La Legge di conversione del decreto Aiuti bis è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 21 settembre. Il provvedimento, molto strutturato ed articolato, interviene su più settori e categorie sociali e soprattutto sul fronte lavoro. Fra le misure più importanti troviamo la decontribuzione del 2% a carico del lavoratore, ovvero l’ulteriore taglio del cuneo fiscale in busta paga pari all’1,2%, che si somma al taglio dei contributi pari allo 0,8%, già introdotto lo scorso gennaio.
Chiaro che finalità dell’azione del Governo è dunque salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, gravate in questo periodo dai costi più alti delle bollette e dei beni di prima necessità e dal boom dell’inflazione. Con il messaggio n. 3499 del 26 settembre 2022, l’INPS fornisce le istruzioni operative per l’applicazione dell’esonero del 2% ovvero di 0,8 + 1,2% sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore, per i periodi di paga dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022.
Aggiornamento: con nuovo messaggio n. 4009 del 7 novembre 2022, l’INPS offre ulteriori indicazioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi all’esonero contributivo dell’1,2% per i periodi di paga dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022. In particolare l’Istituto chiarisce che l’integrazione dell’1,2 per cento, relativa ai ratei della tredicesima mensilità, viene riconosciuta anche sui mesi di competenza da gennaio 2022 a giugno 2022, purché erogati a partire dal periodo di paga di luglio 2022.
Vediamo allora qualche interessante dettaglio sul taglio cuneo fiscale di cui al provvedimento in oggetto.
Cuneo fiscale: cos’è
Vero è che nel nostro paese il costo del lavoro continua ad essere ancora piuttosto elevato, e ciò va a gravare economicamente sia sulle aziende che sui lavoratori. Ecco perché la riduzione o taglio del cuneo fiscale è uno dei punti chiave del programma di interventi su economia e lavoro – e quanto previsto nel decreto Aiuti bis va proprio in questa direzione.
Ma che cos’è esattamente il cuneo fiscale? Ebbene, esso altro non è che la somma delle imposte dirette e indirette e dei contributi previdenziali che incidono sul costo del lavoro, sia dal lato delle aziende o datori di lavoro, sia da quello dei lavoratori subordinati, ma anche autonomi o liberi professionisti.
Volendo dare una definizione molto sintetica, possiamo affermare che il cuneo fiscale consiste nella differenza tra lo stipendio lordo pagato dal datore di lavoro e la busta paga netta, di fatto incassata dal lavoratore.
Chiaro che il cuneo fiscale è un parametro molto importante e che ci aiuta a capire e quantificare gli effetti della tassazione del costo del lavoro sul reddito dei lavoratori, avendo un quadro così più completo dell’occupazione e del mercato del lavoro in Italia.
Riduzione del cuneo fiscale nel decreto Aiuti bis
Sul piano dell’utilizzo delle risorse per il taglio del cuneo fiscale, è stato l’ex ministro dell’Economia, Daniele Franco, a chiarire che l’operazione ha un onere netto per la finanza dello Stato corrispondente a circa 1,2 miliardi di euro. Si tratta di una delle precisazioni rese nel corso della conferenza stampa di presentazione del decreto Aiuti bis. Come confermato dallo stesso Premier dimissionario Mario Draghi, per queste misure non sarà necessario uno scostamento di bilancio, in quanto l’economia italiana sta vivendo un momento nel complesso positivo.
Rispetto ai programmi iniziali, il taglio del cuneo fiscale di cui al provvedimento del Governo è più significativo. Si passa infatti dall’iniziale 1% al 1,2%, che si somma al citato sgravio contributivo pari allo 0,8%, fissato da inizio anno e tuttora valevole.
Facendo un semplice conto, siamo innanzi ad un taglio complessivo pari ad un 2%, che intende tutelare in particolare i redditi medio-bassi – e ciò per un fattore ben preciso. Infatti, il taglio o riduzione del cuneo fiscale attiene ai contribuenti che incassano non più di 35mila euro lordi all’anno. Ciò significa che sono coperte da questo intervento le retribuzioni imponibili lorde non al di sopra di 2.692 euro mensili.
Lo ribadiamo per chiarezza: in considerazione delle risorse disponibili, si tratta dunque di una scelta mirata per tutelare i cittadini che non siano in condizioni economiche particolarmente agiate. In pratica, lo Stato chiederà ai lavoratori meno contributi per la pensione e il welfare, ma lo farà verso coloro che, più di altri, ne hanno bisogno.
Aumenti in busta paga: quanto incasserà di più il lavoratore dipendente
Alla riduzione corrisponde, di fatto, l’aumento dello stipendio del lavoratore. A quest’ultimo sarà dato infatti uno stipendio più alto perché i contributi oggetto di taglio saranno versati dallo Stato. Siamo innanzi ad un esonero sulla quota dei contributi previdenziali, compresa la tredicesima, e detto esonero è potenziato per i lavoratori subordinati, tanto che nel periodo dal primo luglio al 31 dicembre 2022 – come detto – lo sconto passerà dallo 0,8 al 2%.
In particolare, a godere dell’agevolazione saranno i lavoratori dipendenti già individuati dalla legge di Bilancio 2022, titolari appunto di redditi non superiori a 35mila euro. Questa sorta di ‘bonus’ in busta paga sarà gestito dall’azienda con una riduzione del prelievo contributivo, che non andrà a pesare sui trattamenti pensionistici del futuro.
Dal punto di vista pratico, le cifre dell’aumento stipendio, in verità, non sono comunque così ingenti – essendo in gioco un aumento tra i 10 e 20 euro in più al mese.
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Retroattività della decontribuzione del 2%
Ricordiamo inoltre che questa misura è da intendersi come retroattiva – da luglio a dicembre 2022 – e perciò si può calcolare che, all’incirca, ad un lavoratore subordinato spetteranno 100 euro lordi in più in busta paga. Insomma, non un consistente aumento.
Concludendo, non bisogna dimenticare tuttavia che questo intervento va comunque controbilanciato poiché i conti pubblici debbono sempre trovare un equilibrio e una quadra. Come? Ebbene il Governo compenserà l’esborso extra per il taglio del cuneo fiscale e dei contributi con le tasse. In buona sostanza i lavoratori dovranno versare più tasse in proporzione all’imponibile e perciò il principio è molto semplice: chi guadagna di più, dovrà pagare di più all’Erario.
Proprio a seguito del taglio al cuneo fiscale non è prevista una riproposizione del bonus 200 euro, perché le risorse saranno destinate alla citata riduzione.
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