Interessanti novità per i dipendenti appartenenti alle pubbliche amministrazioni. Secondo un recente intervento della Corte Costituzionale è assolutamente legittimo trattenere sulla busta paga dei dipendenti pubblici una piccola quota del Tfr corrispondente al contributo previdenziale obbligatorio soppresso. La misura, in particolare, è pari al 2,5% dell’80% della retribuzione del dipendente.
A stabilirlo è la Corte Costituzionale con la sentenza n. 213 del 22 novembre 2018. La trattenuta è dunque in linea con i principi della nostra Costituzione. L’intervento, infatti, mira ad evitare disparità di trattamento tra lavoratori in regime di TFS e lavoratori in regime di TFR. Vediamo i dettagli della sentenza.
Pubblica Amministrazione: regime IBU o TFS e TFR
Il Tribunale ordinario di Perugia aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale in merito all’art. 26, co. 19, della L. n. 448/1998, recante “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo”. In particolare il problema sorge:
- nella parte in cui, demandando a un Dpcm la definizione della struttura retributiva e contributiva dei dipendenti pubblici passati, ex lege, dal precedente regime del TFS o dell’IBU al regime del TFR, ha imposto il vincolo dell’invarianza della retribuzione netta nonostante la cessazione del prelievo contributivo a titolo di rivalsa.
In pratica, i ricorrenti, assunti dopo il 31 dicembre 2000 e sin dall’inizio in regime di Tfr, hanno chiesto di accertare l’illegittimità della trattenuta del 2,50% operata dal datore di lavoro pubblico a carico della loro retribuzione lorda mensile.
La riduzione della retribuzione lorda perseguirebbe l’obiettivo di garantire la parità di trattamento contrattuale dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Il giudice, però, denuncia un’arbitraria disparità di trattamento:
- tra i lavoratori dipendenti dello Stato e degli Enti Locali in regime di IBU o TFS;
- ed i dipendenti delle medesime amministrazioni in regime di TFR;
in quanto ai primi è riconosciuto un trattamento retributivo più elevato rispetto ai secondi. Infatti, i primi beneficerebbero di un trattamento più elevato, limitatamente a una somma pari al 2,5% sull’80% della base contributiva.
TFR dipendenti pubblici: pronuncia della Corte Costituzionale
Per la Corte Costituzionale la trattenuta in questione è legittima. La decurtazione della retribuzione lorda ai fini fiscali si prefiggerebbe di evitare disparità di trattamento tra lavoratori in regime di TFS e lavoratori in regime di TFR. Peraltro, il regime TFR si rivelerebbe più vantaggioso rispetto al regime TFS. Il Tfr, infatti, si incrementerebbe con un tasso superiore all’inflazione e la decurtazione della retribuzione lorda sarebbe poi recuperata in aumento ai fini previdenziali.
Dunque, la decurtazione della retribuzione non si atteggerebbe come un contributo previdenziale obbligatorio, ma sarebbe l’unico strumento atto a evitare un indebito vantaggio per il personale in regime di TFR. Ciò garantirebbe il principio dell’invarianza della retribuzione, riconducendo a eguaglianza i regimi retributivi e contributivi e scongiurando nuovi oneri a carico del bilancio statale.
Difatti, senza la decurtazione si determinerebbe un aumento della retribuzione lorda ai fini fiscali e, in pari tempo, della retribuzione netta. Ciò produrrebbe una disparità di trattamento economico fra dipendenti aventi la stessa retribuzione complessiva, in contrasto con il principio di parità di trattamento contrattuale e retributivo dei lavoratori delle P.A. che svolgano eguali mansioni.
La decurtazione, tra l’altro, sarebbe recuperata in virtù di un incremento figurativo ai fini previdenziali e del calcolo del Tfr, meccanismo correttivo finalizzato a evitare pregiudizi ai dipendenti in regime di TFR.
In definitiva, è legittimo per la Corte Costituzionale trattenere ai dipendenti della P.A. il 2,5% dell’80% della retribuzione. La posizione della Corte, inoltre, non è neanche in violazione con il diritto a una retribuzione sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato (art. 36 Cost.).
Corte Costituzionale, sentenza n. 213 del 22 novembre 2018
Di seguito il testo della Sentenza in oggetto.
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