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Assumere moglie o figli in una ditta individuale: cosa si può fare e come dimostrare la subordinazione

Antonio Maroscia30 Ottobre 20255 Mins Read
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È possibile assumere un familiare anche in una ditta individuale? Ecco quali sono le regole da conoscere per farlo nel rispetto della legge.

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Assumere moglie o figli in una ditta individuale
Indice:
  • Il lavoro tra familiari può essere subordinato, ma va dimostrato
  • Assumere moglie o figli in una ditta individuale
  • Cosa dice la giurisprudenza
  • Come dimostrare la reale subordinazione? Una checklist utile
  • Quali sono i rischi se non si dimostra la subordinazione?
  • Assunzione familiare: meglio prevenire che curare

È possibile assumere un familiare come lavoratore subordinato nella propria azienda o ditta individuale? È questa la domanda da cui parte l’ultimo approfondimento della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, pubblicato il 28 ottobre 2025, che affronta in modo chiaro e aggiornato una questione tanto delicata quanto frequente nelle piccole imprese italiane.

Storicamente, il lavoro svolto tra parenti stretti – come figli, coniugi, fratelli o genitori – è stato oggetto di una presunzione di gratuità: si presumeva che le attività lavorative fossero svolte “per affetto” (affectionis vel benevolentiae causa), e quindi senza un vero contratto di lavoro o senza diritto a retribuzione e contributi previdenziali. Ma oggi la situazione è diversa.

Il lavoro tra familiari può essere subordinato, ma va dimostrato

Secondo la Fondazione Studi, assumere un familiare è lecito, anche se si tratta di parenti strettissimi e anche se si tratta di una piccola ditta individuale come nel caso di artigiani e commercianti, ovvero i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del Codice Civile, il quale definisce

i piccoli imprenditori come i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e chiunque eserciti un’attività professionale organizzata prevalentemente con il proprio lavoro e quello dei familiari. 

Tuttavia, non basta firmare un contratto: per essere considerato valido a tutti gli effetti, è necessario dimostrare la genuinità del rapporto di lavoro subordinato, con particolare riferimento ai requisiti dell’art. 2094 del Codice Civile, cioè l’onerosità della prestazione e la subordinazione.

In pratica, la semplice esistenza di una busta paga non basta. È necessario che ci sia:

  • una retribuzione effettivamente corrisposta;
  • un orario di lavoro rispettato;
  • una presenza costante sul luogo di lavoro;
  • un inserimento stabile nell’organizzazione aziendale;
  • un assoggettamento reale ai poteri del datore di lavoro, come direttive, controlli e disciplina.

Questi elementi non devono essere solo dichiarati ma anche riscontrabili concretamente: in caso di controlli da parte dell’INPS o dell’Ispettorato del Lavoro, o in sede giudiziaria, il datore dovrà fornire una prova precisa e rigorosa del rapporto subordinato.

Assumere moglie o figli in una ditta individuale

È possibile assumere la propria moglie o i propri figli in una ditta individuale, ma servono condizioni molto chiare. Come spiega la Fondazione Studi, il rapporto può essere considerato di lavoro subordinato solo se sono presenti tutti i requisiti tipici previsti dalla legge: un orario prestabilito, una retribuzione mensile tracciabile, mansioni definite e un reale potere direttivo del titolare.

Nelle attività familiari – come negozi, laboratori artigiani o imprese agricole – è frequente che i familiari collaborino, ma in molti casi ciò configura un’impresa familiare ex art. 230-bis c.c., e non un rapporto di lavoro subordinato. Perché quest’ultimo sia riconosciuto, il coniuge o i figli devono essere trattati come qualsiasi altro dipendente, con un contratto regolare, versamento dei contributi, ferie, permessi e TFR.

Attenzione però: in caso di rapporti fittizi o non dimostrabili, l’INPS può disconoscere la subordinazione e considerare l’attività come collaborazione familiare gratuita, annullando i contributi versati e negando ogni tutela previdenziale (maternità, malattia, disoccupazione, pensione ecc.)

Cosa dice la giurisprudenza

La guida della Fondazione richiama diverse sentenze della Corte di Cassazione che negli ultimi anni hanno contribuito a superare l’automatismo della presunzione di gratuità:

  • Cass. 4535/2018: ha riconosciuto come prova di subordinazione elementi come l’onerosità, la presenza costante sul luogo di lavoro, la regolarità della retribuzione e il rispetto degli orari.
  • Cass. 30899/2018 e 33759/2022: hanno ribadito che il vincolo familiare non esclude in automatico la possibilità di un vero contratto subordinato, ma la subordinazione va dimostrata con dati concreti.
  • Cass. 23919/2025: ha specificato che né la convivenza né la sola busta paga sono decisive: la prima rafforza la presunzione di gratuità, la seconda ha valore solo se accompagnata da pagamenti reali.

Come dimostrare la reale subordinazione? Una checklist utile

Per aiutare le aziende, la guida suggerisce una checklist operativa da utilizzare prima di procedere con l’assunzione del familiare, per valutare se ci sono i presupposti di legge.

✅ Elemento da verificare Cosa dimostra
Il familiare rispetta orari e turni? Subordinazione effettiva
Riceve retribuzione mensile tracciabile? Onorosità del rapporto
È inserito stabilmente in azienda? Continuità della prestazione
Riceve ordini e controlli dal titolare? Esercizio del potere direttivo
Vive con il datore di lavoro? Rafforza ma non determina la gratuità
Esiste documentazione scritta e contabile? Prova concreta del rapporto

Quali sono i rischi se non si dimostra la subordinazione?

Nel caso in cui un’azienda assuma un familiare senza che sussistano i requisiti del lavoro subordinato, l’INPS può disconoscere il rapporto e cancellare i contributi versati. Il familiare non maturerà né diritto alla pensione né alle coperture assicurative e previdenziali, in quanto il rapporto non verrà riconosciuto come genuino.

Non solo: si rischia anche di incorrere in sanzioni amministrative o penali, per aver simulato un rapporto di lavoro fittizio.

Assunzione familiare: meglio prevenire che curare

In sintesi, l’approfondimento della Fondazione Studi ribadisce che la legge consente di assumere un familiare, anche moglie o figli in una ditta individuale, ma chiede rigore e trasparenza.

Il legame affettivo non basta: è fondamentale che il familiare lavori come un qualsiasi altro dipendente, con orari, mansioni, retribuzione e rispetto delle regole aziendali.

Ecco perché la valutazione va fatta prima dell’assunzione, con il supporto di un Consulente del Lavoro, per garantire un rapporto di lavoro legittimo, tracciabile e tutelato — evitando spiacevoli contestazioni in futuro.

  Approfondimento Fondazione Studi Cdl del 27-10-2025 (495,3 KiB, 0 hits)

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