Mancato preavviso: cosa comporta? Che succede alla busta paga? E quando è ammesso? Il preavviso, disciplinato dall’articolo 2118 del Codice Civile, è quell’arco di tempo che consente alla parte che subisce il recesso dal contratto di lavoro di:
- Riorganizzare l’attività produttiva ed eventualmente trovare un sostituto (è il caso dell’azienda a fronte delle dimissioni del dipendente);
- Cercare un’altra occupazione (in favore del dipendente a fronte del licenziamento intimato dal datore di lavoro);
e, nel frattempo, continuare a prestare l’attività lavorativa (ricevendo la retribuzione) con annessi tutti i diritti e gli obblighi legati al rapporto di lavoro, il quale proseguirà sino alla data di cessazione.
In tal senso:
- L’inizio del preavviso coincide con il momento in cui azienda o dipendente comunicano alla controparte la volontà di risolvere il rapporto;
- La fine del preavviso corrisponde all’ultimo giorno di vigenza del contratto.
La durata del preavviso è demandata dal codice civile ai contratti collettivi, agli usi o secondo equità. Di norma è il CCNL a disciplinare in materia, in ragione delle seguenti variabili:
- Categoria del lavoratore (se ad esempio operaio o impiegato);
- Livello di inquadramento;
- Anzianità di servizio in azienda.
Il preavviso, applicabile ai soli rapporti di lavoro a tempo indeterminato, dev’essere generalmente lavorato, in modo tale da addivenire alle esigenze della parte che subisce il recesso (come sopra descritte).
Il comportamento di chi interrompe il rapporto di lavoro senza preavviso apre la strada ad una serie di conseguenze, in particolare economiche. Queste si concretizzano infatti nel riconoscimento di un’apposita indennità sostitutiva del preavviso.
Analizziamo quest’ultimo aspetto in dettaglio.
Licenziamento senza preavviso: cosa comporta
Il datore di lavoro che risolve il contratto (licenziamento) senza rispettare il periodo di preavviso è tenuto a corrispondere in busta paga un’apposita indennità sostitutiva. Questo accade tanto nel caso in cui il dipendente accetti il recesso immediato quanto nell’ipotesi di mancanza del consenso del lavoratore.
L’indennità in questione dev’essere pertanto calcolata in base alla retribuzione che sarebbe spettata al dipendente se avesse proseguito l’attività nel corso del preavviso. Nel calcolo devono essere inclusi, ad esempio:
- Ratei delle mensilità aggiuntive (tredicesima ed eventuale quattordicesima);
- Premi di produzione;
- Provvigioni;
- Partecipazioni agli utili o ai prodotti;
- L’equivalente del vitto, dell’alloggio ed ogni altro compenso di carattere continuativo.
Sono invece da escludersi le somme riconosciute a titolo di rimborso spese. Vi sono comunque dei casi in cui il licenziamento in tronco è previsto anche senza comportare l’indennità sostitutiva come vedremo in seguito.
Contributi previdenziali
Dal punto di vista contributivo l’indennità sostitutiva del preavviso entra a pieno titolo nell’imponibile su cui vengono calcolati i contributi carico dipendente e quelli conto azienda.
All’interno della denuncia UniEmens (da inviare mensilmente all’INPS) la somma riconosciuta a titolo di indennità sostitutiva del preavviso dev’essere:
- Sommata all’imponibile previdenziale del mese di competenza;
- Indicata nel campo “retribuzioni particolari”, precisando il numero di settimane cui l’indennità stessa si riferisce.
Tassazione IRPEF
Dal punto di vista fiscale, l’indennità sostitutiva del preavviso è soggetta a tassazione separata.
Il calcolo avviene applicando la stessa aliquota per utilizzata per tassare il TFR all’importo dell’indennità al netto dei contributi previdenziali conto dipendente.
Dimissioni senza preavviso: cosa succede
Qualora sia il dipendente colui che risolve il contratto senza concedere il preavviso all’azienda (dimissioni) quest’ultima trattiene un importo a titolo di mancato preavviso.
Possono in particolare verificarsi tre situazioni:
- Il datore di lavoro acconsente al recesso immediato e trattiene il mancato preavviso;
- Il datore di lavoro acconsente al recesso immediato e non trattiene il mancato preavviso;
- Mancanza del consenso del datore di lavoro al recesso immediato, il lavoratore ha la possibilità di scegliere se rispettare il preavviso o, al contrario, subire la trattenuta in busta paga.
La trattenuta per mancato preavviso, inserita in busta paga, è calcolata in ragione del compenso che sarebbe spettato al lavoratore se avesse continuato a lavorare (retribuzione normale + ratei di mensilità aggiuntive) con la differenza che, rispetto all’indennità sostitutiva, l’importo assume carattere risarcitorio e, pertanto, viene trattenuto direttamente dal netto a pagare.
Anche in questo caso esistono casi in cui la legge prevede il diritto del lavoratore di dimettersi senza preavviso senza perdere il mancato preavviso come vedremo qui di seguito.
Leggi anche: Dimissioni per giusta causa: istruzioni per l’uso
Preavviso di dimissioni o di licenziamento: quando non è dovuto
Esistono una serie di ipotesi in cui il preavviso, pur se non rispettato, non comporta alcuna conseguenza per la parte interessata, posto che è la legge stessa a consentire il recesso immediato.
Ci riferiamo in particolare a:
- Licenziamento o dimissioni in periodo di prova;
- Scadenza del termine nei rapporti di lavoro a tempo determinato;
- Mancata ripresa del servizio a seguito di reintegrazione;
- Risoluzione consensuale;
- Licenziamento per giusta causa;
- Dimissioni per giusta causa.
In queste ultime due casistiche è bene sottolineare che il recesso immediato è motivato da:
- Comportamenti del lavoratore tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario con l’azienda, talmente gravi da non consentire la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto (licenziamento per giusta causa);
- Grave inadempimento del datore di lavoro (ad esempio mancato pagamento della retribuzione, mobbing o molestie sessuali) idoneo a non permettere la prosecuzione temporanea del rapporto (dimissioni per giusta causa).
Sono inoltre esclusi dall’obbligo del preavviso il lavoratore o la lavoratrice che si dimettono nel periodo in cui è vietato il licenziamento, nello specifico per:
- la lavoratrice, dall’inizio della gravidanza (trecento giorni prima della data presunta del parto) sino al compimento di un anno di età del bambino;
- il padre lavoratore, il periodo in cui fruisce del congedo di paternità e sino al compimento di un anno di età del bambino;
- il lavoratore / lavoratrice, licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale o del congedo per malattia del bambino.