La corretta valutazione dei rischi in azienda, e quindi la presenza del DVR (documento di valutazione dei rischi), è fondamentale per il datore di lavoro; specie se quest’ultimo intende stipulare un contratto a termine. In tali casi, infatti, è assolutamente nullo, e dunque privo di validità, il contratto a termine stipulato tra un lavoratore e un’azienda che sia priva del DVR. Si tratta di un documento essenziale che stabilisce quali sono i rischi potenziali di infortunio dei lavoratori in azienda. Di conseguenza, il datore di lavoro sarà costretto a convertire il rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato
Così ha deciso la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 21683 del 23 agosto 2019. Gli ermellini stabiliscono, inoltre, che la ragione di tale divieto
è diretta alla più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità di impiego riduce la familiarità con l’ambiente e gli strumenti di lavoro.
Contratto a termine e mancanza di DVR, la vicenda
I giudici della Suprema Corte si sono espressi in merito a un caso di validità contrattuale, nonché sull’eventuale riconversione in rapporto a tempo indeterminato per omessa valutazione dei rischi. Sul punto, la Corte d’Appello di Roma rigettava il ricorso del datore di lavoro e dichiarava nullo il termine apposto ai contratti stipulati tra le parti dal 2002 al 2007 per omessa valutazione datoriale dei rischi. Inoltre, i giudici di merito stabilivano:
- la riconversione del rapporto di lavoro subordinato da tempo determinato a tempo indeterminato part time per 25 ore settimanali;
- il diritto della lavoratrice all’inquadramento come redattrice;
- la condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità pari a 5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto
Avverso tale sentenza ricorreva il datore di lavoro per cassazione con tre motivi, cui resisteva la lavoratrice con controricorso.
Cos’è il DVR (documento di valutazione dei rischi)
La valutazione dei rischi è uno degli obblighi principali di ogni datore di lavoro (artt.17, 28 e 29 D.Lgs. n. 81/2008). Per effettuare la valutazione dei rischi di una realtà lavorativa occorre individuare tutti i pericoli connessi all’attività svolta e quantificare il rischio, ossia la probabilità che ciascun pericolo si tramuti in danno, tenuto conto dell’entità del potenziale danno.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi in forma scritta, elaborando un documento denominato “documento di valutazione dei rischi” o “DVR”.
La mancata valutazione dei rischi da parte del Datore di Lavoro è sanzionabile con arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.500 euro a 6.400 euro.
Contratto a termine, la sentenza
I giudici della Suprema Corte respingono il ricorso della società e danno ragione alla lavoratrice. Sul punto, gli ermellini richiamano l’art. 3 del D.Lgs. n. 368/2001, che sancisce il divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Tale disposizione, continua la sentenza, costituisce norma imperativa, la cui ratio è diretta alla più intensa protezione dei lavoratori. La conseguenza è che, laddove il datore di lavoro non provi di aver provveduto alla valutazione dei rischi prima della stipulazione, la clausola di apposizione del termine è nulla. Inoltre, il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi degli artt. 1339 e 1419, secondo comma cod. civ.
Pertanto, incombe sul datore di lavoro, che intenda sottrarsi alle conseguenze della violazione della indicata disposizione, l’onere di provare di aver assolto specificamente all’adempimento richiesto dalla normativa.
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