L’intelligenza artificiale metterà a rischio qualcosa come 200mila posti di lavoro nella pubblica amministrazione. Questo, purtroppo, è uno degli svantaggi che potrebbero arrivare insieme alla nuova tecnologia, che non porta solo una maggiore semplificazione e innovazione. Ma comporta anche l’aumento del rischio di sostituzione, almeno dei lavoratori inefficienti.
Questo è quanto emerge dal nuovo studio intitolato L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego, presentato nel corso di Forum PA 2024 da FPA. E dal quale emergerebbe che almeno il 57% dei dipendenti pubblici – ossia una platea complessivamente pari a 3,2 milioni di persone – è a rischio dall’impatto dell’intelligenza artificiale. Sia in senso positivo che in quello negativo.
Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire quale impatto possa avere l’intelligenza artificiale nel pubblico impiego.
Intelligenza artificiale nel pubblico impiego
Lo sbarco dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione avrà un impatto diretto sui dipendenti pubblici. Almeno 1,8 milioni di soggetti ci dovranno fare i conti e almeno 200 mila persone rischiano di essere completamente sostituite dalla nuova tecnologia.
A tratteggiare quale impatto possa avere l’intelligenza artificiale nel pubblico impiego è una ricerca presentata al Forum PA, dalla quale emerge che a essere coinvolti dalla novità saranno principalmente quanti sono impiegati nelle amministrazioni centrali, come ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici. 92 mila lavoratori vedranno spazzare letteralmente via le proprie mansioni, perché ritenute ripetitive e sostituibili.
Paolo Zangrillo, Ministro della Pubblica Amministrazione, ha sottolineato come siamo davanti ad un grande cambiamento, che deve essere affrontato senza paura. Anche perché se è vero che si andranno a esaurire alcune attività è pur certo che altre ne nasceranno, come già accaduto in passato in altri settori, come i trasporti o l’industria tessile.
L’Unione europea, nel frattempo, ha definitivamente dato il via libera al cosiddetto AI Act, ossia alla Legge europea sull’Intelligenza Artificiale. Grazie a questo nuovo documento dovrebbe essere disciplinato lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’uso dei sistemi della nuova tecnologia. Prima al mondo su questo argomento, la legge europea ha dettato una serie di obblighi ai fornitori e agli sviluppatori di sistemi di intelligenza artificiale che si basano su una serie di diversi livelli di rischio identificati.
Quali cambiamenti comporta l’intelligenza artificiale
Ma quali cambiamenti potrebbe comportare l’introduzione dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione? Secondo Zangrillo le novità potranno essere sostanzialmente introdotte e gestite in maniera ottimale nel corso dei prossimi otto anni. Ossia entro il 2032, quando un milione di lavoratori attualmente impiegati nella Pubblica amministrazione andranno in pensione.
Il ricambio di personale ha preso il via proprio quest’anno: è prevista, infatti, l’assunzione complessivamente di 170 mila persone. Da sottolineare che, almeno per la prima volta, nel 2022 l’età media del personale è calata a 49,5 anni grazie alle nuove assunzioni e ai pensionamenti.
Dobbiamo vivere quest’epoca di cambiamento, non con lo spettro e la paura di perdere posti di lavoro ma con l’obiettivo di rendere l’innovazione tecnologica compatibile con i nostri piani di sviluppo – ha spiegato Paolo Zangrillo -. La digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, ha detto determinano profonde modifiche nel nostro modo di lavorare, ci sono lavori che muoiono ma nuovi che nascono.
L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego
Come abbiamo anticipato in precedenza l’intelligenza artificiale avrà un impatto decisivo sul 57% dei dipendenti pubblici. Stiamo parlando di almeno 1,8 milioni di persone su un totale di 3,2 milioni. Di questi soggetti almeno l’80% dovrebbe riuscire, almeno in linea teorica, a interagire e a integrare l’intelligenza artificiale nel suo lavoro. Riuscendo, in questo modo, a portare a casa degli ottimi risultati. Il discorso cambia, invece, per 218 mila lavoratori – pari al 12% – che rischia di essere completamente sostituito. 154 mila dipendenti – soprattutto nel settore sanitario e diplomatico – fanno parte di una zona ambigua, posta a metà strada tra le prospettive di una potenziale sinergia e i rischi di essere sostituiti.
La ricerca mette in evidenza, inoltre, che le professioni che si portano dietro una più alta specializzazione – si pensi, per esempio, ai ruoli diretti, ai dirigenti e ai professionisti – presentano un alto potenziale di collaborazione. Le professioni poco specializzate e che si poggiano su lavori di routine sono molto più vulnerabili ad un’ipotesi di sostituzione. In un certo senso è possibile affermare che la rivoluzione che introdurrà l’intelligenza artificiale costituisce la terza grande ondata di trasformazione del settore pubblico dopo 15 anni: le prime due sono state costituite dalla spending review e dalla pandemia.
Posti di lavoro a rischio: dove impatterà di più l’intelligenza artificiale
Dove si potrà registrare l’impatto più deciso dell’intelligenza artificiale? Il maggior rischio lo corrono i posti di lavoro nelle amministrazioni centrali, dove quasi la metà dei dipendenti potrebbero perdere lavoro. Stiamo parlando di qualcosa come 92 mila persone su 204 mila dell’intero comparto.
Nell’intero pubblico impiego sono a rischio 1,8 milioni di lavoratori, ossia il 12% del totale, che potrebbero essere sostituiti dall’intelligenza artificiale. Nell’amministrazione centrale coinvolti nelle sostituzioni ci potrebbero essere il 47% dei dipendenti pubblici.
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