La distinzione tra residenza e domicilio è un concetto fondamentale nel diritto italiano, ma spesso può generare confusione. Capire correttamente la differenza tra questi due termini è essenziale non solo per adempiere agli obblighi legali, ma anche per orientarsi meglio nelle questioni burocratiche e amministrative della vita quotidiana.
Ad esempio sulla base di questi due dati vengono stabilite l’iscrizione anagrafica, l’accesso ai servizi comunali, la tassazione locale ecc.
Analizziamo quindi in dettaglio a cosa corrispondono questi concetti e che differenze ci sono tra gli stessi. Partiamo dal domicilio, per poi passare alla residenza e infine vedere qual è la differenza sostanziale fra i due.
Cos’è il domicilio
Il domicilio, secondo il Codice Civile Italiano, è il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. A differenza della residenza, il domicilio non richiede una dimora stabile e può essere diverso dal luogo di residenza.
Stando all’articolo 43 del Codice civile, il domicilio coincide con il luogo che una persona sceglie come centro principale per i propri affari e interessi.
Il domicilio non si limita quindi ad indicare semplicemente il centro degli affari economici della persona o il suo luogo di lavoro ma abbraccia una sfera più ampia, che può includere anche il luogo dove si stabiliscono i propri interessi familiari, morali e sociali.
Domicilio eletto
L’articolo 47 del Codice civile permette di eleggere, in maniera chiara e per iscritto, un “domicilio speciale per determinati atti o affari”.
Si promuove quindi un concetto ben diverso rispetto al domicilio “ordinario”, già descritto, di cui al precedente articolo 43.
In questo modo si creano due percorsi separati:
- Il domicilio eletto, che assume particolare importanza, ad esempio, nell’ambito di controversie legali, diventando il punto di riferimento per tutte le comunicazioni, notifiche e corrispondenze legate a specifici atti o affari;
- Il domicilio abituale, quale centro (generico) delle relazioni familiari, sociali ed economiche.
In definitiva, grazie al domicilio eletto, si permette alla persona di stabilire un punto di riferimento preciso e inconfutabile per questioni e pratiche specifiche.
L’obiettivo è quello di evitare che determinate comunicazioni o atti di estrema importanza possano essere perduti o comunque non arrivare a destinazione, a causa di dubbi o errori del mittente sull’indirizzo di domicilio abituale.
Cos’è la residenza
La residenza è definita come il luogo in cui una persona vive abitualmente. È il luogo di dimora stabile, dove si svolge la vita quotidiana.
Il citato articolo 43 del Codice civile individua al comma 2 la residenza come il luogo “in cui la persona ha la dimora abituale”.
Fra le caratteristiche fondamentali della Residenza troviamo quindi: la dimora abituale, ossia la residenza è dove una persona dimora abitualmente, cioè il luogo in cui vive in modo stabile e continuativo; l’iscrizione anagrafica, per la legge italiana è infatti obbligatorio iscriversi all’Anagrafe del Comune dove si risiede. Questa iscrizione serve a tenere aggiornati i dati della popolazione residente. Si parla infatti anche di residenza anagrafica, diversa dalla residenza fiscale delle persone fisiche.
L’iscrizione serve infatti per beneficiare dei servizi del Comune, per stabilire dove esercitare il diritto / dovere di voto e per stabilire altri obblighi amministrativi come ad esempio dove richiedere la carta d’identità e altri documenti.
Qual è la differenza fra domicilio e residenza
In sostanza, la differenza tra domicilio e residenza anagrafica risiede nel fatto che la seconda rimane tale anche se la persona è assente per lunghi periodi, a causa di viaggi o impegni lavorativi, a patto che vi sia l’intenzione di mantenere in quel luogo l’abitazione principale e di farvi ritorno.
La residenza resta quindi immutata, a prescindere dalle assenze della persona, trattandosi del luogo centrale delle proprie relazioni familiari e sociali cui si intende far ritorno.
Domicilio “flessibile” e residenza “rigida”
In conclusione, domicilio e residenza, pur essendo concetti legali che si riferiscono a luoghi associati alla persona, presentano differenze sostanziali.
Il domicilio, essendo legato al centro degli affari e interessi di una persona, può identificarsi con più luoghi, riflettendo, ad esempio, le numerose sedi di lavoro e uffici dove è impiegata la persona.
Si tratta inoltre di un concetto “flessibile” potendo eleggere un domicilio specifico per determinati atti o affari.
La stessa flessibilità e molteplicità di luoghi non si ha al contrario per la residenza, essendo un concetto stabile e rigido, in quanto rappresenta un luogo singolo dichiarato ufficialmente dalla persona agli enti pubblici competenti (residenza anagrafica) dove la stessa vive concretamente e vi fa ritorno (residenza reale).
E’ opportuno comunque ricordare che possono verificarsi casi di discrepanza tra la residenza anagrafica e quella reale.
In situazioni simili, gli uffici competenti (ad esempio l’Agenzia Entrate) possono contestare la veridicità dell’indirizzo dichiarato alla Pubblica Amministrazione, con il rischio, per il contribuente, di affrontare conseguenze fiscali ed economiche particolarmente spiacevoli.
Residenza fiscale delle persone fisiche: cos’è e cosa cambia dal 2024?
La residenza fiscale delle persone fisiche si ottiene se il contribuente è iscritto all’Anagrafe della popolazione residente o ha residenza o domicilio in Italia per più di 183 giorni all’anno. È fondamentale, tra l’altro, per il calcolo dell’IRPEF.
Al di là di quelli che sono i concetti civilistici di residenza e domicilio, a livello fiscale la residenza è fondamentale per individuare i redditi da assoggettare all’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF). Infatti:
- Le persone residenti in Italia sono tassate sull’insieme dei loro redditi, compresi quelli loro imputabili in seguito a partecipazione in società, a prescindere dal luogo in cui questi vengono prodotti;
- Le persone non residenti, al contrario, sono imponibili solo per i redditi prodotti nel territorio italiano.
A decorrere dal 1° gennaio 2024, a seguito delle modifiche introdotte dal Decreto legislativo 27 dicembre 2023 numero 209 (adottato in attuazione della legge delega sulla riforma fiscale) si considerano residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte dell’anno solare (considerando anche le frazioni di giorno) hanno uno dei seguenti requisiti:
- Residenza, da intendersi ai sensi del Codice civile, articolo 43;
- Domicilio, da intendersi come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona);
- Presenza nel territorio dello Stato.
Salvo prova contraria si presumono inoltre residenti fiscalmente in Italia le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.
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