Con una Sentenza del 15 giugno, pubblicata in data 14 luglio 2016 con il numero 174, La Corte costituzionale, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98.
Pensione di reversibilità coniuge, stop alla norma “anti-badanti”
La norma dichiarata illegittima, definita a suo tempo “anti-badanti”, limitava l’ammontare della pensione di reversibilità quando il coniuge scomparso aveva contratto matrimonio a un’età superiore ai settant’anni e il coniuge superstite era più giovane di almeno vent’anni.
Per le pensioni liquidate dal 2012, era stata introdotta la regola che a fronte di un matrimonio tra una persona con più di settant’anni e un’altra più giovane di oltre vent’anni, l’importo della pensione di reversibilità sarebbe stato ridotto del 10% per ogni anno di matrimonio di durata inferiore a 10 anni.
Quindi per i matrimoni durati almeno 10 anni, la pensione di reversibilità è stata corrisposta interamente, mentre per quelli di durata inferiore la pensione di reversibilità è stata pari al 90, 80, 70% e via dicendo fino ad azzerarsi.
La Corte quindi, richiamandosi ad altre proprie decisioni analoghe, ha ritenuto irragionevole una limitazione del trattamento previdenziale, connessa solamente al dato dell’età avanzata del coniuge e della differenza di età tra i coniugi.
La Consulta ha ribadito che ogni limitazione del diritto alla pensione di reversibilità deve rispettare i
princìpi di eguaglianza e di ragionevolezza e il principio di solidarietà, che è alla base del trattamento pensionistico, e non deve assolutamente interferire con le scelte di vita dei singoli, espressione di libertà fondamentali.
La norma dichiarata incostituzionale si basava sulla presunzione che i matrimoni contratti da chi abbia più di settant’anni con una persona di vent’anni più giovane traggano origine dall’intento di frodare le ragioni dell’erario, in assenza di figli minori, studenti o inabili.
Fonte: Corte Costituzionale
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