Anche i cittadini stranieri appartenenti all’Unione europea che soggiornano sul territorio italiano, possono chiedere e ottenere il prezioso documento della Dichiarazione di immediata disponibilità (DID), ai sensi dell’art. 19 del Decreto Legislativo n. 150/2015. Ciò permette loro di ricevere, al pari dei cittadini italiani, i servizi e le misure di politica attiva del lavoro; l’obiettivo è quello di reinserire in maniera più efficace ed efficiente lo stranieri nel mondo del lavoro, rispettando in questo modo il quadro regolatorio, europeo e nazionale.
A darne notizia è l’ANPAL con la Circolare n. 4 del 29 agosto 2018, la quale fornisce utili precisazioni anche in merito al requisito della “residenza”, di cui all’art. 11, co. 1, lett. c) del Decreto Legislativo 150/2015. Ma andiamo per ordine e vediamo nel dettaglio il contenuto del documento di prassi citato.
DID per cittadini UE, il quadro regolatorio
Il parere dell’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro deriva fondamentalmente dal rispetto di uno degli articoli cardine del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea): ossia l’art. 45. Tale articolo, in particolare, disciplina e assicura la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea, con l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
Dal dettato normativo deriva un’importante principio su cui si basa da anni l’Unione Europea e che ne ha fatto uno dei principi di base: ciascun lavoratore è libero di poter cercare lavoro un altro Stato membro ottenendo le stesse tutele e regolamentazioni del Paese d’origine. Ciò significa che se un lavoratore francese venisse in Italia per cercare lavoro, gli uffici di collocamento italiani devono offrire al cittadino europeo la medesima assistenza che gli uffici di collocamento offrono ai cittadini dello Stato membro in questione, senza alcuna discriminazione fondata sulla nazionalità.
Ma cosa succede se ad esempio un lavoratore francese perdesse il lavoro in Italia? Dovrebbe far ritorno nel suo Paese d’origine? In questi casi, secondo le previsioni di cui all’art. 7 della Direttiva 2004/38/CE, il lavoratore straniero che ha interrotto il suo rapporto di lavoro, con durata superiore a tre mesi, ha diritto di restare in Italia.
Tutto ciò induce lo Stato a mettere a disposizione strutture e mezzi, quale supporto per l’attivazione e la ricollocazione nel mercato del lavoro, anche in favore di tutti quei cittadini che si muovono all’interno dell’Unione per trovare lavoro.
Dichiarazione di immediata disponibilità, richiedibile anche da cittadini UE
La possibilità per i cittadini stranieri di ricevere gratuitamente a servizi di collocamento è stato stabilito recentemente a livello nazionale dal Jobs Act con l’art. 1, co. 3 del D.Lgs. n. 150/2015. L’articolato cita espressamente gli artt. 1, 4, 35 e 37 della Costituzione e l’articolo 29 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, i quali:
- da un parte, promuove l’effettività dei diritti al lavoro, alla formazione ed all’elevazione professionale;
- e dall’altra permette a ogni individuo ad accedere a servizi di collocamento gratuito, mediante interventi e servizi volti a migliorare l’efficienza del mercato del lavoro,
Alla luce del su esposto quadro regolatorio, europeo e nazionale, l’ANPAL ritiene che anche i cittadini UE possono ottenere il rilascio della DID; e ricevere quindi i servizi e le misure di politica attiva del lavoro, nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 45 del TFUE e della direttiva 2004/38/CE.
Infine, quanto al requisito di “residenza”, di cui all’art. 11, co. 1, lett. c), del Decreto Legislativo n. 150/2015, l’ANPAL afferma che esso non può in alcun caso essere inteso come un ostacolo all’effettiva tutela dei cittadini dell’ Unione europea ma deve necessariamente essere letto in relazione al principio di libera circolazione dei lavoratori nell’Unione europea e dei principi sopra indicati.
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