Dal 28 luglio 2025 uno dei principali identity provider italiani, InfoCert, introdurrà un canone annuale di 5,98 euro (IVA inclusa) per il mantenimento dello SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale. A darne notizia è InfoCert stessa tramite comunicazione ufficiale inviata ai propri utenti, seguendo le orme di Aruba, che aveva già annunciato nei mesi scorsi la fine della gratuità del servizio.
Questo passaggio segna un punto di svolta per l’accesso digitale in Italia, considerando che oggi oltre 39 milioni di cittadini utilizzano lo SPID per accedere ai servizi online della pubblica amministrazione, come l’INPS, l’Agenzia delle Entrate, il Fascicolo Sanitario Elettronico, la prenotazione di visite mediche, bonus, agevolazioni e servizi comunali.
Cos’è lo SPID e perché è così importante
Lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) è un sistema di autenticazione che consente ai cittadini italiani di accedere in modo sicuro e unificato a migliaia di servizi digitali offerti da enti pubblici e aziende private. Ogni utente riceve un set di credenziali personali (username e password, più un secondo livello di sicurezza) per identificarsi in rete, evitando lunghe trafile burocratiche e agevolando l’accesso ai propri dati e diritti.
L’utilizzo dello SPID è ormai indispensabile in molti ambiti: pensioni, sussidi, richieste fiscali, bonus scolastici, dichiarazioni dei redditi precompilate, certificati anagrafici, cambio medico di base, iscrizioni scolastiche e tanto altro. È, di fatto, il “PIN digitale” per milioni di cittadini.
InfoCert: come funzionerà l’abbonamento SPID
A partire dal 28 luglio 2025, gli utenti SPID di InfoCert dovranno esprimere il proprio consenso al pagamento di 5,98 euro annui per continuare a utilizzare il servizio. Il rinnovo non sarà automatico: chi non accetta le nuove condizioni non pagherà nulla, ma perderà l’accesso all’identità digitale rilasciata da InfoCert.
Per chi decidesse di interrompere il servizio, è possibile inviare una PEC all’indirizzo revoca.spid@legalmail.it oppure spedire una raccomandata a/r, come indicato nelle istruzioni ufficiali.
InfoCert sottolinea di aver fornito gratuitamente il servizio per un decennio, contribuendo alla digitalizzazione del Paese, ma ora, come altri provider, non riesce più a sostenere i costi di gestione in assenza di fondi statali.
Aruba: SPID a pagamento dal secondo anno
Anche Aruba, altro importante identity provider, ha introdotto un canone annuo per l’uso dello SPID. La misura è già attiva dal secondo anno di abbonamento, con un costo di 5,90 euro all’anno. Una cifra molto simile a quella annunciata da InfoCert.
Va inoltre evidenziato che tutti i provider, compresi quelli che ancora offrono SPID gratuitamente, fanno pagare in genere le modalità più comode e rapide di attivazione online, mentre spesso resta gratuita l’attivazione tramite uffici fisici o con l’ausilio di lettori smart card.
Una decisione legata ai finanziamenti mancati
Alla base di questa scelta, come spiegato dal direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale, Mario Nobile, vi è la necessità per i gestori di coprire i costi operativi, in attesa dell’effettiva erogazione dei 42 milioni di euro promessi dal Governo a partire dal 2019. Tali fondi, inseriti nel quadro del PNRR, sono destinati al sostegno dei provider SPID, ma l’erogazione effettiva ha subito continui ritardi.
L’Agenzia precisa comunque che è sempre possibile accedere ai servizi pubblici digitali anche tramite la Carta d’Identità Elettronica (CIE), senza costi aggiuntivi, ma questa alternativa è ancora poco diffusa tra i cittadini.
Gli altri gestori SPID: cosa succederà ora?
Oltre a InfoCert e Aruba, che hanno introdotto o introdurranno un canone, la maggior parte degli identity provider continua a offrire lo SPID gratuitamente. In particolare, Poste Italiane, che gestisce oltre il 70% delle identità digitali attive in Italia, mantiene al momento la gratuità del servizio.
Se però anche Poste dovesse introdurre un costo, lo scenario cambierebbe radicalmente. Un servizio finora percepito come “bene pubblico” rischierebbe di trasformarsi in un prodotto commerciale, con potenziali impatti negativi sull’accesso universale ai servizi pubblici e sulla digitalizzazione del Paese.
Cosa può fare ora il cittadino?
- Verificare il proprio gestore SPID: chi ha SPID con InfoCert o Aruba deve informarsi sul passaggio a pagamento.
- Decidere se accettare il canone o cambiare provider.
- Recedere dal servizio se non si vuole proseguire.
- Valutare l’uso della CIE (Carta d’Identità Elettronica) come alternativa gratuita.
Un consiglio utile: per chi ha già la CIE ma non l’ha mai usata digitalmente, è possibile scaricare l’app CIE ID sul proprio smartphone e attivarla, anche con il supporto degli uffici comunali.
Come ottenere lo SPID gratis con Poste Italiane
Chi desidera attivare oggi un nuovo SPID in modo completamente gratuito può ancora farlo tramite Poste Italiane. Il servizio SPID PosteID è disponibile senza costi se si sceglie l’attivazione di persona presso uno degli uffici postali.
Per ottenere lo SPID gratuito con Poste, basta:
- Prenotare un appuntamento presso un ufficio postale abilitato;
- Presentarsi con documento d’identità valido, tessera sanitaria e cellulare;
- Seguire le istruzioni dell’operatore per completare la registrazione.
Poste consente anche l’attivazione online, ma in quel caso possono essere previsti costi per il riconoscimento tramite videochiamata o CIE. Finché Poste Italiane manterrà la gratuità del servizio base, rappresenterà l’opzione più vantaggiosa per milioni di cittadini.
Leggi anche: SPID Poste Italiane: cos’è, quanto costa, come si richiede e come recuperare nome utente e password
Conclusione
Il passaggio dello SPID da servizio gratuito a servizio a pagamento per alcuni provider è il riflesso di una gestione incerta tra Stato e operatori privati. La digitalizzazione è un processo ineludibile, ma deve restare accessibile a tutti, pena l’esclusione digitale di milioni di cittadini.
Mentre il governo prepara l’erogazione dei fondi promessi, resta fondamentale garantire un quadro chiaro e stabile per i cittadini, assicurando che un diritto, quello all’accesso ai servizi pubblici digitali, non diventi un onere economico ingiustificato.