Forse non tutti sanno che da inizio anno è entrata ufficialmente in vigore una nuova disciplina dello sconfinamento bancario e del default bancario, secondo le indicazioni di cui al regolamento UE sui requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento. Si fa riferimento, in particolare, all’art. 178 del Reg. UE n. 575 del 2013.
Il punto è interessante giacchè, se da un lato le novità in oggetto non cambiano sostanzialmente l’iter delle segnalazioni alla Centrale Rischi nell’ambito del processo di valutazione del merito creditizio dei clienti dell’istituto – in quanto come già in precedenza gli intermediari abilitati possono segnalare il cliente debitore esclusivamente se credono abbia una duratura difficoltà nel tempo a restituire quanto dovuto – dall’altro lato, le recenti norme influiscono sui requisiti patrimoniali minimi obbligatori per le banche e gli intermediari finanziari.
Facciamo dunque chiarezza e vediamo cosa è cambiato dal primo gennaio 2021 in tema di sconfinamento bancario.
Sconfinamento bancario: di che si tratta?
In effetti questa espressione potrebbe risultare di ardua interpretazione ai più, ma spiegare che cos’è lo sconfinamento bancario non è operazione così complicata. In buona sostanza, si intende un’azione comunissima tra i correntisti, ovvero i clienti delle banche.
Lo sconfinamento bancario infatti attiene ad una o più linee di fido ed è rappresentato da quella possibilità che l’istituto di credito dà al proprio cliente di spendere una somma superiore al reale ammontare dei risparmi posseduti. In altre parole, è quel che in gergo si chiama lo ‘scoperto di conto‘, ossia il denaro che la banca concede, tanto da poter così mettere in atto alcuni pagamenti, ma con il conto in rosso.
Casi tipici di sconfinamento bancario sono quelli in cui il cliente è in una fase di temporanea difficoltà finanziaria. Ecco allora che detta misura opera come una sorta di salvagente per chi, ad esempio, sta aspettando che un committente finalmente lo paghi per la prestazione svolta; o per chi sta attendendo nuovi ordini di produzione. Ancora, lo sconfinamento bancario riguarda non di rado le aziende che, in un periodo di magra, con incassi che non arrivano e costi da sostenere, magari in concomitanza pausa estiva, si trovano con conti correnti aziendali in sofferenza.
Se l’esigenza di liquidità permane per un tempo limitato, sebbene l’interessato abbia dovuto sconfinare, non sussiste alcun problema; a patto appunto che il cliente rientri dal debito. Nel caso il conto in rosso permanga nel tempo, invece, la banca potrebbe rivelarsi ben presto insofferente verso il correntista. Ecco perchè si è ritenuto di intervenire con una nuova disciplina sullo sconfinamento bancario, con nuovi criteri più rigidi.
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I criteri della nuova disciplina: quali sono?
Come appena accennato, il nuovo Regolamento UE sullo sconfinamento dei debiti bancari prevede soglie di rilevanza più stringenti. Infatti i debiti sono considerati deteriorati (default), se sussiste almeno una delle condizioni che seguono:
- l’istituto di credito ritiene improbabile che il debitore adempia alla sua obbligazione, senza specifiche azioni come l’escussione delle garanzie (detto criterio era comunque già operativo);
- il debitore è in arretrato da più di 90 giorni – per le PA 180 giorni – nel pagamento di una obbligazione che abbia rilievo finanziario. Quest’ultimo sussiste se è in gioco un debito scaduto che oltrepassi 100 euro per le esposizioni al dettaglio; 500 euro per le esposizioni diverse (soglia assoluta); oppure l’1% dell’esposizione complessiva nei confronti di una controparte (soglia relativa).
In buona sostanza, con la nuova normativa sullo sconfinamento bancario, aumentano significativamente i rischi, per il cliente-debitore, di essere classificato in stato di default.
Parafrasando quanto appena riportato, occorre pertanto che lo sconfinamento bancario oltrepassi la cosiddetta soglia di rilevanza, ovvero che superi sia quella assoluta (100 o 500 euro), sia quella relativa (1% dell’esposizione) e che lo sconfinamento si protragga oltre il periodo consentito – come detto, 90 0 180 giorni consecutivi.
Stop alle compensazioni
In questa linea di maggior rigore, si inserisce anche l’addio alle compensazioni. Infatti, con le nuove regole in vigore dal primo gennaio, non è più possibile compensare gli importi scaduti con linee di credito aperte e non utilizzate. E’ doveroso dunque che il debitore si attivi, servendosi del margine disponibile per fronteggiare finalmente il pagamento ormai scaduto.
In altre parole, oltre all’irrigidimento delle soglie, le nuove regole europee non consentono spazi di manovra alle banche. Le precedenti regole permettevano invece agli istituti di credito di concedere ai clienti compensazioni tra distinte linee di credito.
Il rischio di diventare subito morosi è concreto
Alla luce della nuova normativa sullo sconfinamento bancario, il cliente che ha il conto corrente ‘scoperto’ e non riesce a sanare il debito tempestivamente, si troverà di fronte al rischio concreto di risultare rapidamente “moroso” verso vari soggetti, come l’Inps o le finanziarie.
E non soltanto: infatti, le nuove regole dispongono che per un mancato pagamento al di sopra dei 100 euro, protratto per 3 mesi, il cliente sia classificato come cattivo pagatore; conseguenza è la segnalazione alla Centrale Rischi.
Con il nuovo sconfinamento bancario gli addebiti automatici non saranno più permessi, in caso di conti in rosso e insufficienza di liquidità.
Concludendo, il pericolo per non pochi clienti-debitori è anche quello di trovarsi innanzi al brusco stop dei pagamenti di utenze; rate di finanziamenti; contributi previdenziali; stipendi. Nuove regole che certamente non sono d’aiuto a chi già si trova in una delicata situazione finanziaria, ma che ciò nonostante sono in vigore da inizio anno.