Con la sentenza n. 103 depositata l’8 luglio 2025, la Corte Costituzionale ha respinto le questioni di legittimità costituzionale riguardanti le sanzioni amministrative inflitte ai datori di lavoro che omettono il versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali trattenute dalla busta paga dei dipendenti. In particolare, la Corte ha dichiarato non fondata l’ipotesi di incostituzionalità dell’art. 2, comma 1-bis del D.L. n. 463/1983, come modificato nel 2023.
Sanzioni ai datori di lavoro che omettono il versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali: di cosa si tratta?
La normativa attuale prevede che, quando il datore di lavoro non versa all’INPS le ritenute fino a 10.000 euro annui, si applichi una sanzione pecuniaria da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso. Ad esempio, se il datore ha trattenuto 4.000 euro di contributi e non li ha versati, la sanzione può arrivare fino a 16.000 euro.
Esempio: una piccola impresa in difficoltà
Prendiamo l’esempio di Giorgio, titolare di una piccola azienda artigiana di provincia, che nel triennio 2013-2015 si è trovato a non poter versare i contributi INPS per via di gravi difficoltà finanziarie dovute alla crisi economica e al mancato pagamento di alcune fatture da parte dei clienti. Nonostante avesse regolarmente trattenuto i contributi in busta paga ai propri dipendenti, Giorgio non è riuscito a trasferirli all’INPS. L’ente previdenziale gli ha comminato sanzioni per oltre 70.000 euro.
Giorgio si è rivolto al giudice del lavoro contestando l’eccessiva severità della sanzione. Il Tribunale di Brescia ha sollevato la questione davanti alla Corte Costituzionale, ritenendo che una sanzione minima obbligatoria, senza margini di riduzione in base alla situazione del datore, potesse risultare sproporzionata e violare il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.).
Cosa ha deciso la Corte?
La Corte ha rigettato la questione, stabilendo che la norma è legittima. I giudici costituzionali hanno riconosciuto che:
- L’evasione contributiva lede diritti fondamentali dei lavoratori, privandoli di prestazioni previdenziali e assistenziali essenziali.
- Le somme trattenute sono parte della retribuzione dei lavoratori, e il mancato versamento costituisce un comportamento particolarmente grave.
- La sanzione amministrativa, pur severa, è proporzionata al disvalore del comportamento.
- Non è irragionevole che, in alcuni casi, la sanzione amministrativa per importi sotto i 10.000 euro sia più onerosa della pena convertita prevista per importi superiori. Ciò perché la responsabilità penale e quella amministrativa sono ontologicamente diverse: la prima comporta anche effetti sociali e giuridici (come indagini, processo e possibili pene accessorie) ben più afflittivi.
Perché è importante?
La decisione riafferma un principio fondamentale: le tutele previdenziali dei lavoratori non sono negoziabili. Anche nei casi di crisi d’impresa o difficoltà economiche, il datore di lavoro resta responsabile del corretto versamento delle ritenute.
La severità della norma vuole prevenire e scoraggiare condotte che, pur senza intento fraudolento, producono effetti gravissimi per i lavoratori.
In sintesi
- La Corte Costituzionale conferma la legittimità delle sanzioni da 1,5 a 4 volte l’importo omesso.
- Anche se la sanzione può essere molto pesante per piccole omissioni, la gravità dell’illecito giustifica l’approccio rigoroso.
- Le difficoltà economiche non giustificano di per sé l’omissione, ma possono eventualmente escludere la responsabilità se dimostrata l’assenza dell’elemento soggettivo (cioè l’intenzionalità).
📌 Fonti:
- Sentenza Corte Cost. n. 103/2025
- Comunicato stampa Corte Costituzionale, 8 luglio 2025.
Sentenza Corte Cost. n. 103/2025 (36,9 KiB, 0 hits)
Consulta, Comunicato Stampa 08/07/2025 (105,4 KiB, 0 hits)