Ci sono soggetti che dedicano al lavoro la loro vita, di fronte a costoro, molti di noi provano ammirazione per lo spiccato senso del lavoro ritenendoli dei veri e propri stacanovisti; ma non tutti sanno che la dipendenza dal lavoro può costituire una vera e propria malattia o meglio, un disturbo ossessivo-compulsivo, definito dagli esperti come “workaholic”. Non è una scelta di vita ma, una vera e propria dipendenza che può mettere in pericolo relazioni sociali, famiglia e salute.
In Italia raramente viene usata la traduzione letterale “sindrome da ubriacatura da lavoro” e nemmeno la dizione italiana “sindrome da dipendenza dal lavoro”, ma si usa generalmente la definizione americana “sindrome da workaholism“.
Tale patologia si può definire come:
- “Disturbo ossessivo-compulsivo che si manifesta attraverso richieste auto-imposte, un’incapacità di regolare le proprie abitudini di lavoro ed eccessiva indulgenza nel lavoro fino all’esclusione delle altre principali attività della vita”.
- “Persona il cui bisogno di lavorare è talmente eccessivo da creare notevoli disagi ed interferenze nello stato di salute, nella felicità personale, nelle relazioni personali e familiari e nel suo funzionamento sociale”.
Il tratto caratteristico è che, a differenza di altre patologie o meglio di altre dipendenze, il workaholic è perfettamente aderente alla realtà sociale, poichè risponde proprio a una delle principali aspettative sociali, ossia essere produttivi. Così, il consenso che il workaholic si costruisce giorno per giorno nella società, tra gli amici e nell’ambiente di lavoro, lo rendono un sogetto invisibile e rispettabile, tanto da non comprendere il motivo per cui la famiglia si lamenta. È questo il classico segno di riconoscimento del workaholic: il dualismo tra consenso esterno e notevole risentimento dei familiari.
Il lavoro ha un effetto anestetizzante sia sulla sfera emotiva del workaholic che lo rende distaccato e insensibile sia sulla propria attività sessuale che si riduce o si azzera addirittura. Per il workaholic non c’è più differenza tra ufficio e casa, porta il lavoro in casa, a letto, nel week-end o in vacanza.
Ma come riconoscere, e soprattutto come curare, questa particolare forma di dipendenza? Stefano Guerreschi, psicoterapeuta esperto di dipendenze, ha affrontato il problema in un libro edito da Guerini e associati, “Workaholic- dipendenza da lavoro, come curarla”. Nel manuale, un vero e proprio test sulla materia, lo specialista aiuta il lettore a scoprire quanto è lavoro-dipendente.
Nel testo si legge: “Se porti a casa il lavoro durante il week-end, se prendi impegni extra per paura di rimanere senza niente da fare, se quando non lavori ti senti depresso, se sei competitivo con tutti e in ogni occasione, è molto probabile che tu sia un workaholic”. “Il lavoro è diventato l’unico strumento di affermazione del tuo valore personale, l’unica difesa dall’ansia e dall’insicurezza, l’unico modo per riempire i vuoti del tuo mondo affettivo”.
Nel libro sono contenute, così, anche le storie di vita delle persone che sono riuscite a sconfiggere “la dipendenza”, attraverso un percorso terapeutico che, operando cambiamenti anche dolorosi, ha permesso ai “drogati di lavoro” di riappropriarsi della loro vita, recuperando l’autostima, ma anche le relazioni di coppia e familiari.
Fonte: www.inail.it www.wikipedia.it
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