La Banca d’Italia ha pubblicato uno studio intitolato “La mobilità del lavoro in Italia: nuove evidenze sulle dinamiche migratorie”, nel quale si esamina la mobilità interna al territorio nazionale dei lavoratori, dal punto di vista dei trasferimenti di residenza e del cd. “pendolarismo di lungo raggio”.
Trasferimenti di residenza
“Nel periodo 1990-2005 i trasferimenti di residenza nel Centro Nord sono aumentati. Nel Mezzogiorno, al contrario, è diminuita la già modesta mobilità di breve raggio, mentre è rimasta significativa l’emigrazione verso il Centro Nord; l’elemento che ha maggiormente contraddistinto il fenomeno è stato l’intensificarsi dell’emigrazione dei giovani meridionali più scolarizzati”.
Nel 2005 i trasferimenti di residenza tra comuni italiani sono stati oltre un milione e 300 mila; facendo così registrare il picco più alto degli ultimi quindici anni.
All’aumento dei trasferimenti di residenza ha in parte contribuito l’incremento degli stranieri residenti in Italia e la loro maggiore propensione migratoria rispetto agli italiani. Nel 2005, infatti, i trasferimenti di residenza degli immigrati rappresentavano il 14 per cento del totale dei trasferimenti.
La mobilità di breve raggio è molto alta nel Centro Nord ed è aumentata di quasi il 40% rispetto al 2009: 3 persone su 4 che si cancellano da un comune, s’iscrivono in uno della stessa regione. Al sud, al contrario, la mobilità di breve raggio interessa appena 11 persone ogni mille abitanti e, nel periodo considerato, è diminuita di oltre il 13 per cento.
L’elemento che ha maggiormente contraddistinto i flussi migratori degli ultimi anni è stato la “fuga” dal Mezzogiorno delle persone con un più elevato titolo di studio. Tra il 2000 e il 2005 sono emigrati oltre 80 mila laureati, pari in media annua a 1,2 ogni 100 residenti con un analogo titolo di studio.
L’Emilia-Romagna è la regione più attrattiva, con un saldo netto medio nel quinquennio 2001-2005 di 4,4 persone ogni mille residenti. I saldi netti sono negativi in tutte le regioni del Sud con l’unica eccezione dell’Abruzzo. Il deflusso di persone è particolarmente marcato in Campania e Calabria.
Chi sono i nuovi migranti
Negli ultimi anni è anche aumentata un altro tipo di mobilità definita come “pendolarismo di lungo raggio”. “Sono quegli occupati che lavorano in una località lontana da quella di residenza, così lontana da rendere improbabile rientri frequenti nel tempo. Nel 2007, circa 140mila residenti nel Mezzogiorno (pari al 2,3% degli occupati dell’area) lavoravano al Centro Nord; sono spesso giovani che non hanno ancora raggiunto la stabilità dal punto di vista familiare né occupazionale”.
I laureati si dirigono prevalentemente verso le grandi città del Centro Nord, come Roma, Milano e Bologna. In particolare, Calabria, Basilicata e Puglia registrano ogni anno un deflusso di circa un laureato ogni 100 residenti con un analogo titolo di studio.
Dallo studio emerge inoltre che, ad incidere fortemente sulle scelte migratorie delle persone, sono le opportunità lavorative. Il 13 per cento dei migranti (20 per quelli che emigrano dal Mezzogiorno) sono disoccupati l’anno precedente al trasferimento di residenza; l’anno successivo circa un migrante su due che era disoccupato ha trovato un’occupazione.
All’interno del rapporto di coppia, la perdita del lavoro riguarda soprattutto la coniuge o la convivente”.
Uno su due è un “colletto bianco” e lavora prevalentemente nell’intermediazione monetaria e finanziaria, e più in generale nei servizi alle imprese, e nella pubblica amministrazione; circa il 15 per cento lavora nell’industria.
I pendolari
Esiste anche un pendolarismo di più lungo raggio, tra comuni di province non confinanti. Nel Mezzogiorno, le persone che dichiaravano di lavorare in una provincia diversa e non confinante con quella di residenza erano pari al 2,5 per cento degli occupati residenti in tale area, più del doppio della corrispondente percentuale nel Centro Nord.
Nel 2007, circa 140 mila persone (il 2,3 per cento degli occupati) residenti nel Mezzogiorno indicavano il Centro Nord come luogo abituale di lavoro. Il fenomeno è più alto tra i giovani e tra i laureati, dove l’incidenza raggiunge il 4,4 e il 3,8 per cento, rispettivamente.
I pendolari di lungo raggio sono in prevalenza di sesso maschile, giovani e più istruiti; all’aumentare del raggio della mobilità cresce la quota degli occupati di sesso maschile che passa da circa il 56 per cento, quando lavorano nello stesso comune in cui risiedono, a oltre il 76 per cento, quando lavorano in una provincia non confinante.
La quota di impiegati e dirigenti tra gli occupati che lavorano lontano dal comune di residenza è quasi due volte quella degli stanziali. Circa un pendolare di lungo raggio su tre ha iniziato il lavoro attuale da meno di un anno e ha un contratto a tempo determinato, quasi il triplo rispetto alle corrispondenti percentuali degli stanziali.
I pendolari dal Mezzogiorno al Centro Nord con un basso titolo di studio sono quasi esclusivamente di sesso maschile (95 per cento), prevalentemente operai (78 per cento) e lavorano spesso nel settore dell’edilizia (45 per cento).
I laureati, al contrario, sono equilibrati per quanto riguarda la distribuzione per genere e, in 7 casi su 10, hanno un’età compresa tra i 25 e i 34 anni. Appartengono alla classe impiegatizia e lavorano per il 21 per cento nel terziario avanzato e per il 54 per cento nella pubblica amministrazione (prevalentemente nell’istruzione e nella sanità). In circa 4 casi su 10 hanno un contratto di lavoro a tempo determinato.
Gli occupati nel settore pubblico infine, tendono a lavorare o nel comune di residenza (60 per cento dei casi a fronte del 54 nel complesso degli occupati) o in un comune distante da quello di residenza, situato in una provincia non confinante con quella di residenza (2,2 per cento a fronte dell’1,6).
Fonte: www.bancaditalia.it