Relativamente alle ferie non godute, ad esempio per licenziamento del lavoratore, il datore di lavoro è tenuto a tutti gli effetti di legge a pagare anche i contributi previdenziali sull’indennità sostitutiva di ferie ai sensi dell’art. 12 della L. n. 153/1969.
Cambia dunque la natura giuridica dell’indennità sostitutiva in questione, passando da risarcitoria a retributiva, il che implica il rispetto delle garanzie a tutela dei lavoratori di cui all’art. 2126 cod. civ.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Ordinanza del 29.05.2018, n. 13473 che ristabilisce l’incertezza giurisprudenziale che si è protratta negli ultimi anni circa la natura giuridica dell’indennità sostitutiva delle ferie.
Ferie non godute: cosa sono?
Come previsto dalla maggior parte dei Contratti collettivi nazionali del lavoro, il lavoratore ha diritto a circa 26 giorni di ferie per ogni anno solare se presta la propria attività lavorativa per l’intero anno.
Si tratta di un diritto irrinunciabile riconosciuto dall’art. 36 della Costituzione e dall’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003.
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Come appena anticipato, le ferie obbligatorie sono pari a 4 settimane, che possono essere fruite in due periodi:
- il primo periodo di ferie, pari a due settimane, va fruito nello stesso anno di maturazione, in modo anche ininterrotto, se richiesto dal lavoratore, purché non vengano violati i principi del Codice Civile. Nel senso che la richiesta deve essere comunque formulata in anticipo in modo tale da rispettare le esigenze dell’impresa;
- il secondo periodo di ferie, sempre pari a due settimane, può essere fruito in modo ininterrotto o frazionato entro e non oltre 18 mesi dalla fine dell’anno di maturazione.
Purtroppo capita spesso che le giornate di ferie non vengano godute con immediatezza; quindi al termine del rapporto di lavoro il datore di lavoro è chiamato a retribuire i periodi feriali non goduti. Questa retribuzione prende appunto il nome di indennità sostitutiva di ferie.
Indennità sostitutiva di ferie: natura risarcitoria o retributiva?
Alla luce di ciò, per molto tempo la giurisprudenza si è più volte chiesta se sulle ferie non godute debbano essere pagate al lavoratore anche i contributi previdenziali o meno.
Ebbene, inizialmente la dottrina (Cass. 11 maggio 2011, n. 10341) riteneva che, sia l’indennità sostitutiva delle ferie che i riposi settimanali non goduti, dovessero avere natura non retributiva, ma risarcitoria, con conseguente esclusione dall’obbligo di contribuzione.
La prescrizione del credito maturato era di 10 anni. La natura risarcitoria, secondo la Suprema Corte, era giustificata dal fatto che l’inadempimento contrattuale avesse comunque il compito di riparare la lesione di un diritto imprescindibile, che era appunto rappresentata dalla perdita del riposo.
Diversa posizione è stata invece assunta dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 11262 del 10 maggio 2010, la quale afferma che le ferie non godute dovessero essere invece assoggettate a contribuzione previdenziale a norma dell’art. 12 della legge n. 153/1969.
Tale orientamento è stato recentemente confermato anche dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 13473, sezione Lavoro del 29.05.2018; stabilendo che la ratio dell’indennità sostitutiva di ferie altro non è che il corrispettivo dell’attività resa in un periodo che avrebbe dovuto essere destinato al riposo.
Pertanto, la predetta indennità ha natura retributiva e su di essa il datore di lavoro è tenuto a pagare anche i contributi previdenziali. Questo in quanto scatta la garanzia di cui all’art. 2126 cod. civ. che tutela il lavoratore in relazione alle prestazioni effettuate con violazione di legge.
Fonte: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
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