Le ferie non godute dei dipendenti pubblici costano all’Italia una bella tirata d’orecchie da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea. I giudici europei, infatti, hanno sostanzialmente bocciato il divieto assoluto di monetizzare le ferie naturate ma non godute, non direttamente in busta paga, ma in una situazione specifica.
Il caso è partito da una controversia promossa da un ex dipendente comunale. Quest’ultimo, nel corso del 2016, si è dimesso volontariamente per andare in pensione. Il funzionario aveva chiesto che gli fosse riconosciuta un’indennità sostitutiva per le ferie annuali che non aveva goduto. Il Comune aveva rifiutato al lavoratore di godere di questo diritto.
La sentenza dell’Unione europea, però, ha dato torto sostanzialmente al Comune. Ma, soprattutto, ha un merito ben preciso: quello di aver chiarito che i lavoratori hanno diritto a ricevere un’indennità, nel caso in cui non abbiano potuto godere delle ferie annuali.
Cosa cambia, a questo punto, per i dipendenti pubblici? Quali fronti ed opportunità vengono aperte della sentenza europea? Scopriamolo.
La monetizzazione delle ferie non godute
A fare il punto della situazione sulla monetizzazione delle ferie non godute ci ha pensato la Corte di Giustizia dell’Unione europea. A seguito di una serie di cause, la sentenza n. 218/22 del 18 gennaio 2024 ha riconosciuto il pagamento di un’indennità sostitutiva delle ferie.
Il precedente normativo a cui si dovevano rifare i dipendenti pubblici in precedenza era il Decreto Legge n. 95/2012, attraverso il quale era stato stabilito che le ferie, i riposi ed i permessi che spettano al personale della pubblica amministrazione dovessero essere fruiti obbligatoriamente. Non era possibile sostituirli con dei trattamenti economici.
In un certo senso la norma era stata ideata per tutelare il dipendente, che non avrebbe dovuto rinunciare alle ferie. Ma anche per esigenze più strettamente economiche, legate al contenimento della spesa pubblica. Questa norma, però, è stata ritenuta dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea incompatibile con il diritto comunitario. L’Ue, di fatto, ha riconosciuto la possibilità di monetizzare le ferie non godute: nel momento in cui si dovessero venire a verificare alcune eventualità.
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Cosa cambia per i dipendenti pubblici
La Corte di Giustizia europea ha dato delle disposizioni ben precise sulle ferie retribuite e sui trattamenti economici sostitutivi, che non si possono basare su considerazione economiche. Come è il caso del contenimento della spesa pubblica.
Il dipendente perde il diritto al pagamento delle ferie non godute solo e soltanto quando vi rinuncia spontaneamente. È necessario, però, che venga sollecitato ed informato in maniera adeguata dal datore di lavoro. In caso contrario avrà sempre diritto ad ottenere la monetizzazione delle ferie non godute.
Ad ogni modo, il lavoratore ne ha sempre diritto nei seguenti casi:
- dimissioni;
- risoluzione del contratto;
- cessazione del rapporto di lavoro per mobilità;
- pensionamento;
- raggiungimento del limite di età.
È importante precisare che con la sentenza della Corte di Giustizia europea non significa che la legge italiana sia stata cambiata. Le sue decisioni, purtroppo, non fanno sentenza. La decisione, però, è a tutti gli effetti vincolante per le parti in causa e per i magistrati ordinari che, in futuro, dovranno prendere delle decisioni su questioni analoghe.
Siamo davanti, in altre parole, ad un vero e proprio cambiamento per i dipendenti pubblici, che fino a questo momento si sono sempre visti negare le indennità economiche delle ferie non godute.
Nel caso preso in esame dai giudici europei il Comune dovrà pagare l’indennità al funzionario dimissionario se non dimostrerà di aver fatto in modo, con tutta la diligenza necessaria, che il lavoratore fosse nelle condizioni di fruire effettivamente dei giorni di ferie.
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