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Mancato superamento periodo di prova e validità del licenziamento

In caso di licenziamento per mancato superamento del periodo di prova, la causa deve essere coerente con le mansioni e lo svolgimento della prova stessa


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di - 29 Ottobre 2018

Il potere del datore di lavoro di recedere dal contratto in prova, ovvero di procedere al licenziamento per mancato superamento del periodo di prova, deve essere coerente con la causa del patto stesso. La causa, in particolare, deve essere individuata nella tutela dell’interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro.

Pertanto, non è configurabile un esito negativo della prova ed un valido recesso qualora le modalità dell’esperimento non risultino adeguate ad accertare la capacità lavorativa del prestatore in prova. Infatti, se il lavoratore viene impiegato per un tempo esiguo o se effettua mansioni diverse da quelle per le quali era pattuita la prova, il periodo di prova è illecito. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26679 del 22 ottobre 2018.

Mancato superamento periodo di prova: la vicenda

Nel caso di specie, una lavoratrice ASL era stata licenziata durante il periodo di prova. La lavoratrice agisce per via vie legali e impugna il licenziamento.

In primo grado di giudizio il Tribunale di Savona rigetta l’impugnativa della lavoratrice. La Corte di Appelli di Genova, però, a in riforma della sentenza impugnata dalla soccombente condanna la ASL al risarcimento del danno in favore della lavoratrice. Il risarcimento ammonta a dieci mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre oneri accessori.

Nella prima pronuncia i giudici hanno ritenuto che la prova sia stata correttamente svolta; la sentenza di secondo grado invece ha ravvisato che la valutazione della prova da parte dell’azienda era illegittima. In altri termini, è emerso che il datore di lavoro non abbia dato una motivazione sufficientemente specifica ed a tratti contraddittoria rispetto alla realtà di fatto”.

Pertanto, escludendo a priori la reintegrazione nel posto di lavoro, i giudici della Corte d’Appello hanno comunque ritenuto opportuno riconoscere alla lavoratrice un risarcimento del danno stimato in dieci mensilità.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso in Cassazione, sia la ASL che la lavoratrice.

Impugnazione del licenziamento per mancato superamento del periodo di prova: i motivi

Con unico motivo la lavoratrice ritiene che la Corte di Appello avrebbe errato a negare la reintegrazione nel posto di lavoro. Ciò in relazione al fatto che nel rapporto di lavoro pubblico la motivazione dell’atto di recesso è un elemento essenziale, la cui assenza ne determina la nullità.

Per l’azienda invece, la Corte ligure avrebbe errato a pretendere che le motivazioni di recesso dovessero assumere le stesse caratteristiche articolate previste per un recesso per giusta causa o giustificato motivo. Inoltre, le valutazioni effettuate dal personale in forza motivavano l’esito negativo della prova.

Il periodo di prova: cos’è

In via preliminare, i giudici ricordano che durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d’indennità.

Ciò vale salvo che non si stabilisca a priori un tempo minimo necessario per la prova. Una volta compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva.

Leggi anche: Patto di prova: cos’è e come funziona il periodo di prova nel contratto di lavoro

Licenziamento in prova: la sentenza

I giudici della Suprema Corte hanno affermato che le motivazioni del recesso erano illegittime. In particolare la Cassazione precisa che le assunzioni alle dipendenze delle P.A. sono assoggettate all’esito positivo di un periodo di prova; e non per effetto di un patto inserito nel contratto di lavoro dall’autonomia contrattuale.

Sul punto, gli ermellini richiamano la giurisprudenza prevalente; questa afferma che l’esercizio del potere di recesso deve essere coerente con la causa del patto di prova. La causa si deve individuare infatti nella tutela dell’interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro.

Pertanto non è configurabile un esito negativo della prova ed un valido recesso qualora le modalità dell’esperimento non risultino adeguate ad accertare la capacità lavorativa del prestatore in prova.

Accade ciò, ad esempio, nel caso di esiguità del periodo in cui il lavoratore è sottoposto alla prova. Oppure quando  il prestatore espleti mansioni diverse da quelle per le quali era pattuita la prova.

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Tags: CassazioneLicenziamentopatto di prova