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Home»Leggi, normativa e prassi»Emergenza Caldo: per la tutela dei lavoratori è tempo di superare il modello last-minute

Emergenza Caldo: per la tutela dei lavoratori è tempo di superare il modello last-minute

Antonio Maroscia3 Luglio 20255 Mins Read
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Emergenze climatiche e lavoro: serve un cambio di paradigma. Il caldo non è più un’eccezione, ma una sfida strutturale.

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Al lavoro fa troppo caldo

Il 2 luglio 2025 è stato sottoscritto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali il Protocollo quadro per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi legate alle emergenze climatiche negli ambienti di lavoro. Si tratta di un documento importante, che affronta in modo coordinato le crescenti minacce poste dal cambiamento climatico alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, sia in ambienti esterni che interni.

Intanto, nel pieno dell’Emergenza Caldo, alla spicciolata le Regioni corrono ai ripari emanando qua e là ordinanze per vietare di lavorare all’aperto nelle ore più calde della giornata, per i settori edili, cave, aziende agricole e florovivaistiche.

Indice:
  • Un passo avanti per la tutela dei lavoratori
  • Ma possiamo davvero chiamarle ancora “emergenze”?
  • Serve un cambio di paradigma: dalla gestione dell’emergenza alla pianificazione strutturale
  • Le regioni corrono ai ripari: stop ai lavori nelle ore più calde
  • Bene il Protocollo, ma guardiamo più lontano

Un passo avanti per la tutela dei lavoratori

Il Protocollo riconosce apertamente che i cambiamenti climatici non sono più un’ipotesi remota o un rischio marginale, ma una realtà concreta che incide profondamente sulle condizioni lavorative. Lavorare in esterno sotto ondate di calore estreme o in interni non climatizzati non è solo scomodo, ma può diventare pericoloso per la salute.

Tra le misure promosse ci sono:

  • l’obbligo per i datori di lavoro di monitorare costantemente i bollettini climatici ufficiali,
  • la possibilità di attivare ammortizzatori sociali in caso di condizioni meteo estreme,
  • il rafforzamento di informazione e formazione per la prevenzione,
  • la riorganizzazione di turni e orari per evitare i momenti più caldi della giornata,
  • la promozione di accordi specifici a livello aziendale, territoriale e settoriale.

È un approccio che unisce la cornice normativa esistente (D.Lgs. 81/2008) con la flessibilità della contrattazione collettiva e con il supporto delle istituzioni (INAIL, INL, Ministero della Salute, ecc.), puntando a proteggere non solo la produttività, ma prima di tutto la salute psicofisica dei lavoratori.

Leggi anche: Emergenza caldo e lavoro, nuove linee guida 2025 per proteggere i lavoratori dal rischio termico e solare

Ma possiamo davvero chiamarle ancora “emergenze”?

E qui nasce una riflessione inevitabile. Il Protocollo continua a parlare di emergenze climatiche. Ma possiamo ancora trattare questi eventi come eccezioni improvvise e imprevedibili?

I dati scientifici e le esperienze quotidiane dimostrano l’opposto: le ondate di calore, le piogge torrenziali, le alluvioni e le temperature estreme sono ormai fenomeni regolari, che si ripetono anno dopo anno con crescente intensità e frequenza. In molte zone d’Italia, per esempio, i 40°C estivi non sono più una rarità, ma una norma stagionale.

Definire tutto questo “emergenza” rischia di creare un cortocircuito: se l’eccezione diventa la regola, continuare a reagire in modo emergenziale significa inseguire i problemi invece di prevenirli strutturalmente.

temperature ambiente di lavoro

Serve un cambio di paradigma: dalla gestione dell’emergenza alla pianificazione strutturale

È arrivato il momento di superare il linguaggio e il modello dell’eccezionalità. Non si tratta più solo di attivare misure “quando serve”, ma di ripensare l’organizzazione del lavoro alla luce del clima che cambia.

Questo significa, ad esempio:

  • inserire il rischio climatico in modo permanente nei documenti di valutazione dei rischi (DVR),
  • progettare spazi e impianti con criteri climaticamente resilienti (aree d’ombra, ventilazione naturale, materiali isolanti),
  • rivedere le normative urbanistiche e industriali alla luce del riscaldamento globale,
  • considerare il microclima come parte integrante della sicurezza sul lavoro, specialmente nei cantieri e nei capannoni.

Il Protocollo fa alcuni passi in questa direzione, soprattutto laddove parla di “prospettiva prevenzionale di lungo periodo”, ma c’è ancora strada da fare per trasformare il cambiamento climatico da minaccia episodica a fattore strutturale di pianificazione economica e sociale.

Le regioni corrono ai ripari: stop ai lavori nelle ore più calde

Negli ultimi giorni, diverse Regioni italiane hanno emanato ordinanze per vietare temporaneamente i lavori all’aperto nelle ore centrali della giornata, in risposta all’ondata di calore che sta investendo il Paese. Tra le più attive figurano Lombardia, Emilia-Romagna, Abruzzo, Molise, Veneto, Basilicata e molte regioni del Centro-Sud. Le misure prevedono il divieto di svolgere attività fisiche pesanti all’esterno, in particolare nei cantieri, in agricoltura e nei settori esposti, nella fascia oraria generalmente compresa tra le 12:30 e le 16:00.

L’obiettivo è chiaro: tutelare i lavoratori dai rischi di colpi di calore, disidratazione e stress termico acuto. Tuttavia, questo intervento frammentario mette in luce l’assenza di un quadro normativo uniforme a livello nazionale, che costringe le amministrazioni locali a intervenire in modo reattivo, spesso solo dopo l’arrivo dell’emergenza. Una gestione che rafforza l’urgenza di passare da una logica emergenziale a una pianificazione strutturale e permanente della sicurezza climatica sul lavoro.

Leggi anche: Al lavoro fa troppo caldo? Ecco quando il lavoratore può rifiutarsi di lavorare…

 

Bene il Protocollo, ma guardiamo più lontano

Il Protocollo firmato è un segnale positivo: istituzioni, imprese e sindacati iniziano a prendere sul serio l’impatto del clima sul lavoro. Ma è anche un’occasione per iniziare un nuovo racconto: quello in cui il clima non è più il nemico invisibile da combattere solo quando colpisce, ma una variabile permanente con cui convivere e su cui progettare il nostro futuro.

L’epoca dell’emergenza climatica è finita. È l’ora della pianificazione climatica del lavoro.

  Min. Lavoro, protocollo condizioni climatiche estreme luglio 2025 (186,7 KiB, 9 hits)

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