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Decadenza Naspi, in caso di lavoro autonomo preesistente non comunicato ad Inps

Con un'ordinanza del 9 gennaio scorso, la Corte di Cassazione ha indicato lo stop della Naspi in una situazione non rara. Vediamo qual è.


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di - 17 Gennaio 2024

Attenzione a rispettare tutti i requisiti di accesso alla Naspi, ovvero l’indennità di disoccupazione che supporta coloro che perdono il lavoro. La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, infatti, è un ammortizzatore sociale che segue specifiche regole – come ad es. quelle relative alla durata del versamento mensile e all’importo del contributo – e che è subordinato alla sussistenza di un evento di disoccupazione involontaria.

Di seguito non intendiamo trattare dei singoli dettagli del funzionamento della Naspi, ma considerare un caso specifico che può far perdere il diritto all’erogazione dell’indennità mensile di disoccupazione.

Recentemente la Corte di Cassazione si è pronunciata a riguardo, giungendo a conclusioni assai interessanti e che fanno ulteriore luce sul funzionamento della prestazione in oggetto. Ecco alcuni utili dettagli.

Decadenza Naspi: la disoccupazione si perde in caso di lavoro autonomo anteriore non comunicato ad Inps

Secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte con un provvedimento di inizio 2024, la mancata comunicazione da parte del percettore della Naspi – in merito all’attività di lavoro autonomo già in corso al momento della domanda – può determinare lo stop della misura di sostegno contro la disoccupazione.

Si tratta, in particolare, di quanto emerge dall’ordinanza della Cassazione n. 846 del 9 gennaio scorso. La vicenda all’attenzione della Corte atteneva ad un lavoratore, nei confronti del quale l’istituto di previdenza aveva determinato la decadenza della Naspi per un motivo ben preciso: era emerso lo svolgimento – durante il periodo coperto dall’indennità di disoccupazione – di un’attività di lavoro autonomo.

Ma essenziale nella scelta dell’istituto è stata l’inerzia del lavoratore che, infatti, non aveva comunicato il reddito annuo previsto, o potenziale, alla stesso istituto di previdenza. Ciò rappresenta una condizione prevista dalla legge, ed in particolare dall’art. 10, comma 1, del decreto legislativo n. 22 del 2015, che si occupa espressamente del riordino della disciplina degli ammortizzatori sociali.

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Da notare che nei precedenti gradi di giudizio, i magistrati non avevano dato ragione all’Inps, evidenziando l’impossibilità di applicare il citato articolo al caso in oggetto, in quanto relativo al mero caso di inizio di una nuova attività autonoma. Nella vicenda specifica, il lavoratore beneficiario di Naspi era già titolare di partita Iva alla data della domanda dell’indennità di disoccupazione (che come è noto si fa online attraverso il servizio ad hoc di Inps).

I giudici di primo e secondo grado avevano così respinto la decisione dell’Inps, sostenendo che l’articolo 10 si riferisse – espressamente – all’inizio di una nuova attività durante la percezione della Naspi. Mentre, come detto, il beneficiario era già titolare di partita Iva al momento della richiesta dell’indennità.

La posizione della Cassazione dà ragione all’Inps

Ben diverso l’orientamento della Corte di Cassazione, che infatti ha emanato la summenzionata ordinanza del 9 gennaio:

In sostanza, il giudice di legittimità ha dato ragione all’Inps e concordato con la sua tesi. In particolare l’interpretazione della norma si deve fondare su una lettura estensiva dell’art. 10, comma 1 succitato, ovvero il significato da attribuire alle parole:

il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la Naspi intraprenda una attività autonoma

è che lo stesso include non solo una nuova attività, ma anche quelle esercitata contemporaneamente al conseguimento dell’indennità di disoccupazione.

Peraltro, a supporto della tesi, la decisione della Corte fa riferimento anche a quanto disposto dall’art. 9 comma 3, dello stesso d. lgs n. 22 del 2015. In esso si dispone in particolare che un lavoratore con due o più rapporti di lavoro dipendente a tempo parziale, che cessa da uno di essi e il cui reddito resta incluso in specifici parametri, avrà comunque diritto alla indennità di disoccupazione Naspi – ma con il dovere di rendere noto il reddito annuo previsto o potenziale entro 30 giorni dalla domanda dell’ammortizzatore sociale.

Conclusioni

Con l’ordinanza n. 846 del 9 gennaio scorso la Cassazione ha così stabilito la decadenza della Naspi, anche con lavoro autonomo anteriore al conseguimento dell’indennità stessa ove questa non venga comunicata.

Chi abbia un’attività in corso di svolgimento dovrà dunque ricordarsi di comunicare il reddito presunto o potenziale per l’anno, entro un mese dalla domanda attraverso il modello NASpI-Com. Altrimenti andrà incontro allo stop della misura.

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This post was last modified on 3 Maggio 2024

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Tags: CassazioneNASpI