Tra le novità di rilievo del 2024 che riguardano la pensione c’è la pace contributiva. All’interno della Legge di Bilancio, infatti, è stato introdotto un meccanismo attraverso il quale, nel biennio 2024-2025, è stato introdotto in maniera sperimentale un nuovo meccanismo di riscatto fino a cinque anni di vuoti contributivi. La misura è stata introdotta per aiutare soprattutto i giovani, che hanno una carriera discontinua e che in futuro potrebbero avere i maggiori problemi ad accedere alla pensione.
Attraverso la pace contributiva, infatti, è possibile riuscire a riscattare fino a cinque anni di periodi contributivi vuoti, riuscendo, in questo modo, ad accedere alla pensione prima e a rendere l’assegno previdenziale leggermente più sostanzioso.
Pace contributiva, come funziona nel 2024
Hanno la possibilità di accedere alla pace contributiva 2024 – 2025 i lavoratori che non abbiano dei versamenti antecedenti al 1° gennaio 1996. Devono, in estrema sintesi, ricadere completamente nel sistema contributivo (sono i cosiddetti contributivi puri). Questi soggetti hanno la possibilità di riscattare i periodi che non risultino essere coperti da degli obblighi contributivi e da retribuzione.
Attraverso la pace contributiva, cioè è possibile riscattare i periodi che intercorrono tra due diversi periodi nei quali il diretto interessato ha lavorato. Il riscatto, in altre parole, permette di andare a coprire eventuali anni scoperti tra quello in cui si è iniziato a lavorare e l’ultimo contributo versato e nei quali cioè non ci sono contributi ne vi si possono far ricadere contributi di qualsiasi natura:
- obbligatori;
- volontari;
- figurativi;
- da riscatto;
- da ricongiunzione.
Quali gestioni INPS riguarda la pace contributiva
È possibile accedere all’agevolazione indipendentemente dalla gestione presso la quale risultano essere accreditati:
- Assicurazione generale obbligatoria (AGO) e le sue forme sostitutive;
- gestioni speciali degli autonomi: artigiani, commercianti, agricoli;
- gestione Separata INPS.
Grazie alla pace contributiva è possibile sanare fino ad un massimo di cinque anni anche non consecutivi. È quindi possibile procedere anche con il riscatto parziale.
Come impatta sulla pensione
La pace contributiva permette di anticipare il giorno in cui è possibile andare in pensione. O, in alternativa, di aumentare il numero dei contributi in modo da riuscire ad ottenere un assegno previdenziale più alto.
La misura, che verrà introdotta in maniera sperimentale, va ad integrarsi alla perfezione con l’abolizione del vincolo di maturazione dell’importo minimo della pensione di vecchiaia, che è stato fissato dal legislatore in 1,5 volte il minimo Inps. Dal 2024, infatti, diventa pari al trattamento stesso.
Chi potrà beneficiare della nuova misura
Hanno la possibilità di accedere alla pace contributiva i lavoratori dipendenti e gli autonomi che abbiano iniziato a versare i contributi dopo il 1° gennaio 1996. Devono essere dei contributivi puri e non essere già titolari di una pensione. Devono, inoltre, essere iscritti ad una delle varie gestioni Inps.
I diretti interessati hanno la possibilità di riscattare i periodi non coperti da contribuzione e non soggetti a degli obblighi contributivi. Non rientrano, quindi, all’interno della pace contributiva eventuali periodi per i quali si è omesso il versamento dei contributi.
I lavoratori avranno la possibilità di effettuare i versamenti in completa autonomia: il periodo massimo che possono coprire è pari a cinque anni. I quali verranno equiparati a tutti gli effetti a quelli ordinari, che risultano essere presenti nel montante del singolo lavoratore.
Quanto costa e quanto vale per la pensione
Quanto costa, in estrema sintesi, sanare la propria posizione contributiva? La spesa è equiparata a quella del riscatto ordinario: non sono previste, quindi delle agevolazioni così come succede per la laurea.
Gli oneri di riscatto variano, condizionati direttamente dall’ultima retribuzione annua percepita nel momento in cui è stata inoltrata la richiesta. La retribuzione dovrà essere moltiplicata – solo per effettuare un esempio – per l’aliquota IVS del 33%, nel caso in cui ad effettuare l’operazione sia un lavoratore dipendente.
Questi sono i parametri da prendere in considerazione per calcolare la spesa che deve essere affrontata:
- l’aliquota che deve essere applicata è quella che viene utilizzata presso la gestione previdenziale per la quale si sta procedendo a chiedere il riscatto;
- l’imponibile, che deve essere preso in considerazione, è quello relativo alla retribuzione percepita nel corso degli ultimi dodici mesi prima della richiesta di riscatto.
In altre parole più alto è lo stipendio percepito e maggiore sarà il costo del riscatto da sostenere. È possibile, però, versare quanto dovuto in 120 rate, il cui importo minimo deve essere pari a 30 anni. Non vengono conteggiati gli interessi.
Il costo sostenuto risulta essere deducibile dal reddito imponibile Irpef. Nel caso in cui dovesse essere pagato dal datore di lavoro al posto dei premi di produzione, è un onere deducibile dal reddito di lavoro autonomo e d’impresa.
Pace contributiva: a chi conviene
A chi conviene aderire alla pace contributiva? Benché il costo possa apparire alto può convenire a chi non raggiunge i requisiti minimi per la pensione di vecchiaia, che è fissata a 67 anni e che dal 2026 potrebbe essere posticipata ulteriormente, per le aspettative di vita.
Potrebbe, inoltre, essere conveniente per i giovani che sono ancora ad inizio carriera e hanno intenzione di incrementare la pensione, cercando di contrastare, almeno in parte, un assegno previdenziale che sarà sicuramente esiguo.
Nel caso in cui nessuno di questi due obiettivi dovesse essere centrato, la pace contributiva non risulterebbe particolarmente conveniente. A quale punto sarebbe più opportuno puntare al riscatto della laurea o a una pensione integrativa.
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