Close Menu
Lavoro e Diritti
  • 📢 Notizie
    • Leggi, normativa e prassi
    • Sentenze Lavoro
    • ABC Lavoro
    • Soldi e Diritti
    • Fisco e Tasse
    • Pensioni Oggi
    • Lavoro, concorsi e carriera
    • Pubblico Impiego
    • Impresa
  • 📚 Guide
  • 📺 Video
  • 🧰 Risorse
    • La Posta di Lavoro e Diritti
    • Blog, il Futuro del Lavoro
    • Newsletter & Social
    • Glossario

Lavoro e Diritti risponde gratuitamente ai tuoi dubbi su: lavoro, pensioni, fisco, welfare.

Lavoro e Diritti
  • 📢 Notizie
    • Leggi, normativa e prassi
    • Sentenze Lavoro
    • ABC Lavoro
    • Soldi e Diritti
    • Fisco e Tasse
    • Pensioni Oggi
    • Lavoro, concorsi e carriera
    • Pubblico Impiego
    • Impresa
  • 📚 Guide
  • 📺 Video
  • 🧰 Risorse
    • La Posta di Lavoro e Diritti
    • Blog, il Futuro del Lavoro
    • Newsletter & Social
    • Glossario
Iscriviti
Lavoro e Diritti
Iscriviti
  • 📢 Notizie
  • 📚 Guide
  • 📺 Video
  • ✉️ Posta
Home»Sentenze Lavoro»Licenziamento illegittimo nelle PMI: per la Consulta illegittimo il tetto delle sei mensilità di risarcimento

Licenziamento illegittimo nelle PMI: per la Consulta illegittimo il tetto delle sei mensilità di risarcimento

Antonio Maroscia22 Luglio 20254 Mins Read
Condividi Facebook WhatsApp Telegram Twitter LinkedIn Email

La Corte Costituzionale dichiara illegittimo il tetto di 6 mensilità per il risarcimento nei licenziamenti illegittimi delle piccole imprese.

>> Entra nel Canale WhatsApp di Lavoro e Diritti
Licenziamento per scarso rendimento

Con una nuova pronuncia, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del D.lgs. 23/2015, nella parte in cui fissava a sei mensilità il tetto massimo dell’indennizzo per i lavoratori licenziati illegittimamente da piccole imprese.

Una pronuncia – la n. 118 del 2025 – che riconosce la necessità di risarcimenti personalizzati, congrui e dissuasivi, anche nelle realtà aziendali sotto la soglia dei 15 dipendenti. Un passo avanti per i diritti dei lavoratori che restituisce centralità al ruolo del giudice nella valutazione del danno.

Indice:
  • Il caso: una lavoratrice licenziata senza motivazione, in un’azienda con meno di 15 dipendenti
  • La Corte: “Serve un risarcimento adeguato, non simbolico”
  • Cosa cambia ora: più equità nei risarcimenti, anche nelle PMI
  • Un invito al legislatore: superare la logica della “dimensione”
  • Normativa di riferimento:
  • Una tutela rafforzata per i lavoratori più esposti

Il caso: una lavoratrice licenziata senza motivazione, in un’azienda con meno di 15 dipendenti

La questione è nata da un ricorso presentato da una lavoratrice licenziata senza alcuna contestazione scritta, nonostante un rapporto di lavoro durato sei anni e senza precedenti disciplinari. L’azienda per cui lavorava contava meno di 15 dipendenti: una “piccola impresa”, quindi soggetta a regole speciali.

Secondo la normativa vigente, il risarcimento massimo spettante in caso di licenziamento illegittimo in queste imprese era limitato a sei mensilità della retribuzione. Troppo poco – ha ritenuto il giudice del lavoro di Livorno – per garantire una tutela reale. E così, la questione è finita davanti alla Consulta.

La Corte: “Serve un risarcimento adeguato, non simbolico”

Con questa pronuncia, la Corte ha stabilito che non è costituzionalmente ammissibile un tetto rigido e fisso di sei mensilità, perché:

“impedisce al giudice di garantire la personalizzazione, l’adeguatezza e la congruità del risarcimento, compromettendo la funzione deterrente della norma nei confronti del datore di lavoro.”

In particolare, la Corte ha evidenziato che il sistema creato dal Jobs Act – già fortemente criticato in passato – comprime eccessivamente i margini di intervento del giudice, uniformando casi anche molto diversi tra loro. E lo fa in modo ancora più drastico proprio nelle piccole imprese, dove l’indennizzo è già dimezzato per legge rispetto alle aziende più grandi.

Cosa cambia ora: più equità nei risarcimenti, anche nelle PMI

Con questa sentenza, viene eliminato il tetto delle sei mensilità: il giudice potrà ora valutare l’entità del danno caso per caso, tenendo conto di:

  • Anzianità di servizio
  • Gravità del vizio del licenziamento
  • Comportamento dell’azienda
  • Conseguenze personali ed economiche per il lavoratore

Questo non significa che l’indennizzo sarà sempre altissimo, ma che non sarà più rigidamente limitato, a prescindere dalle circostanze.

Un invito al legislatore: superare la logica della “dimensione”

Nella parte finale della sentenza, la Corte invita il Parlamento a riformare l’intero impianto normativo dei licenziamenti nelle piccole imprese. La sola dimensione aziendale – osserva la Corte – non può essere l’unico parametro per definire le tutele: esistono aziende “piccole” solo per numero di dipendenti, ma con forze economiche significative.

Si auspica dunque una riforma che tenga conto di più fattori, come:

  • il fatturato,
  • la struttura organizzativa,
  • la reale capacità economica del datore di lavoro.

Normativa di riferimento:

  • D.lgs. 23/2015, art. 9, comma 1 (parzialmente abrogato dalla sentenza)
  • Legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori), art. 18 (requisiti dimensionali)
  • Costituzione italiana, art. 3 (uguaglianza), art. 4 (diritto al lavoro), art. 117 (conformità agli obblighi internazionali)
  • Carta Sociale Europea, art. 24: diritto a un “congruo indennizzo o altra adeguata riparazione”

Una tutela rafforzata per i lavoratori più esposti

Il vero significato di questa pronuncia è chiaro: non esistono lavoratori di serie A e di serie B. Il fatto di lavorare in una piccola impresa non può giustificare una tutela così debole da risultare inefficace. Il diritto al lavoro è un principio costituzionale, e il risarcimento deve essere proporzionato al danno, non alla dimensione del datore.

Grazie a questa sentenza, un lavoratore illegittimamente licenziato avrà accesso a un’indennità più equa, più giusta, più umana.

Fonti:

  • Sentenza n. 118/2025 della Corte Costituzionale
  • Comunicato stampa ufficiale della Corte del 21 luglio 2025
  • Decreto legislativo 23/2015, art. 9

Potrebbe interessarti:

  • Il convivente di fatto è parte dell’impresa familiare: ecco una sentenza chiave per i rapporti di lavoro
  • Sanzioni per mancati versamenti INPS: giuste e legittime, secondo la Consulta
  • Congedo di paternità obbligatorio anche alla “seconda madre” lavoratrice: la decisione della Consulta
Corte Costituzionale
Cerca nel sito

Lavoro e Diritti risponde gratuitamente ai tuoi dubbi su: lavoro, pensioni, fisco, welfare.

Logo Lavoro e Diritti Bianco
  • Chi Siamo
  • Contatti
  • Redazione
  • Collabora
  • Privacy Policy
  • Cookie
  • Archivio
  • Mappa del Sito
Facebook YouTube WhatsApp LinkedIn Telegram TikTok Instagram X (Twitter)
  • ABC Lavoro
  • Soldi e Diritti
  • Pensioni Oggi
  • Fisco e Tasse
  • Sentenze
  • Leggi e prassi
  • Lavoro e Concorsi
  • Pubblico Impiego
  • Imprese e PMI
© 2025 Lavoro e Diritti
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Larino al n° 511 del 4 agosto 2018
P. IVA 01669200709

Type above and press Enter to search. Press Esc to cancel.