In tanti si chiedono se, dopo un’esperienza lavorativa all’estero, sia possibile tornare in Italia e usufruire del regime agevolato per i lavoratori impatriati. La risposta, però, non è sempre sì.
Una recente sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia (n. 307/08/25 del 27 gennaio 2025) chiarisce che il rientro in Italia dopo un distacco non dà automaticamente diritto al beneficio fiscale per impatriati, se non ci sono reali elementi di discontinuità nel rapporto di lavoro.
Il caso: rientro in Italia dopo un distacco
Il protagonista della vicenda è un lavoratore che, dopo tre anni di lavoro all’estero (dal 2018 al 2020) in regime di distacco, è rientrato in Italia per un ruolo aziendale che riteneva diverso e più qualificato. Per questo ha chiesto di accedere al regime “impatriati”, in vigore per il periodo di imposta 2021.
Secondo l’interessato, il suo nuovo incarico era sostanzialmente diverso rispetto a quello ricoperto prima dell’espatrio e quindi compatibile con la normativa agevolativa prevista dall’art. 16 del D.lgs. n. 147/2015 (Decreto Internazionalizzazione).
La posizione dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate ha però negato il beneficio. Richiamando la circolare n. 33/2020, ha ribadito che il rientro in continuità con la posizione lavorativa precedente non consente di accedere al regime impatriati, anche se il ruolo post-rientro appare formalmente diverso.
Nel caso specifico, il contratto di lavoro italiano risultava semplicemente “sospeso” durante il distacco e riattivato senza sostanziali modifiche al rientro, con variazioni marginali nella retribuzione e nessuna novazione contrattuale. Insomma, nulla che dimostrasse un reale “nuovo inizio”.
Cosa ha deciso il giudice
Sia il primo che il secondo grado di giudizio hanno dato ragione all’Agenzia. In particolare, la Corte ha sottolineato che:
- il rientro era legato alla scadenza naturale del distacco,
- il ruolo in Italia non si discostava significativamente da quello precedente,
- le condizioni contrattuali e l’anzianità erano in continuità con il rapporto pre-distacco.
Secondo i giudici, il regime impatriati non può essere usato in modo “strumentale”, e va rispettata la ratio della norma, che punta ad attrarre davvero competenze dall’estero e non semplicemente a premiare chi ritorna per ricoprire la stessa posizione di prima.
Agevolazione rimpatriati, la nuova normativa del 2024 cambia le regole
Il contribuente ha fatto riferimento alla nuova disciplina introdotta con il D.lgs. n. 209/2023, in vigore dal 1° gennaio 2024, che prevede esplicitamente i casi di distacco.
Ma per i giudici questo non cambia nulla: la legge nuova non può essere applicata retroattivamente e per il 2021 vale ancora la disciplina precedente, più restrittiva.
In sintesi: attenzione al “come” si rientra
Il messaggio per i lavoratori che rientrano in Italia dopo un periodo all’estero è chiaro:
- Non basta essere stati fuori dal Paese per avere diritto al regime impatriati.
- È necessario che ci sia una reale discontinuità lavorativa: nuovo ruolo, nuovo contratto, nuova organizzazione.
- Se il distacco era solo una parentesi e il rientro ripristina la posizione precedente, il beneficio non si applica.
📌 Fonte: FiscoOggi, portale ufficiale dell’Agenzia delle Entrate – news del 19 maggio 2025
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