X

Congedo parentale, licenziabile il genitore che non sta col figlio

La Cassazione ha stabilito che è legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che, ottenuto un periodo di congedo parentale INPS, si dedica poi ad altro anzichè dedicarsi al figlio. Vediamo su quali principi si basa la sentenza della Cassazione.


>> Entra nel nuovo Canale WhatsApp di Lavoro e Diritti

di - 19 Gennaio 2018

Con la sentenza numero 509 dell’11 gennaio 2018 la Cassazione ha stabilito un importante principio in tema di fruizione del congedo parentale. Per la Cassazione infatti è licenziabile il genitore che, ottenuto un periodo di congedo parentale INPS, si dedica poi ad altro anzichè dedicarsi al figlio.

La Sentenza no. 509/2018 si basa sui seguenti assunti, ovvero se:

Congedo parentale, licenziabile il genitore che non sta col figlio – Il fatto

Un lavoratore dipendente nel settore metalmeccanico di un’Azienda del centro Italia, beneficia per 10 giorni del Congedo parentale per il figlio. Da riscontri investigativi effettuati dell’Azienda, in realtà risulta che, vi dedichi solo una parte esigua della giornata in rapporto all’orario di lavoro che avrebbe dovuto svolgere al lavoro. Pertanto, viene licenziato per giusta causa ex Lg. 92/2012.

La querelle viene dibattuta presso il il Tribunale del Lavoro territoriale e poi in sede di Appello, portando infine, il dipendente a ricorrere in Cassazione.

I motivi del suo ricorso si basano in primis sul dato che la normativa 151/2003 e più precisamente l’Art. 32, non specifichi il quantum del tempo da dedicare effettivamente al minore oggetto del congedo. E’ invece più importante garantire “un tempo di qualità”, nell’organizzazione della giornata.

La seconda motivazione poggia sulla validità probatoria dell’indagine investigativa. La terza, sulla errata applicazione dell’Art. 18 Lg. 300/’70 con la mancata applicazione dell’Art. 9, lett. L del CCNL Metalmeccanici che prevede in casi simili una sanzione conservativa.

Congedo parentale e licenziamento per giusta causa del genitore – Il diritto

La Sentenza prodotta dalla Suprema Corte prende le mosse dalla violazione dell’Art.1 della Legge 53/2000 ed Artt. 1 e 32 della seguente 151/2003. Criticando che i precedenti giudizi abbiano ancorato l’addebito, ad un tempo – meramente matematico – legato alle 8 ore giornaliere di lavoro. Eccependo che, nelle suddette leggi non vi sia alcuna specifica riguardo il carattere di continuità e tempestività, garantendo al minore una presenza prevalente.

Il giudizio vuole puntare l’attenzione sul diritto sancito ed inviolabile del diritto per i lavoratori di assistere la prole, senza necessità di assenso da parte del Datore di lavoro. Un diritto potestativo forte, esercitato con l’onere del preavviso nei confronti sia dell’Azienda che dell’INPS che nel periodo di congedo, si sostituisce ex lege, al Datore di lavoro.

Parallelo con i permessi ex L. 104/92

Se nei permessi ex L. 104/’92 risulta chiaro il fine assistenziale, nei Congedi di maternità e paternità, esso si traduce nel soddisfacimento dei bisogni emotivi. Tanto e vero che se nel primo caso il trattamento economico è retribuito totalmente, nel secondo, l’indennità è pari al 30% della retribuzione sino al terzo anno di età del bambino, per azzerarsi in seguito, come nel caso in giudizio.

Si ricorda inoltre anche l’Art. 31 della Costituzione che, garantisce tutela in seno alle esigenze relazionali ed affettive, strettamente collegate con lo sviluppo della personalità del bambino.

Pertanto si deve privilegiare l’attenzione affettiva che richiede comunque tempo, anche se non strettamente vincolata all’orario di lavoro a cui il Congedo si sostituisce e che verrebbe meno qualora il dipendente svolgesse altra occupazione per un congruo periodo di tempo.

Al Datore di lavoro, nell’ambito dei poteri conferitegli dall’Art. 2094 c.c., permane un diritto di verifica della sussistenza della richiesta. Rimane inoltre il potere, anche ai fini garantistici nei confronti dell’Ente di Previdenza, di effettuare controlli probatori. Di fatto il rapporto di lavoro e quindi anche la richiesta e fruizione dei permessi si basano sulla buona fede, laddove l’Azienda, defraudata del tempo lavorativo, possa subire un’ingiusta lesione.

Abuso del congedo parentale e licenziamento – Conclusioni

Nella formulazione del giudizio sul licenziamento per giusta causa, continua il parallelo con la fruizione fraudolenta dei Permessi ex Lg. 104/’92 nel cui caso l’abuso fa automaticamente decadere il rapporto fiduciario con il Datore di lavoro. Mentre nel Congedo Parentale è a discrezione del giudice di merito stabilire la durata minima di tempo da dedicare alla cura esclusiva del figlio che, tuttavia deve essere congruo con il suo fine.

Nel rigettare il ricorso, la Corte di Cassazione chiosa:

Ciò che conta non è quel che il genitore fa nel tempo da dedicare al figlio, quanto piuttosto quello che trascura di fare con il minore.

Sentenza Cassazione n. 509 del 11.01.2018

  Sentenza Cassazione n. 509 del 11.01.2018 (653,4 KiB, 958 hits)

Le news di LavoroeDiritti.com su WhatsApp

ENTRA NEL CANALE

I video di LavoroeDiritti.com su YouTube

ISCRIVITI AL CANALE

Le news di LavoroeDiritti.com su Telegram

ENTRA NEL GRUPPO

Tags: CassazioneLicenziamentopermessi e congedi