile comportamento, e se puoi essere addirittura licenziamento per questo. La risposta non è sempre così scontata e univoca, in quanto occorre sempre fare riferimento all’entità della critica.

Sul tema un’importante spunto giurisprudenziale è stato fornito dai giudici della Corte di Cassazione, che con sentenza n. 10280/2018, hanno ritenuto a tutti gli effetti legittimo il licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore che aveva incautamente usato parole e frasi scurrili e lesive nei confronti dell’azienda postandole su Facebook. Vediamo quindi cosa dice la Cassazione ovvero se criticare l’azienda su Facebook sia lecito o meno.

Licenziamento per diffamazione su Facebook: la vicenda

Il caso trae origine da un licenziamento per diffamazione su Facebook intimato a una dipendente di un’impresa di commercio, che aveva pubblicamente postato alcuni commenti su Facebook esprimendo il suo disprezzo per il posto in cui lavorava.

“Mi sono rotta i c… di questo posto di m… e per la proprietà”. È uno dei commenti incriminati espressi dalla dipendente che hanno poi pesato nel giudizio della Suprema Corte. Alla fine della frase la dipendente aveva addirittura aggiunto anche il nome dell’azienda.

Chiaramente l’azienda si è accorta del commento offensivo e ha optato per il licenziamento per giusta causa. Licenziamento basato sul vincolo fiduciario tra azienda e dipendente che, purtroppo, dopo le esternazioni di quest’ultima era stato irreparabilmente leso.

La donna aveva impugnato il licenziamento. La stessa aveva affermato che il messaggio in questione era accessibile esclusivamente alle persone ammesse al suo profilo, e quindi solo alla lista di amici su Facebook. Inoltre, sempre secondo la dipendente, il linguaggio usato era in linea con quello utilizzato solitamente nel predetto social network.

Criticare l’azienda su Facebook: il parere della Cassazione

Dello stesso parere non è stata la Corte di Cassazione. Gli ermellini hanno respinto pienamente la tesi della dipendente, specificando che il gravame della decisione risiede proprio nell’utilizzo di frasi scurrili sui social. Il commento in questione è stato giudicato diffamatorio e diffuso per mezzo di un canale, come quello che è Facebook, potenzialmente illimitato.

La Suprema Corte non ha tenuto conto della difesa della lavoratrice che riteneva il provvedimento fortemente sproporzionato. Soprattutto se l’uso della bacheca voleva restringere la diffusione ai soli interlocutori ammessi al profilo e che le espressioni veicolate sul social network sono di uso corrente nel linguaggio dei social. Anzi, la posizione è molto netta e chiara.

“La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca ’facebook’ integra un’ipotesi di diffamazione, per la potenziale capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, posto che il rapporto interpersonale, proprio per il mezzo utilizzato, assume un profilo allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione”.

Licenziamento per chi critica l’azienda su Facebook: i pareri precedenti

La vicenda non è sicuramente nuova ai giudici della Cassazione. Già con sentenza n. 13799/2017 era stata affronta la questione di una donna licenziata dalla sua azienda per aver pubblicato su Facebook un messaggio dal presunto contenuto diffamatorio e lesivo della reputazione del datore di lavoro. In quella decisione, la Corte di Cassazione ha ordinato la reintegra della dipendente, poiché il post incriminato non aveva contenuto realmente diffamatorio e, quindi, non offendeva l’onore e la reputazione del datore di lavoro.

Ne consegue che, se il post non è considerato diffamatorio e non lede l’immagine dell’azienda, allora il licenziamento è illegittimo. Ciò in relazione al fatto che esiste un diritto di critica che può essere liberamente espresso. A patto che quest’ultimo non comprometta la fama e il buon nome dell’azienda.

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Tags: CassazioneLicenziamento