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di Antonio Maroscia - 31 Ottobre 2018
Il contratto a tempo determinato è una forma di assunzione che prevede, come indica il nome stesso, una durata predeterminata del rapporto di lavoro. Questa forma di contratto atipica è disciplinata dal c.d. codice dei contratti contenuta nel Jobs Act, D. Lgs 81/2015 che ha espressamente abrogato la precedente normativa.
Il Dl 87/2018 conosciuto come Decreto Dignità, entrato in vigore il 14 luglio 2018, ha ulteriormente ritoccato la disciplina andando ad intervenire sulla durata massima, sulle proroghe, sulla causale, sui termini di impugnazione e sulla contribuzione.
La Legge 96/2018 dell’11 agosto di conversione del Decreto-Legge Dignità, ha praticamente lasciato invariato il testo del Decreto, ma ha previsto una fase di transizione rispetto alle nuove norme su proroghe e rinnovi nel contratto di lavoro a tempo determinato.
La nuova norma stabilisce che ai contratti di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Lo stesso può durare fino a 24 mesi, ma solo in presenza di determinate condizioni, ovvero attraverso l’apposizione di una causale giustificatrice.
Dopo i 24 mesi si potrà ancora prorogare o rinnovare il contratto per ulteriori 12 mesi, ma solo con un accordo stipulato presso la DTL.
Il Decreto-Legge Dignità è intervenuto quindi reintroducendo la causale nei contratti a termine anche se solo in alcuni casi. Il Jobs Act aveva infatti eliminato completamente questo obbligo. La nuova disciplina reintroduce invece l’obbligo di inserire la causale dopo i primi 12 mesi di contratto a termine e anche al primo rinnovo.
Nulla cambia per i contratti di lavoro a termine di durata inferiore ai 12 mesi, sarà quindi possibile assumere liberamente e senza dover dare giustificazione, se il rapporto avrà una durata fino ad un anno; lo stesso vale per le proroghe entro i primi 12 mesi. Invece già dal primo rinnovo, anche se previsto entro i primi 12 mesi andrà necessariamente indicata la causale.
Le proroghe dei contratti di lavoro a tempo determinato dopo il primo anno dovranno invece avere una causa per cui vengono stipulati. Lo stesso vale già dal primo rinnovo del contratto a termine. Quindi in linea generale il contratto a termine può avere una durata superiore ai 12 mesi (e fino ad un massimo di 24 mesi) solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
Nelle attività stagionali previste dal DPR 1525/1963, non è mai richiesta la presenza di una causale.
Altra novità del decreto dignità è l’ulteriore aumento dell’addizionale Naspi per i contratti a termine. Per i contratti di lavoro a tempo determinato è stata infatti introdotta una addizionale dell’1.4% rispetto ai contratti a tempo indeterminato; a questa va aggiunto lo 0.5% ad ogni rinnovo successivo al primo.
In fase di conversione del Dl Dignità in Legge è stato previsto un periodo transitorio di entrata in vigore delle norme relativamente alle proroghe e ai rinnovi. Bisogna infatti distinguere in 3 fasi e 3 diversi regimi:
Il contratto a tempo determinato deve prevedere necessariamente la forma scritta, altrimenti si considera a tempo indeterminato. Una copia del contratto deve essere consegnata al lavoratore entro 5 giorni dall’inizio del rapporto di lavoro.
La forma scritta non è richiesta solo nel caso in cui la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non supera 12 giorni. L’apposizione del termine inoltre si può evincere solo dal contratto di lavoro, viene infatti eliminata la formula secondo cui questa poteva risultare “direttamente o indirettamente” da atto scritto.
Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato per 4 volte, entro comunque il termine massimo di 24 mesi. Può essere prolungato di altri 12 mesi se ci sono ancora proroghe disponibili entro il numero di 4, ma solo dalla DTL.
Come anticipato sopra quando con la prima o le successive proroghe si oltrepassano i primi 12 mesi di assunzione a termine, il contratto dovrà prevedere la causale.
L’onere della prova relativa all’obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l’eventuale proroga del termine stesso è a carico del datore di lavoro.
Il contratto con lo stesso soggetto per lo stesso ruolo e le medesime mansioni è rinnovabile (cioè si possono stipulare nuovi contratti) per un numero di volte indefinito, ma sempre nel limite dei 24 mesi. Già dal primo rinnovo però dovrà essere obbligatoriamente indicata la causale.
Per poter ricorrere al rinnovo è necessario che tra la scadenza di un contratto a tempo determinato ed il successivo sia rigorosamente rispettato un intervallo di tempo di 10 giorni se il contratto precedente aveva durata inferiore ai 6 mesi, di 20 giorni se superiore ai 6 mesi.
Se non vengono rispettati i suddetti limiti di “distacco” fra un contratto e l’altro, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
Il Decreto Dignità ha di fatto variato gli articoli 19, 20 e 21 del D. Lgs 81/2015, pertanto la restante parte della disciplina rimane sostanzialmente invariata; ad esclusione dell’articolo 28 sulla decadenze e tutele che vedremo in seguito.
Fermi i limiti di durata sopra indicati, se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato si parla di proroga di fatto. Il datore di lavoro dovrà in questo caso corrispondere una retribuzione maggiorata per ogni giorno di proroga di fatto. La maggiorazione è pari:
Se la proroga di fatto si protrae oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, oppure oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
Tranne per diversi limiti previsti dai CCNL, nella stessa azienda non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al
20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.
Questo limite è comunque escluso:
Salvo quanto diversamente stabilito dalla contrattazione collettiva la legge prevede in diritto di precedenza sulle nuove assunzioni in azienda nei seguenti casi:
Il lavoratore deve dichiarare per iscritto di volersi avvalere del diritto di precedenza: nei primi due casi entro 6 mesi dal termine del rapporto di lavoro, nel caso degli stagionali entro 3 mesi dalla conclusione del lavoro.
La formazione per i contratti a termine è demandata alla contrattazione collettiva, che può prevedere modalità e strumenti per formare adeguatamente i lavoratori a termine.
Al lavoratore a tempo determinato spetta il trattamento economico e normativo in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili.
L’assunzione a tempo determinato non è ammessa:
Le seguenti forme contrattuali hanno una specifica disciplina e sono quindi escluse dall’ambito di applicazione della normativa sui contratti a termine:
L’impugnazione del contratto a tempo determinato può avvenire entro 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto.
Il Decreto Dignità ha ampliato questo termine, infatti in precedenza l’impugnazione poteva essere fatta entro 120 giorni.
Una particolarità della disciplina del lavoro a termine riguarda il licenziamento e le dimissioni: il lavoratore assunto a tempo determinato non può essere licenziato prima della scadenza del termine se non per giusta causa; cioè per un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro. Lo stesso vale per le dimissioni del lavoratore, il quale potrà decidere di non proseguire il rapporto di lavoro solo per giusta causa.
Il licenziamento intimato senza giusta causa prima della scadenza del termine comporta il diritto del lavoratore al risarcimento del danno; lo stesso discorso vale per le dimissioni senza giusta causa. Di solito l’indennizzo è pari a tutte le retribuzioni che sarebbero spettate al lavoratore fino alla scadenza inizialmente prevista, oppure può essere espressamente previsto nel contratto individuale di lavoro.
Pubblichiamo il testo del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, coordinato con la legge di conversione 9 agosto 2018, n. 96.
Alleghiamo infine circolare ministeriale numero 17/2018 con le interpretazioni ministeriali al nuovo contratto a termine dopo il decreto dignità.