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di Daniele Bonaddio - 13 Novembre 2018
Come anticipato dall’Ufficio stampa della Corte Costituzionale il 26 settembre scorso, il criterio utilizzato per determinare l’indennità di licenziamento ingiustificato è contrario alle norme della Costituzione. Non è dunque possibile basare l’indennità risarcitoria solamente sull’anzianità di servizio, in quanto lede i principi di ragionevolezza e di uguaglianza. Inoltre, quanto previsto dal Jobs Act in materia di indennità risarcitoria, recentemente modificato dal Decreto Dignità (ma non nella sostanza), contrasta anche con il diritto e la tutela del lavoro.
A stabilirlo è la Corte Costituzionale con la sentenza n. 194 depositata l’8 novembre 2018. Quali saranno, dunque, i nuovi criteri per determinare le mensilità da corrispondere al lavoratore ingiustamente licenziato? Andiamo con ordine e vediamo i dettagli della sentenza.
Il nuovo metodo di calcolo da utilizzare per determinare l’indennità risarcitoria in caso di licenziamento giudicato ingiustificato da parte del giudice nei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, è stato introdotto dall’art. 3, co. 1 del D. Lgs. n. 23/2015.
Tale norma prevede che nel caso in cui il giudice accerti che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO) o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il lavoratore ha diritto:
Tale criterio è stato sostanzialmente confermato dal recente Decreto Dignità (L. n. 96/2018), che ha solamente incrementando i limiti di mensilità delle indennità risarcitorie che l’azienda è tenuta a corrispondere al dipendente.
Sul punto, l’art. 3 del D.L. 12 luglio 2018, n. 87 ha aumentato:
Leggi anche: Licenziamento illegittimo, quali modifiche dal Decreto Dignità
Dunque, in caso di licenziamento ritenuto dal giudice del lavoro ingiustificato, a decorrere dal 12 agosto 2018 si applicano dei limiti nettamente maggiori, ossia da 6 a 36 mensilità (oppure da 3 a 6 per le PMI). Dunque, in caso di licenziamento ingiustificato di un dipendente con un’anzianità di servizio pari a 17 anni, il datore di lavoro arriverebbe a pagare fino a 34 mensilità, sforando quindi il limite massimo previsto dalla previgente normativa, pari a 24 mensilità.
Quanto finora descritto costituisce la regola da seguire per i datori di lavoro con più di 15 dipendenti che licenziano in maniera illegittima un dipendente per GMO, giustificato motivo soggettivo o giusta causa. Inoltre, riguarda tutti i lavoratori rientranti nella disciplina delle c.d. “tutele crescenti”.
Per i giudici della Corte Costituzionale il meccanismo di calcolo appena illustrato è incostituzionale. Non è possibile basare l’importo risarcitorio, ossia le mensilità da prendere a riferimento, esclusivamente in funzione dell’anzianità di servizio. Ciò rendere, a detta dei giudici, l’indennità “rigida” e “uniforme” per tutti i lavoratori con la stessa anzianità, così da farle assumere i connotati di una liquidazione “forfetizzata e standardizzata”.
Dunque è necessario considerare anche altri fattori ed elementi “desumibili in chiave sistematica dall’evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti”, quali:
Il Jobs Act, infatti, contrasta:
È dunque ragionevole ritenere che si possa tornare alla situazione in cui il giudice di merito deciderà caso per caso l’importo di questa indennità risarcitoria.
Alleghiamo in ultimo il testo della Sentenza per la sua completa lettura.