Presentare le dimissioni volontarie rappresenta una scelta importante nella carriera di ogni lavoratore. Tuttavia, non sempre questa decisione si rivela definitiva: può capitare che sopraggiungano ripensamenti legati a motivi personali, familiari o professionali. Proprio per questo, il legislatore ha previsto la possibilità di revocare le dimissioni, entro determinati limiti e condizioni.
Conoscere i termini, le modalità e gli strumenti per revocare le dimissioni è fondamentale per chi si trova in una fase di incertezza dopo aver compiuto questo passo. In questa guida approfondiremo tutti gli aspetti normativi e pratici della revoca delle dimissioni volontarie, con un focus specifico sulla procedura online, sulle eccezioni previste e sul ruolo del datore di lavoro.
Cos’è la revoca delle dimissioni?
La revoca delle dimissioni è l’atto con cui un lavoratore decide di ritirare le proprie dimissioni volontarie già presentate. Questo è possibile solo entro determinati limiti temporali e seguendo una procedura precisa, spesso regolata dal portale telematico INPS.
Revocare le dimissioni significa annullare la volontà precedentemente espressa di porre fine al rapporto di lavoro. Tale revoca può avvenire per molteplici ragioni: un cambio di prospettive, una controproposta del datore di lavoro, o semplicemente un ripensamento legittimo. La legge tutela questa possibilità entro termini ristretti, al fine di garantire stabilità nei rapporti lavorativi.
Si possono ritirare le dimissioni?
Sì, è possibile ritirare le dimissioni volontarie, ma solo entro 7 giorni dalla loro trasmissione telematica, a meno che il datore di lavoro non accetti la revoca anche successivamente. Questo diritto è garantito dal D.lgs. 151/2015.
La revoca va effettuata con le stesse modalità con cui sono state inoltrate le dimissioni: per via telematica, attraverso gli strumenti previsti dal Ministero del Lavoro. In alternativa, il lavoratore può rivolgersi a un patronato, un CAF, o ad altri soggetti abilitati alla trasmissione.
Revoca dimissioni online: come fare
La procedura per revocare le dimissioni volontarie è telematica e si effettua tramite il portale del Ministero del Lavoro (ClicLavoro) o tramite un patronato/CAF.
Passaggi da seguire:
- Recati sul sito www.cliclavoro.gov.it.
- Accedi con le tue credenziali SPID o CIE.
- Vai alla sezione “Dimissioni volontarie” e scegli l’opzione “Revoca dimissioni”.
- Compila il modulo con i tuoi dati e indica il motivo della revoca.
- Verifica con attenzione le informazioni inserite.
- Invia la revoca entro e non oltre 7 giorni dalla trasmissione delle dimissioni iniziali.
La tempestività è fondamentale: oltre i 7 giorni,
Esempio pratico: Marco, impiegato in un’azienda di logistica, presenta le sue dimissioni il 3 aprile. Il 5 aprile cambia idea e decide di restare. Accede al portale ClicLavoro, seleziona la voce “revoca dimissioni volontarie” e invia il modulo entro il 10 aprile, rientrando nei termini previsti. Il datore di lavoro conferma la ricezione, e Marco prosegue il suo rapporto di lavoro senza interruzioni.
Consiglio utile: tieni sempre traccia della data di trasmissione iniziale e assicurati di conservare le ricevute digitali dell’invio e della revoca. È buona prassi scaricare una copia del modulo inviato come prova.
Revoca delle dimissioni nel pubblico impiego
Per i dipendenti pubblici valgono regole specifiche: la revoca deve essere inviata prima dell’accettazione da parte dell’amministrazione. La normativa è regolata dal D.P.R. 3/1957 e richiede che la volontà di revoca sia espressa in modo formale.
Esempio pratico: Laura, insegnante di ruolo, presenta dimissioni per motivi familiari ma riceve un supporto inaspettato che le permette di cambiare idea. Invia tempestivamente una PEC all’amministrazione scolastica comunicando la revoca prima che venga registrata l’accettazione. La revoca ha effetto e il contratto non viene sciolto.
Consiglio utile: nei settori pubblici, verifica sempre se il tuo ente richiede una forma specifica di comunicazione (es. PEC, protocollo cartaceo, modulo interno).
Revoca dimissioni dopo 7 giorni: si può fare?
Trascorso il termine dei 7 giorni, la revoca è possibile solo se il datore di lavoro la accetta. In caso contrario, le dimissioni diventano irrevocabili. Questo vale per i contratti privati, mentre per i dipendenti pubblici la situazione può variare.
La disponibilità del datore a ritirare le dimissioni può dipendere da diversi fattori, tra cui le esigenze organizzative e il rapporto preesistente con il dipendente.
Esempio pratico: Giulia presenta dimissioni il 1° giugno ma solo il 10 giugno decide di ritirarle. Essendo trascorsi più di 7 giorni, la revoca non è automatica. Giulia contatta il suo datore di lavoro che, comprendendo le motivazioni personali, accetta di annullare la dimissione. La procedura va comunque documentata per evitare malintesi.
Consiglio utile: se sei fuori tempo massimo, accompagna sempre la richiesta di revoca con una spiegazione chiara e formale. Una buona comunicazione può favorire l’accettazione da parte del datore di lavoro.
Fac-simile lettera revoca dimissioni
Di seguito un esempio di lettera che puoi utilizzare per anticipare al datore di lavoro la tua volontà di revocare le dimissioni:
Oggetto: Revoca dimissioni volontarie
Io sottoscritto/a [Nome Cognome], nato/a il [data] e residente in [indirizzo], revoco le dimissioni volontarie trasmesse in data [gg/mm/aaaa], relative al rapporto di lavoro con [Nome Azienda].
Firma
Puoi utilizzarlo nei casi in cui sia prevista comunicazione cartacea o tramite PEC. È consigliabile conservarne copia firmata per eventuali necessità legali.
Differenza tra revoca e ritiro delle dimissioni
- Revoca: entro 7 giorni, attraverso procedura online.
- Ritiro: termine più generico, a volte usato in ambito colloquiale o nel pubblico impiego.
Molti lavoratori confondono i due termini, ma è bene sapere che nel contesto privato il termine giuridico corretto è “revoca”. Il “ritiro” è più spesso riferito alla volontà informale o a situazioni in cui le dimissioni non sono ancora state formalizzate.
Revoca della risoluzione consensuale
Anche in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, ossia quando il lavoratore e il datore decidono congiuntamente di interrompere il contratto, è possibile presentare una revoca. Tuttavia, la procedura è leggermente diversa rispetto a quella delle dimissioni volontarie.
La revoca della risoluzione consensuale deve avvenire sempre entro 7 giorni dalla trasmissione telematica dell’accordo, utilizzando la stessa piattaforma del Ministero del Lavoro. La tempistica è fondamentale: decorso tale termine, l’accordo diventa definitivo e non può più essere annullato senza l’accordo del datore di lavoro.
Esempio pratico: Stefano e la sua azienda si accordano per chiudere il contratto il 15 luglio. Il 17 luglio Stefano cambia idea e presenta richiesta di revoca sul portale entro il termine dei 7 giorni. Poiché è nei termini, l’annullamento è valido e Stefano resta in servizio.
Consiglio utile: se decidi di firmare una risoluzione consensuale, valuta bene le tue motivazioni. In caso di ripensamento, agisci subito per rimanere nei termini legali.
Cosa succede dopo la revoca?
Se la revoca viene accettata (o registrata nei tempi), il rapporto di lavoro prosegue regolarmente. Il lavoratore rientra nel suo ruolo senza soluzione di continuità. In caso contrario, il contratto si considera risolto, e le dimissioni restano valide.
È importante sapere che la revoca può essere effettuata una sola volta per lo stesso rapporto di lavoro. Questo significa che, se dopo aver revocato le dimissioni si decide nuovamente di dimettersi, la seconda comunicazione sarà definitiva e non più revocabile. La normativa infatti prevede un’unica possibilità di revoca per evitare abusi o incertezze sul rapporto di lavoro.
Attenzione: una revoca mal gestita può creare disguidi amministrativi o contestazioni. È sempre consigliabile agire con chiarezza e utilizzare canali tracciabili.