Con la circolare n. 15/E del 22 dicembre 2025, l’Agenzia delle Entrate ha messo un punto fermo su uno dei temi più delicati per aziende, consulenti del lavoro e dipendenti: il trattamento fiscale delle trasferte e delle missioni.
L’obiettivo dichiarato è doppio: semplificare dove il sistema era diventato irragionevolmente rigido e rafforzare la tracciabilità dei pagamenti per contrastare l’evasione.
Il risultato è una disciplina più chiara, ma anche più esigente sul piano operativo.
Trasferte nel territorio comunale: cade il “dogma” del documento del vettore
La prima novità, introdotta dal decreto legislativo n. 192/2024 (decreto delegato IRPEF), riguarda le trasferte effettuate all’interno dello stesso comune della sede di lavoro.
Fino al 2024, la regola era brutale:
- i rimborsi concorrevano sempre a formare reddito,
- salvo le spese di trasporto documentate con atti provenienti dal vettore (biglietto, ricevuta taxi).
Dal 1° gennaio 2025, invece, il perimetro cambia radicalmente:
i rimborsi delle spese di viaggio e trasporto, se comprovati e documentati, non concorrono più al reddito, anche se la trasferta avviene nel territorio comunale.
Tradotto in pratica:
- via libera al rimborso chilometrico per l’uso dell’auto privata (secondo le tabelle ACI),
- non più obbligatorio il documento “del vettore”,
- contano idonea documentazione e coerenza interna (nota spese, ordine di missione, tracciabilità del percorso).
È una svolta concreta che elimina una disparità storica e riduce il contenzioso inutile.

Tracciabilità obbligatoria: taxi, NCC e spese “sensibili” sotto controllo
Il secondo pilastro è introdotto dalla legge di bilancio 2025 (legge n. 207/2024) e riguarda come si paga, non solo cosa si rimborsa.
Dal 2025:
- le spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto,
- se effettuate tramite autoservizi pubblici non di linea (taxi, NCC),
- sono deducibili per l’impresa e non tassabili per il dipendente solo se pagate con strumenti tracciabili.
Niente carta = niente deduzione, niente esenzione.
La ratio è esplicita: creare un contrasto di interessi che spinga i pagamenti fuori dal contante e faccia emergere basi imponibili sommerse .
Stessa regola anche per le spese di rappresentanza
La circolare chiarisce che la tracciabilità diventa requisito essenziale anche per:
- la deducibilità delle spese di rappresentanza,
- ai fini della determinazione del reddito d’impresa.
Chi continua a gestire queste voci “a sentimento” sta, di fatto, accettando un rischio fiscale certo.
Il decreto fiscale 2025 restringe il campo (ma non allenta la presa)
Un ulteriore chiarimento arriva dal decreto-legge n. 84/2025, convertito dalla legge n. 108/2025:
l’obbligo di tracciabilità viene circoscritto alle trasferte e missioni effettuate in Italia.
Attenzione però: non è un alleggerimento sostanziale, ma un coordinamento normativo per evitare sovrapposizioni e incertezze applicative.

Impatto operativo: cosa devono fare aziende e lavoratori
Chi lavora con le trasferte deve adeguarsi subito:
- Procedure interne chiare su documentazione e modalità di pagamento
- Carte aziendali o strumenti elettronici per dipendenti in missione
- Note spese coerenti con ordini di trasferta e giustificativi
- Formazione di chi autorizza e controlla i rimborsi
Il messaggio dell’Amministrazione finanziaria è lineare:
meno formalismi inutili, zero tolleranza su pagamenti opachi.
In sintesi
La circolare 15/E non introduce solo regole: ridisegna l’equilibrio tra fiducia, semplificazione e controllo.
Chi si adegua ottiene:
- meno tassazione indebita sui lavoratori,
- maggiore certezza fiscale per l’impresa.
Chi ignora la tracciabilità, invece, si espone a riprese fiscali automatiche, difficili da difendere.
Sulle trasferte, non vince chi “si arrangia”, ma chi organizza, documenta e traccia.
