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Circolare Brunetta: trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale

Circolare sulla trasformazione del rapporto di lavoro nella PA da tempo pieno a part-time,


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di - 11 Luglio 2011

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con circolare n. 9 del 30 giugno 2011, fornisce alcuni chiarimenti sull’applicazione dell’art. 16 Legge n. 183/2010 (collegato lavoro) che, in via transitoria, ha previsto la possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di sottoporre a una nuova valutazione le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già realizzatesi alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112/2008, convertito in Legge n. 133/2008, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede.

Premessa

La L. 133/2008 ha modificato il regime giuridico relativo alla trasformazione del rapporto da tempo pieno a part-time,con una novella all’art. 1, comma 58, della l. n. 662 del 1996.

Le novità apportate dal d.l. n. 112/2008 riguardano i seguenti aspetti:

Cosa prevede l’art. 16 L. 183/2010

L’art. 16 del collegato lavoro dispone:

In sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte dall’articolo 73 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008.”.

In pratica, si introdotto in via transitoria un potere speciale in capo all’amministrazione, prevedendo la facoltà di assoggettare a nuova valutazione le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già realizzatesi alla data di entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008.

In base alla norma, questa speciale facoltà poteva essere esercitata entro un determinato lasso di tempo e, cioè, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (24 novembre 2010), scaduti il 23 maggio 2011. Si riporta per comodità il testo della disposizione.

La domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e le valutazioni discrezionali dell’amministrazione

In base alla norma vigente, a fronte di un’istanza del lavoratore interessato, l’amministrazione non ha un obbligo di accoglimento, né la trasformazione avviene in maniera automatica. Infatti, la disposizione prevede che la trasformazione “può” essere concessa entro 60 giorni dalla domanda.

La valutazione dell’istanza, si basa su tre elementi:

  1. la capienza dei contingenti fissati dalla contrattazione collettiva in riferimento alle posizioni della dotazione organica;
  2. l’oggetto dell’attività, di lavoro autonomo o subordinato, che il dipendente intende svolgere a seguito della trasformazione del rapporto; in particolare, lo svolgimento dell’attività non deve comportare una situazione di conflitto di interessi rispetto alla specifica attività di servizio svolta dal dipendente e la trasformazione non è comunque concessa quando l’attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorre con altra amministrazione (a meno che non si tratti di dipendente di ente locale per lo svolgimento di prestazione in favore di altro ente locale);
  3. l’impatto organizzativo della trasformazione, che può essere negata quando dall’accoglimento della stessa deriverebbe un pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente.

Nel caso in cui il numero delle domande risulti eccedente rispetto ai posti di contingente, la valutazione sull’accoglimento va operata tenendo conto sia dell’interesse al funzionamento dell’amministrazione, che della particolare situazione del dipendente.

In proposito, l’art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001 stabilisce il principio generale secondo cui le amministrazioni “individuano criteri certi di priorità nell’impiego flessibile del personale, purché compatibile con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266.”.

Diritto di precedenza nella trasformazione del rapporto

Le fattispecie che radicano un diritto o un titolo di precedenza nella trasformazione del rapporto sono previste nell’art. 12 bis del d.lgs. n. 61 del 2000.

In particolare, il comma 1 stabilisce che hanno diritto alla trasformazione del rapporto i lavoratori del settore pubblico e di quello privato affetti da patologie oncologiche per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa di terapie salvavita, accertata dalla competente commissione medica. Tali lavoratori hanno poi anche diritto alla successiva trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno a seguito della richiesta.

In questo caso, una volta ricevuta l’istanza dell’interessato, l’amministrazione non può negare la trasformazione del rapporto, trovandosi in una situazione di soggezione; pertanto, la determinazione di trasformazione deve essere presa entro il termine stabilito dal citato art. 1, comma 58, e, cioè, entro 60 giorni dalla domanda

Il comma 2 ed il comma 3 disciplinano i titoli di precedenza nella trasformazione a favore dei:

  1. lavoratori il cui coniuge, figli o genitori siano affetti da patologie oncologiche;
  2. lavoratori che assistono una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che abbia connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della l. n. 104 del 1992, con riconoscimento di un’invalidità pari al 100% e necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita;
  3. lavoratori con figli conviventi di età non superiore a tredici anni;
  4. lavoratori con figli conviventi in situazione di handicap grave.

Altra situazione meritevole di tutela è poi quella dei famigliari di studenti che presentano la sindrome DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento). Questa sindrome, che si riferisce alle ipotesi di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia, è stata oggetto di un recente intervento normativo con la legge n. 170 del 2010, con il quale sono state previste apposite misure di sostegno e all’art. 6 è stato stabilito che:

I famigliari fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell’istruzione con DSA impegnati nell’assistenza alle attività scolastiche a casa hanno diritto di usufruire di orari di lavoro flessibili.”

La norma fa poi rinvio ai contratti collettivi per la disciplina delle modalità di esercizio del diritto e, pertanto, la concreta attuazione del diritto è subordinata alla regolamentazione da parte dei contratti stessi.

In tutti questi casi, la domanda dell’interessato deve essere valutata con priorità rispetto a quella degli altri dipendenti concorrenti.

La fase di “prima attuazione” disciplinata dall’art. 16 della l. n. 183 del 2010

La disposizione ha attribuito un potere speciale all’amministrazione durante la fase di prima attuazione della novella operata con il citato art. 73 del d.l. n. 112 del 2008.

La valutazione potrebbe riguardare non solo l’opportunità di mantenere il rapporto a tempo parziale, ma anche le modalità della collocazione temporale della prestazione, che potrebbe risultare più conveniente modificare per non pregiudicare il funzionamento dell’amministrazione.

Ai fini della valutazione, l’amministrazione dovrebbe far applicazione dei criteri legali e contrattuali sopra menzionati, preferendo il ripristino del rapporto a tempo pieno per quei lavoratori la cui posizione non risulta assistita (o più assistita) da una particolare tutela.

La norma prevede un potere eccezionale, che consente all’amministrazione di modificare unilateralmente il rapporto in deroga alla regola generale di determinazione consensuale delle condizioni contrattuali, regola assistita nel caso del part-time da una speciale norma di garanzia contenuta nell’art. 5 del d.lgs. n. 61 del 2000, secondo cui il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

In base alla norma, il mutamento delle condizioni del rapporto di lavoro avviene quindi a seguito dell’adozione e comunicazione di un atto unilaterale da parte dell’amministrazione datore di lavoro, non essendo necessario il consenso del dipendente ai fini del perfezionamento di un contratto.

Dato il carattere di specialità della disposizione, l’esercizio della facoltà è stato delimitato entro un definito arco temporale. Pertanto, decorso questo termine, secondo il regime generale, un’eventuale modifica del rapporto di lavoro richiede comunque l’accordo tra le parti, salve le ipotesi in cui la legge o i CCNL prevedano un diritto potestativo del lavoratore alla successiva trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno e le situazioni di esercizio del potere unilaterale alle condizioni e nei limiti stabiliti dall’art. 3 del d.lgs. n. 61 citato.

L’esercizio della facoltà è condizionato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede. Al proposito, la circolare richiama una recente sentenza in tema di part-time nel settore privato, della Cassazione: la decisione di concedere o negare la trasformazione del rapporto a part-time, in presenza di criteri prestabiliti in sede di accordo collettivo, non è più discrezionale, bensì vincolata ai predetti criteri,

ai quali il datore di lavoro deve conformarsi nella regolamentazione dei singoli rapporti, facendo applicazione dei criteri di buona fede e correttezza che debbono ispirare l’esecuzione del contratto (ex artt. 1175 e 1375 c.c.). Con la conseguenza che l’inosservanza dei criteri preferenziali contrattualmente stabiliti legittima il dipendente che si ritenga leso dalla condotta datoriale ad agire per il risarcimento del danno, anche in forma specifica, per ottenere la trasformazione del rapporto in part-time che gli fosse stata ingiustamente negata sulla base dei descritti criteri, oltre ad eventuali voci di danno collegate allo stesso illecito.” (Cass. sez. lav. 4 maggio 2001, n. 9769).

Affinché l’amministrazione possa compiere una valutazione ponderata, ciò comporta, innanzi tutto, un contraddittorio con il dipendente interessato, dal quale emerga l’interesse dello stesso.

L’osservanza di tali principi richiede che l’amministrazione, prima di operare la trasformazione del rapporto, debba tener conto non solo (se nota) della situazione che era in origine alla base della trasformazione, ma anche della situazione che nel frattempo si è consolidata in capo al lavoratore. Nell’operare la revoca Inoltre, pur non ricorrendo le situazioni particolari oggetto di specifica tutela, l’interesse del dipendente al mantenimento del rapporto part-time va tenuto in considerazione anche verificando la fattibilità di soluzioni alternative alla revoca dello stesso, ad esempio, valutando la possibilità di spostamento dei dipendenti tra servizi in modo da soddisfare il fabbisogno dell’amministrazione e le esigenze degli interessati.

Infine, conclude la circolare,  il rispetto dei principi di buona fede e correttezza richiede che, allorquando sia stata effettuata una valutazione di revisione del rapporto, venga comunque accordato in favore del dipendente un congruo periodo di tempo prima della trasformazione, in modo che questi possa intraprendere le iniziative più idonee per l’organizzazione della vita personale e famigliare.

Per consultare l’intera circolare: www.innovazionepa.gov.it

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Categories: Pubblico Impiego
Tags: decreto lavorolavoro part timePubblico Impiego